Il FattoAmericano sgozzato. Di fronte al quotidiano spettacolo della violenza inflitta, riaffiora il dubbio di Primo Levi: Se questo è un uomo...
del 01 gennaio 2002
LA PAROLA CHIAVE: UOMO
Sofismi
“L’uomo è la misura di tutte le cose, di quello che sono in quanto sono, di quelle che non sono in quanto non sono”. La proposizione è attribuita a Protagora ed esprime il relativismo caratteristico della sofistica greca. Di “assoluto” non vi sarebbe nulla. Le contraddizioni insite in questa affermazione sono tante, a dispetto della sua apparente ovvietà. La prima, che puntualmente ritorna nella storia della filosofia, scaturisce dal rapporto esistente tra la forma di questa proposizione e il suo contenuto. La sua forma è, infatti, assertoria. Si afferma qualcosa in modo apodittico: una verità eterna. Il suo contenuto, invece, è relativista: si nega proprio che si possa affermare apoditticamente qualcosa di qualcos’altro.
Una questione semantica
Ma anche tralasciando questa obiezione formale, restano altre domande. L’uomo è misura, va bene, ma che cos’è “uomo”? Chi ha il diritto di arrogarsi questo titolo che gli permette di diventare l’arbitro di ciò che è? Al tempo di Protagora, ad esempio, all’esame per conseguire il titolo di uomo-misura non erano ammessi donne, bambini, schiavi, barbari, folli ecc. Essere uomo richiedeva una serie di prerequisiti essenziali quali l’età adulta, il sesso maschile, la lingua greca, la cittadinanza, una certa idea di “salute mentale”… Ed oggi, nel tempo della democrazia dispiegata e della parità tra i sessi, a quali condizioni si diventa uomini? Quando si è ammessi nel regno dell’universale “umano”? E se invece del petrolio, dell’Islam o del potere americano, la posta in gioco nell’attuale crisi mondiale fosse appunto la ridefinizione dei prerequisiti essenziali per accedere al rango d’uomo-misura? Sorge allora un dubbio: e se la guerra – una guerra mediatica prima ancora che combattuta – fosse una guerra per decidere del significato di questa magica parola, “uomo”? E se la soldata ridente con l’irakeno al guinzaglio (per lei, un non-uomo), se il fanatico che sgozza l’infedele (per lui, un non-uomo), se il generale che spiana allegramente le povere case dei profughi (per lui, non abitate da uomini), se il kamikaze che si fa saltare sul bus (per lui non utilizzato da uomini), stessero in realtà attivamente prendendo parte a questo dibattito universale sulla semantica della parola “uomo”? Quali sono i confini dell’“umano”?
Pecunia non olet
La potenza del denaro è data dalla sua astrazione. E’ una pura forma senza contenuto. Il denaro è il mediatore universale, la misura che tutto misura, restando, però, lei, senza misura (come misurare, infatti, la misura che tutto misura?). Ogni cosa, si dice, ha un prezzo. Che altro significa, questo, se non che il tribunale ultimo delle “cose che sono e di quelle che non sono” è soltanto il denaro? Per una certa umanità, il prerequisito essenziale alla richiesta del conseguimento del titolo di “uomo” è la carta di credito. Sotto ad un certo reddito l’umanità declina fino a scolorare nel non umano e nel quasi animale. Per questi ibridi, umani solo all’apparenza, bisogna allora progettare un sistema di contenimento che impedisca loro di fare danno. Il diritto, per sua natura universale, si fa così “duale”. E’ la più impressionante trasformazione in corso nei sistemi giuridici dei paesi occidentali e nel diritto internazionale. Di essa si sono resi conto solo alcuni filosofi (Giorgio Agamben e Jean Luc Nancy, per citare quelli più noti). In soldoni, significa ipergarantismo, protezioni giuridiche e democrazia per i ricchi, manganello e bulldozer per i deboli. Siccome non c’è “uomo”, come scrive Hanna Arendt, dove non c’è un riconoscimento giuridico della sua “persona”, è evidente che la diminuzione delle garanzie per l’immigrato, per il profugo ecc. significa, di fatto, la premessa della sua esclusione dal consorzio umano.
Paolo
Anche San Paolo annunciava un nuovo tipo d’uomo. Non enumerava però una serie d’indispensabili prerequisiti. Procedeva piuttosto per doppie negazioni che dissolvevano ogni possibile prerequisito: né maschio né femmina, né servo né padrone, né giudeo né gentile… La nuova umanità “cristiana” inizia dove tutte queste maschere sono strappate. La smisurata misura universale di tutte le cose era così per Paolo quel niente che resta quando tutto è stato tolto. Forse bisognerebbe ripartire proprio da quell’ultima misura.
Rocco Ronchi
Rocco Ronchi
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