L'altro Tsunami, quello fatto dall'uomo

Ogni giorno è un 26 dicembre...! Guerre, violazioni dei diritti umani e povertà. Le catastrofi provocate dai potenti. Non si tratta di retorica; la rigenerazione dell'uomo non è un fenomeno, bensì la continuazione di una lotta che può apparire a volte congelata, ma è un seme sotto la neve.

L’altro Tsunami, quello fatto dall’uomo

da Attualità

del 01 gennaio 2002

I crociati dell’Occidente, gli Stati Uniti e la Gran Bretagna, stanno offrendo meno per aiutare le vittime dello  tsunami del costo di un bombardiere Stealth o di una settimana di occupazione sanguinaria in Iraq. Il conto della futura festa di inaugurazione di Bush potrebbe ricostruire un bel pezzo della costa dello Sri Lanka.

Bush e Blair hanno aumentato i loro iniziali spiccioli di aiuti solo quando è divenuto chiaro che la gente in tutto il mondo stava donando milioni spontaneamente e questo creava un problema di pubbliche relazioni. L’attuale “generoso” contributo del governo Blair ammonta a un sedicesimo degli 80 milioni di sterline che sono stati spesi per bombardare l’Iraq prima dell’invasione, e a un ventesimo del regalo di un miliardo di sterline, noto come “soft loan”, fatto all’esercito indonesiano perché potesse comprare bombardieri Hawk.

Gran Bretagna.

Lo scorso 24 novembre, un mese prima che lo tsunami colpisse, il governo Blair ha appoggiato una fiera di armi a Giacarta, “pensata per andare incontro a un urgente bisogno delle forze armate indonesiane di rinnovare le proprie risorse di difesa”, secondo le parole del quotidiano Jakarta Post. L’esercito indonesiano, responsabile del genocidio di Timor Est, ha ucciso più di ventimila civili e “insorti” in Aceh. Tra gli espositori alla fiera di armi c’era la Rolls Royce, produttrice dei motori per gli Hawks che, insieme a veicoli armati Scorpion, armi e munizioni forniti dalla Gran Bretagna, stavano terrorizzando e uccidendo la gente di Aceh fino al giorno in cui lo tsunami ha devastato la provincia.

Australia.

Il governo australiano, che al momento si sta ricoprendo di gloria per la sua modesta risposta al disastro storico che ha colpito i suoi vicini asiatici, ha segretamente addestrato le forze speciali indonesiane Kopassus, le cui atrocità in Aceh sono ben documentate. Tutto questo è coerente con il supporto che l’Australia garantisce da 40 anni all’oppressione in Indonesia, testimoniato dalla fedeltà al dittatore Suharto mentre le sue truppe massacravano un terzo della popolazione di Timor Est.

Il governo di John Howard – noto per l’imprigionamento di bambini in cerca di asilo – al momento sta sfidando la legge marittima internazionale negando a Timor Est le dovute royalty di petrolio e gas, per un valore di qualcosa come 8 miliardi di dollari. Senza queste entrate, Timor Est, il paese più povero del mondo, non può costruire scuole, ospedali e strade o offrire lavoro ai suoi giovani, il 90 per cento dei quali sono disoccupati.

Disastri naturali e disastri imperiali.

L’ipocrisia, il narcisismo e la falsa propaganda dei potenti del mondo e dei loro amici sono al loro massimo. I superlativi abbondano riguardo ai loro intenti umanitari, mentre la divisione dell’umanità tra vittime degne e non degne domina le notizie. Le vittime di un grande disastro naturale sono degne (sebbene non sia chiaro per quanto tempo ancora), mentre le vittime di un disastro imperiale creato dall’uomo sono indegne e spesso neanche da menzionare. In qualche modo, i giornalisti non possono riportare ciò che è successo in Aceh, con il supporto del “nostro” governo. Questo specchio morale a senso unico ci permette di ignorare una distruzione e una carneficina che sono un altro tsunami. Basti considerare la situazione dell’Afghanistan, dove non esiste acqua pulita e la morte per parto è un evento comune. Alla conferenza del partito laburista del 2001, Tony Blair aveva annunciato la sua famosa crociata per “ridare ordine al mondo” con la promessa: “Ci prendiamo questo impegno con la popolazione afgana, non ci tireremo indietro… lavoreremo con voi per assicurarci che si trovi una via di uscita dalla miseria che caratterizza la vostra esistenza.”

Il governo Blair ha appena preso parte alla conquista dell’Afghanistan, nella quale sono morti ben ventimila civili. Di tutte le grandi crisi umanitarie di cui vi è memoria, nessun Paese ha sofferto di più e nessuno è stato aiutato meno. Solo il 3 per cento degli aiuti internazionali speso in Afghanistan è stato per la ricostruzione, l’84 per cento è per la “coalizione militare guidata dagli Stati Uniti e il resto sono briciole per aiuti di emergenza. Ciò che viene spesso presentato come ricostruzione è investimento privato, come i 35 milioni di dollari che finanzieranno un hotel a 5 stelle, destinato per lo più agli stranieri. Un consigliere del ministro degli affari rurali a Kabul mi ha detto che il governo ha ricevuto meno del 20 per cento degli aiuti promessi all’Afghanistan. “Non abbiamo soldi nemmeno per pagare i salari, figuriamoci per la ricostruzione,” ha detto. La ragione, non detta ovviamente, è che gli afgani sono le meno degne delle vittime. Quando i cannoni degli elicotteri afgani hanno sparato ripetutamente contro un villaggio di contadini, uccidendo ben 93 civili, un ufficiale del Pentagono è arrivato a dire: “Quelle persone sono morte perché le volevamo morte”.

Vittime indegne del disastro imperiale.

Mi sono reso conto appieno di questo altro tsunami quando ho scritto della Cambogia nel 1979. in seguito a un decennio di bombardamenti americani e delle barbarie di Pol Pot, la Cambogia era distrutta quanto lo è l’Aceh oggi. Le epidemie portavano carestia, e la popolazione soffriva di un trauma collettivo che pochi potevano spiegare. Eppure, per nove mesi dopo la caduta del regime dei khmer rossi non è arrivato alcun aiuto effettivo dai governi occidentali. Al contrario, è stato imposto un embargo, appoggiato da Cina e Stati Uniti, che bloccava virtualmente l’intero sistema di ripresa e assistenza. Il problema per i cambogiani era che i loro liberatori, i vietnamiti, arrivavano dalla parte sbagliata della guerra fredda. Avendo poco tempo prima espulso gli Americani dalla loro patria. Questo li ha resi vittime indegne, e sacrificabili.

Iraq stremato.

Un assedio simile, e di cui si è parlato pochissimo, è stato imposto in Iraq nel corso degli anni 90 e intensificato durante la “liberazione” anglo-americana. Lo scorso settembre, l’Unicef ha riferito che la denutrizione tra i bambini iracheni è raddoppiata sotto l’occupazione. La mortalità infantile è ora al livello del Burundi, più alta che ad Haiti o in Uganda. C’è una terribile povertà e mancanza cronica di medicinali. I casi di cancro stanno aumentando rapidamente, specialmente il cancro al seno; l’inquinamento radioattivo è diffusissimo. Più di 700 scuole sono danneggiate dalle bombe. Dei miliardi che, si è detto, sono stati destinati all’Iraq, solo 29 milioni di dollari sono stati spesi, la maggior parte per mercenari in difesa degli stranieri. Poco di tutto ciò è nelle notizie dell’occidente.

Impegni mancati.

Questo altro tsunami è dappertutto nel mondo e ogni giorno causa la morte di 24mila persone per povertà, debiti e divisioni che sono il prodotto di un culto superiore chiamato neo-liberismo. Di ciò hanno preso atto le Nazioni Unite nel 1991 quando a Parigi si tenne la conferenza  degli stati più ricchi con lo scopo di realizzare un “piano d’azione” per salvare gli stati più poveri del mondo. Dieci anni dopo ogni impegno preso dai governi occidentali è stato virtualmente mancato, e le panzane del cancelliere (tesoriere) inglese Gordon Brown, a proposito del gruppo dei G8 che “condivide il sogno britannico” di metter fine alla povertà, si sono rivelate per quel che sono: delle panzane.

Nemmeno uno dei governi ha onorato la proposta di base dalle Nazioni Unite, che prevedeva di destinare la misera somma dello 0.7per cento del prodotto nazionale agli aiuti internazionali. L’Inghilterra dà solo il 3.4 per cento, il che fa sembrare il suo “dipartimento per lo sviluppo internazionale” uno scherzo di cattivo gusto. Gli Stati Uniti danno lo 0.15 per cento, la percentuale più bassa di tutti gli stati industrializzati.

L'altro tsunami.

Per la maggior parte invisibili e neanche immaginabili da parte degli occidentali, milioni di persone sanno che le loro vite sono state dichiarate sacrificabili. Quando i sussidi per tasse, cibo e petrolio vengono eliminati sotto il diktat del Fondo monetario internazionale, i piccoli coltivatori e i senza terra sanno di essere di fronte ad una catastrofe, che spiega l’aumento dei suicidi tra i contadini.

Solo i ricchi, afferma l’organizzazione mondiale per il commercio, possono proteggere la propria agricoltura e la propria industria; solo loro   hanno diritto di sovvenzionare l’esportazione di carne, grano e di zucchero, e di scaricarli in paesi poveri a prezzi artificiosamente bassi, distruggendo in questo modo vite e mezzi di sostentamento.

Ogni giorno è un 26 dicembre.

L’Indonesia, una volta descritta dalla Banca Mondiale come “un allievo modello dell’economia globale”, è un caso esemplare. Molti di coloro che hanno perso la vita a Sumatra nel Boxing Day erano stati espropriati dal FMI. L’Indonesia ha un debito irreparabile di 110 miliardi di dollari. L’Istituto Mondiale per le Risorse dice che il prezzo da pagare per questo tsunami provocato dall’uomo è di 13-18 milioni di bambini morti ogni anno, o anche di 12 milioni di bambini sotto i 5 anni, secondo un rapporto sullo sviluppo  presentato delle Nazioni Unite. “Se 100 milioni di persone sono rimaste uccise nelle guerre ufficiali del XX secolo” - ha scritto il sociologo australiano Michael Mckinley - “allora perché esse devono essere privilegiate in rapporto al numero di bambini che ogni anno dal 1982, muoiono in conseguenza a programmi di aggiustamento strutturale?”

Democrazia o crimini?

Che il sistema che causa tutto ciò sia democratico, come testimoniano le sue guerre, è un’assurdità che sempre più gente al mondo sta comprendendo. E’ proprio questa crescente percezione, questa presa di coscienza, ad offrire più di una speranza.  Da quando i crociati di Washington e di Londra hanno dilapidato la simpatia del mondo per le vittime dell’ undici settembre 2001 per accelerare la loro campagna di conquista, una informazione pubblica critica si è mossa, e considera i pari di Blair e Bush dei bugiardi, e le loro azioni riprovevoli crimini.

La solidarietà popolare.

L’attuale flusso di solidarietà per le vittime dello tsunami da parte della gente comune in occidente è  uno spettacolare richiamo a una politica di comunità, moralità e internazionalismo, negati dai governi e dalla propaganda corporativa. Ascoltare i turisti tornati dai paesi colpiti consumarsi di gratitudine per il modo cordiale ed espansivo in cui alcuni dei più poveri tra i poveri hanno offerto loro rifugio e cure, è come sentire l’antitesi delle “politiche” che si interessano solo agli avidi.

“La più spettacolare forma di moralità pubblica che il mondo abbia mai visto”: è così che la scrittrice Arundhati Roy descrisse la rabbia contro la guerra che divampò nel mondo quasi due anni fa. Uno studio francese ha calcolato che in quel giorno di febbraio 35 milioni di persone sono scese in piazza, come non era mai accaduto prima d’allora. E quello fu solo l’inizio.

Semi sotto la neve.

Non si tratta di retorica; la rigenerazione dell’uomo non è un fenomeno, bensì la continuazione di una lotta che può apparire a volte congelata, ma è un seme sotto la neve. Prendiamo l’America latina, da lungo tempo considerata invisibile e sacrificabile in occidente. “I latino-americani sono stati educati all’impotenza”, scriveva Eduardo Galeano qualche giorno fa. “Una pedagogia filtrata dai tempi delle colonie, impartita da soldati violenti, insegnanti timorosi e fragili fatalisti, che ha radicato nelle nostre anime la credenza che la realtà è intoccabile e che tutto quello che possiamo fare è accettare in silenzio le pene che ogni giorno porta con sé”. Galeano stava festeggiando la rinascita della vera democrazia nel suo paese, l’Uruguay, quando il popolo ha votato “contro la paura”, contro la privatizzazione e le indecenze ad essa connesse.

Il nuovo avanza.

In Venezuela le elezioni statali e municipali dello scorso ottobre si sono concluse con la nona vittoria democratica per l’unico governo al mondo che divide la ricchezza del proprio petrolio con la sua gente più povera. In Cile gli ultimi fascisti militarizzati sostenuti dai governi occidentali, in particolare dalla Thatcher,  sono perseguitati da forze democratiche rivitalizzate. Queste forze sono parte di un movimento contro l’ineguaglianza, la povertà e la guerra che è sorto negli ultimi sei anni, e d è più vario, intraprendente, internazionalista e tollerante verso la diversità di ogni altro che abbia conosciuto in vita mia. É un movimento libero dal peso di un liberismo occidentale che crede di rappresentare una forma di vita superiore; chi è saggio sa che sotto un altro nome questo si  chiama colonialismo.

Il saggio sa anche che come la conquista dell’Iraq è una matassa che si può dipanare , così anche un intero sistema di dominio e impoverimento può essere disfatto.

John Pilger.

Giornalista, è nato in Australia nel 1939. Vincitore di numerosi riconoscimenti, ha pubblicato per il Daily Mirror, The Guardian, The Independent, New Statesman, The New York Times, The Los Angeles Times, The Nation: New York, The Age: Melbourne, The Sydney Morning Herald, The Bulletin: Sydney, oltre a giornali e periodici francesi, italiani, scandinavi, canadesi e giapponesi.

John Pilger

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