L'America si riscopre nuda: un «11 settembre» che non vuole finire mai

L'anniversario dell'attacco alle Torri Gemelle trova un Paese che si sente di nuovo indifeso davanti alla minaccia terroristica Paure acuite dalla tragedia di New Orleans e dalla lunga guerra in Iraq. Due ferite che sembrano intaccare nel profondo l'ottimismo degli statunitensi per un futuro che mai come ora appare incerto.

L'America si riscopre nuda: un «11 settembre» che non vuole finire mai

da Attualità

del 11 settembre 2005

Invece del fuoco, l'acqua. Invece di teste imbiancate di polvere, maschere di fango che si aggirano fra i rifiuti. Il volto del disastro è cambiato, ma quattro anni dopo l'11 settembre l'America si ritrova di nuovo crudelmente ferita, con le piaghe delle sue drammatiche contraddizioni dolorosamente in vista. Le similitudini fra i due cataclismi, però, finiscono qui. Nel 2001 c'era un nemico esterno con un nome e un cognome, qui c'è una matassa di responsabilità da sbrogliare e la mano imperscrutabile della natura. Il crollo delle Torri Gemelle aveva immediatamente unito il Paese, le onde di Katrina hanno scavato solchi ancora più profondi fra le razze, i partiti politici, le classi sociali. L'affronto del terrorismo aveva dato una dimensione storica e una statura inattaccabile alla presidenza, la sferzata degli elementi l'ha sfilacciata e sfiancata, mettendola alla mercé di critiche feroci.

 

L'America si riscopre nuda

Molto è stato fatto in quattro anni per prevenire nuovi attacchi. Qualcuno, assicurano i responsabili della sicurezza interna, è stato sventato. La maggior parte delle grandi città ha approntato un piano di risposta alle emergenze. Ma la lentezza nel far arrivare cibo, acqua e soldati alle vittime della Louisiana ha messo in evidenza debolezze organizzative che i terroristi potrebbero sfruttare - secondo qualche esperto già nelle prossime settimane, per ottenere un effetto ancora più devastante. E il timore che la guerra in Iraq abbia svuotato le caserme di uomini e materiale indispensabili per far fronte a disastri interni si è rivelato fondato. Il sospetto avanzato sia dai critici che da alcuni sostenitori dell'amministrazione Bush è che quattro anni dopo l'11 settembre l'America ha ancora molti fianchi scoperti, e che i terroristi li conoscono bene.

 

Bush perde consensi

L'11 settembre ha definito il primo mandato di George W. Bush, lo ha 'fatto presidente' per acclamazione popolare pi√π della contestata elezione dell'anno prima. All'indomani degli attacchi terroristici il 91 per cento degli americani era con lui. Oggi solo il 40 per cento lo sostiene. Lo stillicidio di vite in Iraq, il prezzo della benzina alle stelle e ora l'esitazione di fronte all'uragano hanno reso l'opinione pubblica meno paziente. Oggi pochi sono disposti a digerire frasi come 'nessuno avrebbe potuto prevedere le falle nelle dighe', allo stesso modo in cui avevano mandato gi√π la spiegazione che 'nessuno avrebbe potuto prevedere che un aeroplano sarebbe stato scagliato contro il World Trade Center'.

 

Un Paese diviso e una stampa agguerrita

Tre quarti dei repubblicani approvano l'operato del loro presidente. Solo il 17 per cento dei democratici lo appoggia. I sentimenti bipartisan che animavano gli Usa quattro anni fa sono svaniti, lasciando il posto ad aspre divisioni politiche, mentre l'uragano di New Orleans ha messo in evidenza quelle sociali. Anche la stampa ha cambiato radicalmente registro. Il tono patriottico e timido (a volte di autocensura) assunto dopo gli attacchi terroristici ha ceduto il passo ad editoriali al vetriolo contro l'amministrazione Bush. Quando persino Fox News, il network conservatore di Ruperth Murdoch che ha sempre difeso il presidente, si scaglia contro le inadeguatezze del governo Bush, vuole dire che i media americani sono davvero passati all'attacco.

 

Dov'è Ossama Benladen?

A giugno la Cia diceva di saperlo, senza spiegare perché, dopo quattro anni di tentativi, nessuno sia riuscito a catturare il mandante del peggior attacco terroristico sul suolo americano. Per ora Benladen domina la copertina del settimanale del New York Times in edicola domenica che si chiede: 'Sta vincendo lui?'. A Washington è un argomento da evitare, non a caso le commemorazioni dell'anniversario dell'11 settembre organizzate dal Pentagono saranno dominate da un tributo ai reduci dell'Iraq.

 

Chi pensa ancora all'11 settembre?

Pochi, a giudicare dal fatalismo e dall'ottimismo con cu i gli abitanti delle grandi città americane, a partire da New York, convivono con la quasi certezza di un altro attentato. In realtà secondo un'indagine d'opinione Zogby però 7 americani su 10 dicono di pensare all'11 settembre almeno una volta alla settimana. Ma l'intensita delle emozioni è svanita. Per chi non ne è stato colpito da vicino l'11 settembre è una ricorrenza vagamente patriottica in cui bisogna ricordarsi di essere gentili con i propri cari.

 

L'ultimo funerale

È quello di Gerald Baptiste, pompiere travolto dal crollo della Torre nord di cui stava dirigendo l'evacuazione. I suoi resti sono stati identificati solo pochi giorni fa. Ma la cerimonia solenne nella cattedrale di St.Patrick è stata seguito da nuove polemiche. Secondo il New York Times, la maggior parte dei vigili del fuoco quattro anni fa morì perché non era stata informata che la Torre nord stava per crollare.

 

Al World Trade Center si costruisce

I lavori per la costruzione della Freedom Tower vanno a rilento, e sembra che il primo edificio a sorgere al Worl Trade Center sarà invece il terminale del metrò per il New Jersey - una costruzione evocativa a forma d'ali d'uccello che farà da porta d'ingresso a una fitta rete di linee urbane e suburbane. Intanto nei prossimi giorni verrà finalmente demolito il palazzo della Deutsche Bank, gravemente danneggiato 4 anni fa. Avvolto nel suo manto protettivo nero era diventato un lugubre monito della distruzione di quel giorno.

 

Elena Molinari

http://www.avvenire.it

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