La matematica di Dio e le leggi dell’universo

L’universo, la natura, gli atomi, le forze fisiche e gli elettroni. Tutto ciò che studia la scienza ci parla di Dio. Oggi ci lasciamo provocare dalle parole di un grande scienziato: Paul Dirac.

"Dio è un matematico di primo ordine, che nel costruire l'universo ha utilizzato una matematica molto avanzata" (P. Dirac)


Questo brano ci offre uno squarcio sul pensiero di Dirac il quale, utilizzando la metafora del linguaggio matematico quale linguaggio usato da Dio, nell'indagare le leggi della fisica non trova contrasto tra la fede nella creazione e l'indagine scientifica sugli elementi naturali. 


“Uno degli aspetti essenziali della Natura sembra essere che le leggi fisiche fondamentali sono descritte da una teoria matematica di grande bellezza e potenza, per la cui comprensione è necessario un alto livello matematico. Vi chiederete: perché la Natura è costruita in questo modo? Si può soltanto rispondere che la nostra conoscenza attuale sembra mostrare che la Natura è costruita così. Dobbiamo semplicemente accettare questo fatto. Si potrebbe forse riassumere la situazione dicendo che Dio è un matematico di primo ordine, e che nel costruire l'universo ha utilizzato una matematica molto avanzata. I nostri deboli tentativi ci permettono di capire una piccola parte dell'universo, e man mano che progrediamo nella matematica possiamo sperare di comprenderlo sempre meglio.

Questa visione delle cose ci fornisce un altro metodo per compiere progressi nelle nostre teorie. Dal solo studio della matematica possiamo sperare di indovinare quale parte di essa entrerà nella fisica del futuro. Molti stanno lavorando alle basi matematiche della teoria quantistica, nel tentativo di comprenderla meglio e di renderla più potente e più bella. Se qualcuno riuscisse a trovare la direzione giusta per questo sviluppo, ciò potrebbe condurre a un progresso futuro in cui dapprima si scopriranno le equazioni e poi, dopo averle esaminate, si imparerà gradualmente ad applicarle. In una certa misura questo corrisponde alla linea di sviluppo aperta da Schrödinger con la sua equazione d'onda. Schrödinger la scoprì semplicemente cercando un'equazione dotata di bellezza matematica. Dopo che l'equazione fu scoperta, si vide che essa era appropriata sotto certi aspetti, ma i principi generali in base ai quali applicarla furono elaborati solo due o tre anni dopo. È possibile che i progressi futuri nella fisica avvengano secondo questa linea: si scopriranno dapprima le equazioni e poi ci vorrà qualche anno di sviluppo per trovare le idee fisiche che sono dietro a esse. Personalmente ritengo che sia una linea di progresso più probabile del tentativo di intuire delle immagini fisiche.

Ovviamente, può darsi che persino questa linea di progresso sia destinata a fallire, e che rimanga solo quella sperimentale. I fisici sperimentali continuano a lavorare in modo del tutto indipendente dalla teoria, raccogliendo un vasto archivio di informazioni. Prima o poi ci sarà un nuovo Heisenberg che riuscirà a isolarne le proprietà importanti e capirà come usarle in modo simile a quello in cui Heisenberg ha utilizzato la conoscenza sperimentale degli spettri per creare la sua meccanica delle matrici. è inevitabile che lo sviluppo ultimo della fisica segua questa linea, ma dovremo aspettare a lungo se non emergeranno idee brillanti sui versante teorico.

 


Paul Adrien Maurice Dirac (Bristol, 8 agosto 1902 – Tallahassee, 20 ottobre 1984) è stato un fisico britannico.Premio Nobel per la fisica nel 1933 (insieme a Erwin Schrödinger) per "la scoperta di nuove fruttuose forme della teoria atomica", diede contributi fondamentali allo sviluppo della meccanica quantistica e alla teoria quantistica dei campi, formulando, fra l'altro, l'omonima equazione e predicendo l'esistenza dell'antimateria. È considerato uno dei più importanti fisici del ventesimo secolo.

    

 

 

Tratto da: Paul A. M. Dirac, The Evolution of Physicist's Picture of Nature, «Scientific American», vol. 2018, n. 5, 1963, pp. 45-53,  La bellezza come metodo, Indiana, Milano 2013, pp. 121-123.

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