Attualità: L'Associazione Papa Giovanni XXIII ringrazia il presidente Mattarella per le parole e l'impegno per il Kenya, invitando ad aumentare gli aiuti per la cooperazione allo sviluppo dei paesi più poveri
«Grati al Presidente Mattarella per aver rinsaldato l'amicizia tra Italia e Kenya e ricordato l'importanza della collaborazione e della solidarietà. Qui in Kenya vivono moltissimi italiani e tanti missionari che portano il Vangelo con la vita spesa per i più poveri. Oggi l'Italia destina agli aiuti allo sviluppo lo 0,29% del reddito nazionale, una percentuale lontanissima dallo 0,70 cui si è impegnata da tanti anni. Chiediamo che il nostro Governo aumenti i fondi destinati alla Cooperazione allo Sviluppo: è un atto di giustizia ed un investimento sul futuro».
È quanto dichiara Giovanni Paolo Ramonda, Presidente della Comunità Papa Giovanni XXIII in merito alla Visita di Stato del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella in Kenya.
«Don Oreste Benzi nel 1997 aprì la missione a Soweto, una delle tante baraccopoli della capitale a sostegno dei poveri e dei ragazzi di strada. - continua Ramonda - Di recente abbiamo aperto un progetto nei villaggi sperduti del Turkana, una zona nel nord del Paese dove non piove da tre anni. Qui gestiamo una mensa scolastica per 500 bambini dei villaggi più lontani e stiamo raccogliendo fondi per la costruzione di pozzi per dare alla popolazione locale accesso all'acqua».
Un progetto in linea con la preoccupazione denunciata dal Presidente Mattarella stamane all'Università di Nairobi:
“La tremenda siccità che ha reso aride vaste regioni del Corno d’Africa e anche del Kenya settentrionale, per l’eccezionale durata del fenomeno, assume oramai i contorni di preoccupante nuova normalità piuttosto che di sporadica emergenza. Sono a rischio i laghi, i fiumi, tradizionali veicoli e custodi di biodiversità e ambiti di collegamento tra i territori. (…) Secondo uno degli ultimi rapporti del Panel Internazionale sul Cambiamento Climatico, i ghiacciai sul monte Kenya rischiano di scomparire nel prossimo decennio, mentre quelli sul Monte Kilimanjaro potrebbero non resistere oltre il 2040. È un destino che queste magnifiche vette africane rischiano di condividere con quelle delle Alpi in Europa, dove già oggi la neve è molto meno frequente.”
«Nei giorni scorsi sono rientrato dal nord del Kenya, dal villaggio di Bubisa nella diocesi di Marsabit. - racconta Simone Ceciliani, giovane missionario della Comunità Papa Giovanni XXIII a Nairobi - È una zona semi arida, colpita fortemente dalla siccità e dai cambiamenti climatici. Nel villaggio di Bubisa ho trovato cimiteri a cielo aperto disseminati di carcasse di animali morti. Erano soprattutto pecore e capre, unica forma di sostentamento per i popoli di queste zone. Le bestie muoiono perché non piove e non hanno niente da mangiare. Non avendo più animali e quindi neanche più soldi, molte famiglie hanno smesso di mandare i bambini a scuola. Qui in Africa i cambiamenti climatici stanno facendo disastri. Queste popolazioni, che hanno sempre vissuto di un'economia di sussistenza, pagano le conseguenze dei cambiamenti climatici di cui loro non sono responsabili. Qui il grido dei poveri si unisce al grido della terra ed è più forte che mai».
Il Turkana è un grande lago collocato nella Rift Valley, nella zona nord Occidentale del Kenya, una delle aree più desertiche del Paese. In questa regione non piove da quasi tre anni. Secondo le Nazioni Unite è la siccità peggiore degli ultimi 40 anni e oltre quattro milioni di persone sono ad alto rischio alimentare. Si stima che siano morti un milione e mezzo di capi di bestiame, l’unica fonte di reddito e sopravvivenza in queste zone aride.
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