Intervista a don Pascual Ch√°vez e a Madre Antonia Colombo (PRIMA PARTE)

Vocazione, amore per Don Bosco e Madre Mazzarello, servizio ai giovaniDurante il Confronto 2004, svoltosi dal 10 al 16 agosto scorso al Colle Don Bosco, 230 giovani provenienti da tutta l'Europa salesiana, hanno vissuto un intenso momento di confronto tra loro, con i luoghi salesiani, con i testimoni del passato e del presente. Tra questi ultimi, la Superiora Generale delle Figlie di Maria Ausiliatrice, Madre Antonia Colombo, e il Rettor Maggiore dei salesiani, don Pascual Ch√°vez. Nell'incontro con loro, i giovani hanno posto una serie di domande raggruppate in cinque gruppi. Il primo di questi riguarda i temi della vocazione e della vita spirituale personale, della responsabilità di essere i successori dei fondatori delle due istituzioni salesiane più importanti, e della passione per i giovani.

Intervista a don Pascual Chávez e a Madre Antonia Colombo (PRIMA PARTE)

da Rettor Maggiore

del 01 gennaio 2002

Domande…

Quando avete incontrato Don Bosco e Madre Mazzarello per la prima volta? Pensate di essere le persone giuste a rappresentarli oggi? Qual è la cosa più importante a livello spirituale in questo momento della vostra vita? Avete la nostalgia del contatto con i giovani e della vita nel cortile ora che siete Rettor Maggiore e Madre Generale?

MADRE ANTONIA COLOMBO

Alcune di queste domande hanno già una risposta implicita, ma comincio dalla prima. Ho avuto la fortuna di conoscere per la prima volta Don Bosco e Madre Mazzarello quando, a motivo della seconda guerra mondiale, le FMA emigrarono da Milano a Lecco, la mia città, che è più periferica e quindi meno esposta ai bombardamenti. Lì da bambina, per la prima volta, ho conosciuto la vita salesiana e gradualmente la spiritualità salesiana. Tutte noi, suore di quell’epoca, siamo rimaste incantate, innamorate, dallo stile salesiano presentato non con ragionamenti, ma visto nel vissuto di quelle suore che si dedicavano totalmente a noi. Da lì sviluppai una conoscenza sempre più profonda e vitale con persone che vivevano, senza parlarne, la spiritualità salesiana. Non c’erano i salesiani ma Don Bosco era vivissimo nella vita di queste suore. L’incontro con Don Bosco ha preceduto direi quello con Madre Mazzarello della quale in quel tempo si parlava poco. È stata dunque una scoperta successiva, più da adulta, caratterizzata nella mia esperienza con la grande meraviglia e ammirazione per questa donna che è stata la prima Figlia di Maria Ausiliatrice.

Rispetto al fatto di rappresentarla, chiaramente io non credo di essere la persona più giusta, però il Signore attraverso un capitolo generale mi ha chiamata a mettermi al servizio dell’Istituto, e ne godo tutto il frutto della grazia operante di Dio che mi mette in contatto con questa grande famiglia che è in tutto il mondo. Certamente non sono umanamente la persona più adatta, ma Dio mi ha chiamata e cerco di rispondergli nelle situazioni e nelle richieste che fa attraverso i fatti del quotidiano. Ed è così che Lui realizza il suo disegno trasformandoci secondo quello che Lui vuole. È proprio questa la cosa più importante del cammino spirituale in questo momento preciso della mia vita: essere attenta a quanto mi chiede attraverso gli avvenimenti, gli incontri, i cambiamenti culturali; attenta e in dialogo con le persone che mi mette accanto nella Famiglia Salesiana. L’attenzione allora si converte in disponibilità, e a volte diventa anche osare, ma sempre nel suo nome e nella ricerca di quello che farebbe oggi o sarebbe oggi Madre Mazzarello sulla scia di Don Bosco, perché lei ha camminato sulla sua scia.

Riguardo al contatto con i giovani e le giovani, beh, dall’ufficio in cui lavoro a Roma sento sempre la loro musica dalle mie finestre. Qualcuno mi dice: “Ma non ti disturbano?”. E io rispondo: “Meno male che mi disturbano con la loro musica!”. E dato che non posso starci in mezzo, li guardo almeno dalla finestra e li saluto. Sì, un po’ di nostalgia del contatto diretto la si sente, e quando finirò con questo impegno spero di essere ancora capace di dialogare con loro. Ci tengo a dirvi però che anche questo sottrarci al vostro contatto diretto per l’animazione mondiale dell’Istituto è in un certo senso qualificare lo stare con voi e oltre che a essere una consolazione è anche una gioia.

DON PASCUAL CHÁVEZ

Devo dirvi innanzitutto che sono veramente lieto di trovarmi in mezzo a voi e di partecipare all’esperienza che state vivendo nei luoghi santi salesiani. Lì dove si trovano le nostre origini, si trova sempre la nostra originalità. Il che vuol dire che non è cosa indifferente realizzare questo Confronto Europeo e del Medio Oriente qui al Colle, a Valdocco e a Mornese, perché è un’invito a cercare di fare nostro il sogno di Don Bosco e di Madre Mazzarello. È un’invito soprattutto a cercare di attingere a quella che è stata la sorgente della loro spiritualità, della loro missione, delle loro grandi scelte. Ecco sono veramente lieto insieme alla Madre di poter condividere con voi questi momenti.

Quando ho incontrato Don Bosco? A otto anni. Ero allievo di una scuola salesiana, il Colegio México, a Saltillo, nel nord-est del Messico, a 200 km dalla frontiera con gli Stati Uniti. Lo frequentavano già i miei fratelli maggiori. Dei sei maschi della famiglia, quattro siamo stati dai Salesiani e due dai Maristi. Sono stati educati meglio loro di noi! Don Bosco l’ho “incontrato” nella scuola e sin dall’inizio mi sono trovato veramente a casa, tanto che i sabato e le domeniche cominciai a frequentare anche l’oratorio, e quindi a non andare soltanto a scuola per poi tornare a casa. Il collegio per me era diventato un prolungamento della vita della famiglia. Mamma è morta all’improvviso quando avevo 11 anni. Tre giorni prima di morire, mi disse: “Ho sempre chiesto a Dio un figlio prete e finora nessuno dei tuoi fratelli ha detto di voler andare in seminario”. Ero andato a chiedere dei soldi per comprare le scarpe da gioco: non ero cosciente di quanto da lì a poco sarebbe successo, e poiché mi piace molto giocare per ottenere i soldi per le scarpe risposi: “Sarò io il prete che hai chiesto”. Lei mi ha dato i soldi per le scarpe, ma mi ha dato anche il regalo più prezioso della vocazione salesiana, e grazie a lei oggi mi trovo qui in mezzo a voi.

Alla seconda domanda dovrei rispondere immediatamente dicendo che non sono la persona più idonea a rappresentare Don Bosco e lo dico perché lo credo. Si racconta di un prete che aveva qualche problema con il Vescovo. Stava concelebrando con lui e nel momento della preghiera eucaristica disse: “E ti chiediamo per il tuo indegno servo, il nostro Vescovo” pronunciandone il nome. Al sentire “il tuo indegno servo” detto dal prete, lo zuccotto del Vescovo si sollevò dalla testa. Riuscì a nascondere la sua indignazione e cercò di temperare la sua reazione fino alla fine della Messa. Finalmente poté domandargli il perché dell’espressione usata dal prete il quale gli rispose: “Perché lei lo dice ma non ci crede, io invece ci credo al fatto che lei non è il più intelligente”. Nel mio caso è anche così: ci credo perché è così. Non me lo aspettavo, non l’ho mai cercato e una volta che mi è stato offerto, l’ho visto come espressione della volontà di Dio. Vi devo anche citare una espressione di don Viganò, che una volta disse: “Quando mi sento chiamare ‘successore di Don Bosco’, io dico che successori di Don Bosco lo siamo tutti insieme, e lo saremo bene se tutti insieme saremo capaci di portare avanti quello che ci è stato affidato”.

La terza domanda riguarda la cosa più importante a livello spirituale in questo momento della mia vita. A livello personale, la cosa più importante è cercare di identificarmi il più possibile con Don Bosco. A me piace molto una fotografia in cui si vede Don Bosco confessare un ragazzino, una foto che conoscete senz’altro. Quel ragazzino è Paolo Albera. Mentre stavano preparando lo scatto di quella foto - non era così istantaneo come si fa adesso - Don Bosco gli ha detto: “Mi permetti di appoggiare la testa sulla tua?”. E così Don Bosco appoggiò il capo su quello di Paolino. Una volta diventato Rettor Maggiore, Paolo Albera diceva: “Come vorrei adesso avere il capo di Don Bosco accanto al mio”. Anche io vorrei avere il capo di Don Bosco accanto al mio. Vorrei avere il suo cuore! Perciò a livello spirituale e personale vorrei avere una sempre maggiore identificazione con lui. I ragazzini non dicono mai bugie, almeno quelli che conosco. Visitando Chiari, ho incontrato un gruppo di bambini, uno dei quali ha preso il microfono all’improvviso e ha detto: “Guarda che il tuo volto non è come quello di Don Bosco”, però poi aggiunge: “Ma sai, hai un cuore come il suo”. Mi sono sentito felice. A livello di congregazione vorrei che questa fosse capace di rispondere oggi a quello che Dio e i giovani si attendono da noi che la formiamo. Questa è veramente la cosa che mi sta molto a cuore. Se mi domandate perciò qual è, a livello spirituale, il momento che sta vivendo la congregazione, questo è un momento di rifondazione per avvicinarla ancora di più ai disegni di Dio e ai bisogni dei giovani. Un’altra cosa che infine vorrei vivere sempre più in profondità, è la sintonia ogni giorno di più forte dei salesiani e di tutta la FS con i giovani. I giovani sono per noi la ragione del nostro essere, la nostra vocazione e la nostra missione. Perciò vi ringrazio tanto: senza di voi la nostra vita non avrebbe senso.

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