L'accompagnamento spirituale. Giungere al cuore di una relazione umana.

“Più che un amico”, “più che un padre”, “madre incomparabile”: questi termini, carichi di immagini affettivamente dense, parlano da sé. Fanno allusione a ciò che deve essere, in seno alla relazione di accompagnamento, la qualità dell'accompagnatore a contatto con la quale la vita potrà sgorgare e trasmettersi.

L’accompagnamento spirituale. Giungere al cuore di una relazione umana.

da L'autore

del 01 gennaio 2002

L’accompagnamento spirituale

Giungere al cuore di una relazione umana

di André Louf

curare la qualità della relazione umana

Cerchiamo di guardare più da vicino il legame che si intesse fra colui che chiede di essere accompagnato e colui che accompagna. Eccoci subito al cuore di una relazione umana che sta per assumere d’un tratto un’importanza tutta nuova. All’interno di questa relazione sta per essere percorso un cammino, sta per aver luogo un evento. Un evento nel senso più forte del termine. Sarà molto di più che lo scambio di un sapere o la concessione di un consiglio. La domanda di colui che cerca un accompagnatore, è più che un sapere, è più che una sapienza. É a una vita in profondità che egli aspira. Quando si tratta di accompagnamento spirituale la vita profonda a cui si mira è quella dello Spirito Santo in persona, che deve rivelarsi nell’altro.

La relazione umana, con le sue qualità e le sue chances, ma anche con le sue resistenze e i suoi tranelli, con tutto ciò che comporta la possibilità in un senso o in un altro, viene così a mettersi al servizio dell’evento spirituale atteso al cuore della relazione di accompagnamento. Sarà quindi importante curare la qualità di questa relazione.

madre incomparabile

La terminologia usata dagli antichi per designare la relazione di accompagnamento spirituale mostra bene a qual punto la considerassero una delle forme privilegiate della relazione umana. Della guida spirituale Kierkegaard ha detto un giorno che era “più che un amico”. Quando Dante delineerà il ritratto idealizzato della guida spirituale sotto le sembianze di Virgilio, di Beatrice e infine di Bernardo, dirà del primo che è “lo più che il padre”. Nel vocabolario buddista il termine lama significa “madre incomparabile”. Ed è risaputo che il nome dato dai monaci greci ai loro anziani, kalogheros, significa “bel vecchio”, termine che suggerisce nel contempo una somma di saggezza e di tenerezza.

“Più che un amico”, “più che un padre”, “madre incomparabile”: questi termini, carichi di immagini affettivamente dense, parlano da sé. Fanno allusione a ciò che deve essere, in seno alla relazione di accompagnamento, la qualità dell’accompagnatore a contatto con la quale la vita potrà sgorgare e trasmettersi. Questa qualità della relazione si chiama “amore”, ma l’amore, beninteso, nel senso più forte del termine, si sarebbe addirittura tentati di dire: “più che l’amore”, l’agape. L’accompagnatore sarà interamente a immagine di Dio e del suo Figlio in mezzo a noi. Sul suo volto, attraverso le sue parole e il suo agire, finirà per trasparire qualcosa dell’amore di Dio. L’amore di Dio, nel caso nostro, designa grande tenerezza e dolcezza, e al tempo stesso grande forza e fermezza.

L’amore che dovrà rivelarsi al cuore della relazione di accompagnamento non è che un altro nome di quella vita profonda dello Spirito Santo che sta alla base della relazione e dello scambio tra accompagnatore e accompagnato. Parimenti questo amore si identifica con la salute spirituale e il pieno sviluppo umano che sono lo scopo di ogni accompagnamento. É la capacità di uscire da se stessi verso l’altro, senza nulla attendere in cambio. Attraverso l’amore noi confermiamo l’altro e siamo a nostra volta confermati, ma senza averlo cercato. Nell’amore si dà senza nulla perdere. Anzi, ci si trova perdendosi.

il figlio scopre il proprio padre

Non è il padre che sceglie il proprio figlio, è il figlio che scopre il proprio padre! Ancora una volta, non è il sapere né l’esperienza né la competenza dell’accompagnatore che conta, ma piuttosto la disponibilità profonda di colui che chiede.

Ciò che l’accompagnatore farà affiorare nel cuore dell’accompagnato sgorga innanzitutto dal suo stesso cuore. É la ragione per la quale gesti e parole dell’accompagnatore, per quanto importanti possano essere, non hanno valore se non in rapporto al suo essere profondo. É importante che trasmettano una chiave interiore che dia accesso alla vita profonda. Bisognerà che aprano la strada verso il “maestro interiore”, come lo chiamava Agostino. Ora, nell’accompagnamento spirituale questo maestro interiore non può che essere lo Spirito Santo in persona, lo Spirito che ci è infallibilmente accordato e ci resta presente interiormente e anteriormente a ogni desiderio o impegno spirituale da parte nostra.

l’accompagnatore

C’è un’altra immagine che permette di precisare la qualità di questa relazione: è quella usata da Socrate quando chiama Maieutica il suo lavoro pedagogico, cioè il venire del discepolo alla verità, sotto la guida del maestro. Maieutica, si sa, è il nome dato all’abilità della levatrice che assiste al parto di una nuova vita. Non è lei che dà la vita: lei semplicemente la favorisce. Come tale, ogni vita si propaga da sé, naturalmente. Per venire al mondo, il feto non ha in genere nessun bisogno di una spinta all’esterno. Nella maggior parte dei casi, tuttavia, l’intervento della levatrice si rivela utile, anzi auspicabile. Essa sorveglia l’operazione, prevede e previene gli ostacoli, favorisce certe tappe.

Lo stesso avviene, per analogia, per il ruolo dell’accompagnatore spirituale. Anche costui assiste a un parto: il venire alla luce di una nuova creatura nello Spirito Santo. Si tratta di una vera e propria nascita o rinascita. La vita dello Spirito, emerge, affiora a partire dall’essere profondo, prima di impregnare uno dopo l’altro tutti gli strati dell’essere umano, dai più intimi fino ai più esterni. Noi passiamo progressivamente “dall’uomo vecchio all’uomo nuovo”. L’accompagnatore può sorvegliare efficacemente il processo dell’anima in travaglio, indicare un orientamento, eludere i trabocchetti, evitare gli ostacoli. E forse è dire ancora troppo poco, poiché l’accompagnamento è per così dire la via abituale, dal momento che, salvo eccezioni, è sempre attraverso una relazione fraterna che la vita dello Spirito riesce a propagarsi in noi.

La qualità della relazione di accompagnamento coinvolge così fortemente i due partner che i vantaggi si riversano su entrambi contemporaneamente. Nella maggior parte dei casi ciò che, al cuore della relazione, avviene all’uno, dapprima all’accompagnato, normalmente, interpella potentemente la libertà dell’altro, cioè quella dell’accompagnatore, a tal punto che a sua volta è come chiamato a crescere nella presa di coscienza della propria realtà interiore. Accompagnato e accompagnatore evolvono insieme, e la crescita dell’uno necessita e provoca la crescita dell’altro. Uno dei più celebri padri spirituali del monachesimo contemporaneo, il padre Matta el-Meskin del monastero copto di San Macario, nel deserto di Wadi el-Natrun, la esprime così, testimoniando la propria esperienza: “Ciò che Dio mi ha dato riguardo all’esperienza delle anime sorpassa talmente ciò che ha dato a me personalmente, che io mi nutro delle briciole che cadono dalla tavola che Dio ha preparato per gli altri, attraverso di me”.

abbandonare il nostro piccolo io

Si tratta sempre di abbandonare il nostro essere superficiale, il nostro piccolo io o il nostro io relativo, per penetrare maggiormente nel nostro essere profondo, nel nostro vero Io, che si rivela per tappe successive. Ognuno di noi porta in sé, allo stato inconscio, delle ricchezze che di tanto in tanto si lasciano furtivamente intravedere, sotto una forma simbolica, per esempio nei nostri sogni più serene e pacificanti. La vita qui sulla terra ci è accordata proprio perché diamo a questo tesoro l’occasione di venire a poco a poco alla superficie del nostro essere, affinché possa così integrarsi nella nostra vita cosciente. Ogni uomo è in tal modo chiamato ad arricchirsi del proprio tesoro interiore, in un progresso senza fine, perché il tesoro in questione è infinitamente più grande di ognuno di noi preso nei limiti della nostra personalità e della propria storia. Il cristiano infatti non ha nessuna difficoltà a riconoscervi la vita stessa dello Spirito Santo, che sa essere presente al cuore di ogni essere umano.

[da Generati dallo Spirito di André Louf – Edizioni Qiqajon]

André Louf

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