Nessun preambolo e nessun giro di parole, oggi. Una domanda secca. Chi (che cosa) vogliamo essere? Ho visto, domenica, nel tratto di autostrada Portogruaro – Ferrara, i parcheggi dei centri commerciali strapieni. Per tutta la settimana, camminando ho incrociato vetrine nere e arancioni, e vestiti e accessori per Halloween. Ho sentito programmare e organizzare ritrovi, feste, scherzi, per la notte del 31 ottobre.
“Eppure ogni anno voi tornate, Santi, pel cuore che vi sa distinguere contro lo sfondo delle vite che cadono come questa pioggia dirotta. (...) Voi tornate col vostro passo certo e luminoso di pianeti a rischiarare la pioggia delle nostre esistenze che cadono dentro la pietà ma fuori della gloria”. (Margherita Guidacci)
Nessun preambolo e nessun giro di parole, oggi. Una domanda secca. Chi (che cosa) vogliamo essere?
La risposta sarà “o…, o…”. Punto. Non esistono vie di mezzo. Esseri umani protagonisti della propria esistenza, sale e lievito per il mondo, oppure marionette, burattini. Convinti, magari, di agire liberamente, e mossi, invece, dalle mani invisibili, subdole e rapaci del potere.
Non è domanda che sgorga dal nulla, la mia.
Ho visto, domenica, nel tratto di autostrada Portogruaro – Ferrara, i parcheggi dei centri commerciali strapieni. Per tutta la settimana, camminando ho incrociato vetrine nere e arancioni, e vestiti e accessori per Halloween. Ho sentito studenti programmare e organizzare ritrovi, feste, scherzi, per la notte del 31 ottobre. E confidarsi sottovoce travestimenti e trucco. E mamme sull’orlo di una crisi di nervi perché nei negozi erano terminati i cappelli da streghe o le maschere della morte e toccava andare a Pordenone o a Udine. Lì, magari, chissà…
Ho visto ed ho sentito cosa vogliono farci diventare, proponendoci come modelli scheletri e fantasmi, o cercando di convincerci che la domenica è l’ultimo giorno di una settimana pesante in cui tocca lavorare e seguire la famiglia, e dunque momento finalmente di relax. E allora tutti via, la notte del 31 ottobre. Sulla scia di un fascinoso esoterismo panteista, via a “dis-trarsi” dalla quotidianità, a distogliere lo sguardo da chi la nostra tradizione festeggia da sempre il primo novembre: dai Santi che, loro sì presenti al presente, ci indicano una vita che valga davvero la pena.
Tutti via, attratti dagli specchietti per allodole, dai moschicidi che son diventati i centri commerciali, in cui vaghi per ore, anonimo tra la massa che guarda e compra, o, frustrata, guarda e basta, e poi, senza accorgersi di essere, nel profondo, scontenta com’è entrata, quand’è buio si incanala alla cassa. Percorrevo l’autostrada per Ferrara, domenica. E c’era il sole. Diciassette gradi. Fuori, a passeggio, si sarebbe stati benissimo. E invece no. Dentro. Ingabbiati da muri senza finestre, a respirare aria condizionata. Ubbidienti come automi al potere che ci vuole zucche vuote proprio come quelle di Halloween.
Mentre l’auto corre, guardi i parcheggi strapieni, le auto in fila come soldatini e ti dici che il cuore lo sa che c’è un altro modo, più umano, di vivere la domenica. C’è. Ma solo se va pensata come il primo giorno della settimana, non l’ultimo. Con l’entusiasmo di chi inizia, non con la stanchezza di chi finisce.
La domenica, a Messa, ritrovo la strada. Recupero il senso del cammino che sto facendo, con le sue gioie e la sua fatica. L’eucaristia è Cristo che vive in me, si fa compagnia, mi rilancia alla vita e mi ricorda perché sono qui. Qual è il mio compito. La settimana inizia da lì.
C’è un altro modo, più umano, anche per vivere la notte del 31 ottobre. Guardando Chi va guardato. Chi ci “ri-crea” davvero. Ci sono stati (ci sono?) sacerdoti che negli oratori davano (danno?) spazio ed ospitalità alle feste di Halloween. “L’importante è che i ragazzi stiano insieme, socializzino, si divertano, condividano momenti di festa…”, dicevano (dicono?). Qualche sacerdote coraggioso ha esposto il Santissimo, stanotte: la notte del 31 ottobre. Nella chiesa di cui è pastore ha proposto l’Adorazione continua: dalle venti, alle otto del mattino. Turni di un’ora. I bambini, alle finestre, non hanno esposto zucche, o fantasmi, ma l’immagine dei Santi a cui vogliono più bene.
Chi (che cosa?) vogliamo essere? A chi (o a che cosa?) vogliamo guardare? La risposta è secca, necessariamente. Perché è da lì che si parte. Ed è una battaglia culturale quella a cui tutti siamo chiamati. Pinocchio e Lucignolo, convinti, finalmente, di essere liberi, al paese dei balocchi son diventati somari; poi li han fatti esibire in un circo, versione ottocentesca del Grande Fratello. E’ questo ciò a cui aspiriamo?
Se vogliamo essere persone protagoniste della vita, e sale, e lievito, ad altri uomini e ad altre donne dobbiamo guardare. Non ai somari di allora e di ora. Non alle zucche vuote. Non a streghe e stregoni. Non al luccichio evanescente dei centri commerciali.
Dobbiamo reimparare uno sguardo che il nostro cuore sa già. Dobbiamo tornare a guardare ai Santi: uomini e donne da cui prendere esempio e che, discreti, da sempre si offrono come sostegno e come compagni di cammino. Guardando loro, impareremo a guardare Chi guardano loro: il Risorto. E la Luce che emana. L’unica Luce capace davvero di vincere le tenebre della notte senza speranza che è la notte di Halloween.
Saro Luisella
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