Fa parte di un umanesimo umano il fatto che l'amore non giustifica tutto...
È dedicata alla situazione dei cristiani in Medio oriente, all’accoglienza dei profughi, alla difesa della famiglia e del suo ruolo insostituibile, alla formazione del clero, la prolusione con la quale il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana (Cei), ha aperto oggi a Genova i lavori del Consiglio permanente, che si concludono mercoledì.
Il porporato in primo luogo ha fatto cenno allo storico incontro avvenuto a Cuba fra Papa Francesco e il Patriarca di Mosca Cirillo, al termine del quale è stata diffusa la nota dichiarazione comune nella quale soprattutto si è espressa preoccupazione e comune sollecitudine nei confronti dei tanti cristiani perseguitati. Molti di loro hanno lasciato le loro case per trovare rifugio in Europa. E molti sono morti nel tentativo, compresi 330 bambini solo nel mare Egeo: «Che spettacolo dà di sé l’Europa?», si è chiesto il porporato, invitando a confrontarsi «con i volti sfatti e terrorizzati dei bambini e dei vecchi». «Può l’Europa, culla di civiltà e diritti — ha continuato — erigere muri e scavare fossati?». Di certo, ha sottolineato il presidente della Cei, non l’ha fatto l’Italia, che «ha mostrato da subito generosità e prontezza», anche attraverso l’opera di molte realtà cattoliche. E anche ai sacerdoti il cardinale ha espresso gratitudine per la loro vicinanza alla comunità, mentre ci si prepara all’assemblea di maggio che, ha annunciato, sarà aperta dal Papa e sarà dedicata alla vita e alla formazione permanente del clero.
Nel suo insieme, ha rilevato il cardinale, sembra che il Paese «stia reagendo alla crisi, ma il cammino si presenta faticoso. La gente è ammirevole, continua a rivelare una grande capacità di resistere e lottare, di non perdere la fiducia, di unire le forze. La famiglia, poi, ancora una volta dà prova di essere il perno della rete sociale, luogo in cui si condividono le risorse e si genera fiducia e coraggio per andare avanti. Essa è veramente il più grande capitale di impresa e di solidarietà, un tesoro da non indebolire e disperdere con omologazioni infondate, trattando nello stesso modo realtà diverse». Perché «da una parte si rivendicano le differenze sul piano culturale e, dall’altra, le si negano sul piano normativo, creando di fatto delle situazioni paramatrimoniali». Del resto, «la deriva individualista, radicale e liberista, non intende fermarsi: mentre riaffermiamo con tantissima gente che avere dei figli è un desiderio bello e legittimo, così è diritto dei bambini non diventare oggetto di diritto per nessuno, poiché non sono cose da produrre. Tanto più che certi cosiddetti diritti risultano essere solo per i ricchi alle spalle dei più poveri, specialmente delle donne e dei loro corpi. Così, fa parte di un umanesimo umano il fatto che l’amore non giustifica tutto, che i bambini hanno diritto a un padre e una madre, come anche recentemente il Tribunale dell’Aia ha affermato. A questo riguardo, è necessario semplificare e accelerare le procedure di adozione, perché possano avere risposta le migliaia di richieste a fronte di alcune centinaia di bambini dichiarati “adottabili”».
E fa parte dell’umanesimo, ha aggiunto il cardinale, «pure la constatazione che la vita nessuno se la può dare e quindi togliere; che mai, in nessuna sua fase, può essere manipolata e distrutta»; che «l’accanimento terapeutico è una cosa, mentre l’eutanasia e il suicidio assistito sono tutt’altro».
I recenti, raccapriccianti fatti di cronaca, infine, fanno emergere «un inquietante, assoluto vuoto interiore, una disperata noia di vivere che esige un insaziabile bisogno di sensazioni forti, per cui la tortura e il delitto sono pensati, voluti e vissuti per se stessi». È inevitabile, dunque, ripensare anche all’educazione, di cui attori fondamentali sono anche le molte scuole paritarie e i modelli concreti di comportamento, perché, «se è certamente necessario chiedersi quale mondo lasceremo ai nostri giovani», è «altrettanto urgente chiederci quali uomini lasceremo al nostro mondo».
Redazione Osservatore Romano
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