Chiaramente noi non siamo dei cantanti o degli autori molto impegnati, per come si usa il termine “impegnato”, cioè non siamo seri. Affrontiamo temi che indubbiamente non tratterebbe nessun altro, però ovviamente a modo nostro. L'obiettivo c'è e non è solo quello di dire parolacce, ma è quello di far pensare...
del 01 gennaio 2002
Nati negli anni ottanta e attivi principalmente a Milano e dintorni, “Elio e le storie tese” acquistano popolarità grazie al loro modo originale di esprimersi: a una musica notevolmente ricercata e accurata affiancano testi dissacranti che irridono e deformano comportamenti e stereotipi umani. Inizialmente seguiti da un ristretto circolo di appassionati accomunati da codici di parole e immagini tratti dai testi delle canzoni, presto vedono gradualmente ampliarsi il loro pubblico fino a raggiungere una fama di livello nazionale. Le opinioni della critica e non solo, si sono sempre divise tra coloro che la ritengono musica spazzatura e chi ne valuta l’aspetto comico e ironico. Alimentati dalla curiosità di capire cosa c’è oltre la facciata conosciuta da tutti, abbiamo sottoposto a Elio, figura carismatica del gruppo, delle domande riguardanti problematiche che, ad un osservatore superficiale, potrebbero sembrare fuori del contesto naturale del gruppo.
La vostra musica è ascoltata soprattutto da giovani e quindi nei concerti e anche in altre occasioni, avete un punto di vista privilegiato: che impressione ti danno?
Ovviamente non vengono ad assistere agli show di “Elio e le storie tese” tutti i giovani indiscriminatamente, ma solo quelli che ascoltano “Elio e le storie tese” e quindi c’è già una “selezione” all’origine. Si potrebbero dividere in due grandi classi: quelli che ci ascoltano perché vogliono sentire me#%*, ca$°!, fi#£§ e quelli invece che vogliono sentire musica un po’ raffinata, complicata. Sono due “tipi” di giovani che sono abbastanza agli antipodi.
Ti sembrano cambiati dalle vostre prime uscite ai giorni nostri?
Sì, rispetto agli inizi devo dire che sono aumentati quelli che ci ascoltano perché vogliono ascoltare una musica complicata, raffinata e sono meno invece quelli che ci vengono ad ascoltare per sentire le parolacce.
Cosa ti sembra che chiedano? Che cosa vi dicono?
Preso atto del fatto che in questa tournée viene più gente che in ogni altra tournée degli “Elio e le storie tese”, mi sembra che, anche se non me lo chiedono proprio esplicitamente ma implicitamente, ci chiedano qualità.
Voi avete raggiunto il successo facendo musica che viene definita 'demenziale'. Eppure, paradossalmente, le vostre canzoni trattano temi delicati che molti altri cantautori si guardano bene dall'affrontare: l'aborto, la violenza negli stadi, la prostituzione, l'abbandono di feti, solo per citarne qualcuno. C'è comunque, al di là del modo in cui lo esprimete, qualcosa che volete trasmettere o far riflettere?
Chiaramente noi non siamo dei cantanti o degli autori molto impegnati, per come si usa il termine “impegnato”, cioè non siamo seri. Affrontiamo temi che indubbiamente non tratterebbe nessun altro, però ovviamente a modo nostro. L’obiettivo c’è e non è solo quello di dire parolacce, ma è quello di far pensare, nel senso che l’intelligenza umana può essere usata in miliardi di maniere mentre sembra che in quest’epoca si usi solo in pochi modi che poi sono quelli che ti vengono quasi imposti dalla televisione e dalle cose che si leggono ovunque. Quindi se c’è un obiettivo degli “Elio e le storie tese” è proprio quello di essere come chi lancia il sasso nello stagno, solo che noi ne stiamo buttando dieci, cento, ne buttiamo tantissimi, cercando di creare un po’ di caos dal quale io spero che il giovane ne esca vittorioso con la sua intelligenza e con la sua voglia di fare cose interessanti, di vivere bene questa vita che può essere eccezionale, mentre in tanti casi, proprio perché uno non è conscio di questo, la butta via.
Cosa ne pensi del Papa?
Particolarmente adesso che lo vedo malato penso che sia un uomo molto forte, intelligente. Solo che essere Papa in quest’epoca è difficile e anche le scelte della Chiesa sono poco facili. D’altronde mi rendo conto della loro importanza perché se la Chiesa compie delle scelte giuste andrà avanti ancora per tanto tempo, altrimenti corre il rischio di estinguersi entro breve tempo e ad essere soppiantata da altri culti che sono più comodi e che si adattano meglio a come oggi l’uomo vive.
Ti leggo un pensiero, una riflessione di un mio amico dopo che per la prima volta ha assistito a un vostro concerto: 'Un'altra cosa che colgo è la loro voglia di divertirsi prima di far divertire. Oggi il divertimento è un ottimo motivo di entrata economica e certamente i giovani sono una buona risorsa per ottenere questi sottili giochi. Loro (Elio e i suoi amici), invece, sono quasi interessati a sentirsi bene nelle loro canzoni, al di là dell'impatto, al di là delle richieste discografiche.
Mi sembra di cogliere una libertà interiore che fa bene anche ai giovani, per non rimanere incagliati nei meccanismi degli adulti. Anche l'architetto Mangoni, che si esibisce come cubista, è una forte parodia di quella stupidità che tranquillamente si beve. Uno, cosiddetto adulto può dire che le canzoni di Elio le possono sembrare astruse, forse anche stupide. Ma non si accorge che se non le coglie nel loro significato è entrato in una dimensione in cui non riesce più a vedere le trappole di ogni giorno, quella stupidità che oramai è diventata normalità. Allora ben vengano le canzoni di Elio perché nella loro cosiddetta assurdità mi fanno guardare la realtà con occhi diversi, disincantati, divertiti, ironici... e quindi più vicini alla verità.
Mi piacerebbe sapere allora da lui anche che tipo di rapporto ha con la vita, con le cose, con le persone. Quel prendere non troppo seriamente sé e le cose di questo mondo mi sembra proprio il modo per non lasciarsi troppo schiacciare dal sé e dalle cose di questo mondo'.
Il tuo amico, oltre al fatto che chiede un po’ troppe cose, ha detto meglio quello che ho tentato di dirti prima nell’altra domanda. Sono pienamente d’accordo con lui e confermo tutto quello che ha detto. Infatti, noi non abbiamo fatto i soldi, almeno quello che si intende per soldi, perché con questa attività ci stiamo mantenendo. Confermo anche che tentiamo innanzi tutto di ridere fra noi, il che vuol dire che gli amici rideranno. Senza esagerare, siamo come una specie di “missionari” del far stare bene gli altri. Certo, non lo facciamo gratis, però siamo più contenti nel vedere che gli altri stanno bene ascoltandoci piuttosto di sapere che esibendoci in un certo posto abbiamo incassato “tot” soldi. Poi c’è molta gente che incontro e che mi dice: “Guarda, oggi mi piaci, ma la prima volta che ti ho ascoltato mi stavi sulle palle, mi eri antipatico”, perché c’è tanta gente che non capisce e non coglie questo tipo di atteggiamento e può darsi che, anche se lo coglie, non gli vada bene… ma ad ogni modo il mondo è libero, ognuno è libero di pensare quello che vuole. Io sono convinto che, se come ha detto il tuo amico, non si vivono tanti problemi come la cosa più importante che c’è sulla terra ma si cerca di prenderli un po’ “sottogamba”, senza esagerare ma anche senza drammatizzare sempre tutto, cercando il lato comico anche nelle cose che sembrano le più drammatiche, si possono sopportare meglio, e così anche tutta la vita con le sofferenze contenute in essa.
Qual è il tuo rapporto con quella dimensione di mistero che si racchiude nelle persone, nel mondo, nella natura e che parla di qualcos'altro, di Qualcun altro, al di là delle cose materiali. Credi in Dio?
Io credo in Dio, ma mi fido, nel senso che mi sono impegnato già in passato di cercare Dio nelle cose: mi sono laureato in ingegneria, ho fatto studi scientifici, ma se inizio a fare delle considerazioni scientifiche e quindi umane, mi rendo conto che non arriverò mai a Dio. Quindi accetto il fatto che mi viene detto che Dio c’è, ma non mi inoltro perché impazzirei. Mi sembra di vedere delle prove della sua esistenza, ma mi sembra anche di vedere delle prove della sua assenza. Fra le due cose preferisco credere che ci sia Dio e credo in Dio.
Ti definiresti mai un giullare? Con quali qualità, quali scopi?
Non mi interessa “cosa” sono. Fin da quando siamo nati cercano di classificarci: agli inizi eravamo musica “demenziale” perché c’erano gli Skiantos o altri gruppi e allora ci collocavano in questa categoria; poi quando è passato quel periodo non sapevano più come etichettarci. Noi siamo quelli che vi ho descritto prima; credo che “Elio e le storie tese” siano un gruppo originale, che non aderisce a nessuna corrente in particolare, che ha preso ispirazione da tante cose, come fanno tutti; non è che ci siamo inventati tutto, perché nessuno può inventarsi tutto. Ci impegniamo al massimo per fare bene quello che facciamo e se la gente viene ad assistere ai nostri show, compra i dischi e ci fanno anche le interviste, vuol dire che c’è qualcuno che ha capito queste cose.
Nella società di oggi le persone che si incontrano per strada spesso hanno il muso, o sono troppo occupate, di fretta o devono apparire serie. Che valore ha oggi un sorriso?
Si, è vero, anch’io sono così quando sono occupato nelle mie faccende. Un sorriso è importantissimo. Il ridere fa stare bene gli altri. Resto convinto del fatto che la vita, anche in quest’epoca in cui sembra che abbiamo tutto, che ci siamo inventati tutto, che possiamo fare tutto, che siamo andati sulla luna, in cui c’è la tecnologia, resta complessivamente sofferenza e quindi sorridere, ridere, fare stare bene gli altri, creare allegria è importantissimo.
Francesco Rebuli
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