L'Europa può fare molto per Asia Bibi

Il marito di Asia Bibi, la donna pachistana condannata a morte per blasfemia è arrivato a Roma per fare appello all'opinione pubblica...

L'Europa può fare molto per Asia Bibi

 

«L’Europa può fare molto per Asia». È quanto sostiene Ashiq Masih, marito di Asia Bibi, la donna pachistana condannata a morte per blasfemia. Ashiq è arrivato a Roma ieri assieme a sua figlia Eisham, e proseguirà alla volta di Madrid e Berlino, per fare appello all’opinione pubblica affinché sua moglie venga finalmente liberata. Ad accompagnarli, vi è uno degli avvocati di Asia Bibi, Joseph Nadeem.

 

«La situazione di Asia in carcere è disumana», racconta Ashiq a La Nuova Bussola Quotidiana. La donna non può mai uscire dalla minuscola cella del carcere di Multan in cui è rinchiusa, perché vi è il rischio che qualche fanatico o estremista cerchi di ucciderla. «La vita per i cristiani in Pakistan è davvero molto difficile – continua Ashiq – e per chi è accusato di blasfemia non vi è mai giustiziaPerfino chi è stato assolto dalle accuse rischia di essere ucciso non appena uscito dal carcere».

 

Anche la famiglia della donna è in serio pericolo. Il marito e i cinque figli della coppia hanno ricevuto numerose minacce di morte e sono stati costretti ad abbandonare la loro casa.

 

Asia Bibi riceve le visite dei suoi cari soltanto una volta al mese. «In carcere piange sempre – afferma Ashiq – perché le manca l’amore dei suoi figli e di suo marito. Ma la sua fede resta incrollabile». Nella cella alla donna non è permesso avere alcun tipo di oggetto religioso, né ha la possibilità di recarsi in una cappella o in un altro luogo dove poter pregare. Trova quindi conforto nella preghiera, tra le strette e anguste mura della sua cella.

 

Questa mattina Ashiq e sua figlia assisteranno all’udienza papale. «Vogliamo chiedere a Papa Francesco il suo intervento e soprattutto le sua preghiere – aggiunge il marito di Asia Bibi – La voce del pontefice è molto sentita e rispettata in Pakistan».

 

«Le accuse rivolte a mia madre sono totalmente false», dichiara a La Nuova Bussola Quotidiana Eisham Ashiq, la figlia più piccola di Asia Bibi. La ragazza aveva soltanto nove anni quando la donna è stata ingiustamente accusata nel 2009. «Mia madre stava lavorando nei campi – racconta – quando alcune sue colleghe le hanno detto di aver sete. Mamma ha offerto loro dell’acqua ma le donne hanno rifiutato, dicendo che i cristiani sono impuri e quindi non sono degni di mangiare e bere assieme ai musulmani». Nasce un alterco, ma la faccenda finisce lì. In seguito le donne riferiscono l’accaduto ad un chierico musulmano e accusano Asia Bibi di aver insultato il profeta Maometto.

 

Una folla si dirige immediatamente a casa di Asia e Ashiq in cerca della “blasfema”. «Hanno preso mia madre con la forza e l’hanno condotta in campagna -  ricorda Eisham - L’hanno picchiata e le hanno strappato i vestiti. Poi le hanno detto che se si fosse convertita all’islam, l’avrebbero lasciata andare». La donna non accetta il ricatto e sia lei che sua figlia continuano ad essere picchiate. «Quando la mamma ha chiesto un bicchiere d’acqua, glielo hanno negato, sostenendo che per i cristiani non c’è acqua, non c’è vita». Resasi conto della drammaticità della situazione, Asia dice ad Eisham di andare a chiamare il padre. Ma quando Ashiq giunge finalmente sul posto, sua moglie era già stata portata via.

 

Da ormai cinque anni, ad accompagnare il calvario di Asia Bibi, vi è l’avvocato Joseph Nadeem che a La Nuova Bussola Quotidiana racconta come non si aspettasse la conferma della condanna a morte per impiccagione, decisa lo scorso ottobre dall’Alta Corte di Lahore. «Speravamo che Asia venisse scagionata ma purtroppo in aula vi erano molti musulmani che hanno esercitato una forte pressione sui giudici».

 

Il caso di Asia Bibi è ormai divenuto un simbolo in Pakistan e molti musulmani non accettano che lei possa essere liberata. «Pensiamo soltanto alle uccisioni di Salmaan Taseer, governatore del Punjab, o a Shahbaz Bhatti, ministro per le minoranze, per aver difeso Asia. Io stesso ho ricevuto molte minacce, rivolte anche alla mia famiglia».

 

Nadeem è molto preoccupato per la sua assistita, specie in seguito alla decisione del governo pachistano di revocare la moratoria sulla pena di morte. «Ora potrebbe essere uccisa in qualsiasi momento».

 

Il collegio difensivo della donna cristiana ha presentato ricorso presso la Corte Suprema, che tuttavia è stato respinto due volte. Secondo l’avvocato potrebbero passare due o tre anni prima che il caso possa essere preso in esame. «L’ultima speranza per Asia è la comunità internazionale – dichiara unendosi all’appello dei familiari della donna - soltanto la pressione dei governi occidentali potrebbe convincere il presidente Mamnoon Hussain ed il primo ministro Nawaz Sharif a concederle la grazia».

 

 

Marta Petrosillo

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