Il Giubileo non è ancora terminato. Approfondiamo la seconda opera di misericordia spirituale...
Insegnare agli ignoranti è una opera di misericordia spirituale che richiede di essere contestualizzata, perché corre il serio rischio di essere compresa male o di essere gravemente travisata. L’insegnamento è il completamento dell’apprendimento, perché soddisfa quel desiderio naturale di condividere quello che si è scoperto.
L’insegnamento può essere rivolto ai dotti, agli inesperti e agli ignoranti. Se l’oggetto della conoscenza è la trasmissione della fede, allora la seconda opera di misericordia spirituale è una prerogativa di tutti i cristiani. Nessuno uomo possiede la verità, ma è raggiunta da essa in maniera lenta e progressiva. Nessuno ha acquisito la conoscenza di Dio e dell’uomo in un solo giorno, ma solo dopo essersi accostato tante volte al Vangelo, il quale è un tesoro inesauribile, che ha sempre qualcosa di nuovo da comunicare, perché sempre lascia emergere un insegnamento che altre volte era rimasto incompreso o nascosto.
Quindi insegnare agli ignoranti è prima di tutto un’opera di misericordia compiuta dalla Chiesa, la quale ha come destinatario la Chiesa stessa, la quale si riconosce ignorante davanti alla grandezza della rivelazione. L’ignoranza della Chiesa è quella santa umiltà di non avere la pretesa di avere compreso tutto il Vangelo ma di avvertire la necessità di porsi all’ascolto di cosa lo Spirito Santo ha da dire alla Chiesa. Per questo il vero cristiano è colui che manifesta il desiderio di apprendere sempre cose nuove dall’ascolto e dalla lettura della Parola di Dio.
Insegnare agli ignoranti riguarda anche coloro che hanno una conoscenza minima o approssimata del Vangelo, e necessitano di approfondire la loro fede attraverso una esperienza personale e concreta. Il vacillante è colui che ha accolto la Parola di Dio, è rimasto entusiasta di un insegnamento che ha intuito possa cambiargli la vita. Ma davanti alle prime difficoltà di mettere in pratica quella dottrina o davanti alle prime persecuzioni, ritiene troppo gravoso rendersi disponibile ad un cambiamento radicale della propria esistenza per opera della grazia, e ritorna a condurre una vita lontana dall’insegnamento ricevuto.
In questo caso insegnare agli incerti diviene l’opera di misericordia di incoraggiare, di confermare e di accompagnare coloro che rischiano di disperdere il grande tesoro della rivelazione che hanno ricevuto. Questo è il grande combattimento della vita cristiana, la quale ha bisogno di coraggiosi ed intraprendenti testimoni della fede, per spronarci dai nostri immobilismi e per confortarci nelle situazioni in cui abbiamo perso la speranza.
Ogni uomo ha sempre bisogno di essere raggiunto da un insegnamento evangelico e, allo stesso tempo, è chiamato a restituire quell’opera di sostegno morale, la quale va indirizzata, se esisterà l’occasione, non solo alla stessa persona dalla quale l’abbiamo ricevuta, ma anche verso chiunque incontreremo nel cammino della vita.
Poi vi è una ultima categoria di persone: coloro che sono completamente ignoranti riguardo all’annunzio evangelico. Essi fanno parte integrante dei destinatari ai quali Gesù invita a rivolgersi. In realtà, la rivelazione è sempre destinata a tutti, ai vicini ed ai lontani. I Vangeli sono racconti illuminati, nei quali Gesù parlava a tutte le persone, senza distinzione di lingua, cultura, razza e religione. Il suo messaggio di salvezza è universale ed inclusivo. Fin dalle origini vi erano cristiani provenienti dai giudei e cristiani provenienti dal paganesimo.
La salvezza è destinata a tutti gli uomini, i quali hanno bisogno di qualcuno che annunzi loro il Vangelo e nello stesso tempo necessitano chi testimonia la coerenza tra la dottrina proclamata e la vita concreta.
La prima forma di insegnamento è quello della testimonianza delle opere. Coloro che sono lontani dalla fede cristiana all’inizio comprendono davvero poco le parole del Vangelo. Quello che colpisce è l’esperienza della vita di chi annunzia: il rapporto amorevole con la moglie o con il marito, la relazione rispettosa con i figli, l’accoglienza dei genitori, un sano rapporto con il denaro, uno stile di vita sobrio e generoso, l’onestà del proprio lavoro, un sorriso anche davanti alle difficolta della vita, una pace interiore anche di fronte alle amarezze dell’esistenza.
La testimonianza della carità è il vero insegnamento cristiano. Il verbo insegnare ha nella sua radice la parola segno. I cristiani lasciano un segno nel cuore degli uomini non solo con le parole, ma soprattutto con i loro gesti che diventano eloquenti, quando si trasformano in opere buone che conducono coloro che li ricevono a dare gloria a Dio.
La speranza cristiana non è solo per se stessi ma anche per gli altri. La missione della Chiesa rimane sempre quella di proclamare il Vangelo ad ogni creatura, ma è anche quella di compiere le opere di carità verso quelli di altre religioni e verso coloro che dicono di non credere. Rimane essenziale la testimonianza dell’incarnazione dell’amore di Dio, il quale scende nel cuore del fedele attraverso lo Spirito Santo, e viene comunicato ai destinatari di quella carità che li condurrà a riflettere sulla presenza e sull’essenza di Dio.
Amare con segni concreti significa insegnare l’esistenza di Dio. Per questa ragione Gesù, prima di salire in cielo e sedersi alla destra della gloria del Padre, ha raccomandato ai suoi discepoli di ammaestrare tutte le genti, partendo da Gerusalemme, passando dalla Samaria e dalla Galilea. Gesù ha voluto dare un ordine all’insegnamento, partendo da coloro che hanno già avuto una conoscenza di Dio, per poi rivolgersi agli eretici, agli stranieri e ai nemici, e successivamente indirizzare l’annunzio del Vangelo a tutti coloro che incontreremo nel nostro cammino.
L’opera di misericordia spirituale di insegnare agli erranti diventa la vocazione esistenziale di chi si professa cristiano. Riconoscere l’esistenza di Dio davanti agli uomini, comporterà essere portati davanti a tribunali umani, ricevere giudizi spietati e condanne dolorose da parte di chi rifiuta la testimonianza cristiana.
La storia della Chiesa insegna che la fede comporta la perseveranza sino al sacrificio spirituale e, a volte, anche quello fisico della propria vita. Questa fedeltà sino alla fine condurrà alla conversione coloro che erano ostili alla vita cristiana. Il martirio del cuore e del corpo diventa, così, quell’insegnamento illuminante dal quale sgorgherà la fede dei persecutori di Cristo e della Chiesa. Il centurione romano convertito ai piedi della croce di Gesù e Saulo da Tarso, il futuro apostolo delle genti, che ha approvato la morte di Stefano, sono due esempi reali di coloro che hanno ricevuto un mirabile insegnamento di amore a Dio quando erano ignoranti della conoscenza di Cristo e della sua Chiesa.
Osvaldo Rinaldi
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