Un'attenta analisi di ciò che è stata quest'anno la GMG (il cammino di preparazione, la dimensione eucaristica, le figure dei magi, la dimensione vocazionale e missionaria, l'educazione al dialogo, i media) e, insieme, i possibili sviluppi dei percorsi di rientro. Le strategie da riprendere: il protagonismo dei giovani nella chiesa, una spiritualità della vita quotidiana, la prospettiva della civiltà dell'amore.
del 24 ottobre 2005
 
Il tentativo di operare una sintesi è quindi da una parte necessario, perché costituisce la base per futuri sviluppi pastorali, dall’altra estremamente difficoltoso e sempre in qualche modo soggettivo, cioè dipendente dal punto di vista dell’osservatore. In questa prospettiva, il confronto tra diverse percezioni è assai importante, perché aiuta a ricostruire una visione e un’interpretazione più corrette, perché a più ampio raggio.
Dato che quello che ci interessa non è tanto ricostruire gli eventi, ma comprenderli in quanto indicazioni per il nostro cammino futuro, ho associato a ciascun paragrafo, accanto alle riflessioni sull’esperienza, anche delle considerazioni per l’avvenire della pastorale giovanile. L’insieme è giocoforza un po’ disorganico, anche perché la sintesi da fare non è tanto a livello cognitivo, ma a livello esistenziale, metabolizzando dentro le nostre prassi tanto diverse ciò che ciascuno percepisce come opportuno e praticabile.
 
1. Il cammino di preparazione
L’esperienza. Per quanto è stato possibile percepire dal punto di osservazione del Servizio nazionale per la pastorale giovanile della Cei (SNPG), il cammino verso Colonia è stato vissuto in molte diocesi e aggregazioni laicali italiane in maniera molto seria, attraverso la proposta ai partecipanti di incontri, itinerari e sussidi qualitativamente e quantitativamente apprezzabili. In tale processo hanno svolto un ruolo – anche solo di mera ispirazione – i materiali offerti dal SNPG, elaborati con l’apporto di una apposita Consulta nazionale. Altro elemento di successo è stata la possibilità di ancorare il cammino alla figura dei magi, il che ha conferito al percorso uno spessore, biblico, culturale e simbolico d’eccezione.
La peculiarità della proposta pastorale per la preparazione a Colonia 2005 è stata la decisa finalizzazione al “dopo”, nell’ambito di una visione processuale della GMG. Soprattutto nel “quadernone”, destinato ai responsabili della pastorale giovanile, si sono moltiplicati le indicazioni e i suggerimenti per impostare in tal senso la progettualità della propria partecipazione alla 20ª GMG. In particolare, si è insistito su tre strategie sulle quali impostare i percorsi di preparazione (e di rientro): il protagonismo dei giovani nella chiesa; una spiritualità della vita quotidiana; la prospettiva della civiltà dell’amore.
I frutti maturi di tale impostazione saranno – ovviamente – valutabili in tempi medi, ma una loro iniziale ricaduta la si è potuta percepire già a Colonia: nonostante la bassa età media dei partecipanti italiani, è stata unanime la sensazione di una grande motivazione e preparazione nel vivere l’esperienza. La qualità (e la fedeltà) della partecipazione alle catechesi; l’intensità della presenza a Marienfeld; la pazienza e l’intelligenza nel sopportare disagi un po’ sopra le aspettative… sono tutti sintomi di un buon cammino di preparazione, che ha condotto alla GMG adolescenti e giovani in grado di vivere bene un’esperienza intensa, ma anche “a rischio dispersione” come quella di Colonia 2005. Ciò non significa, a mio parere, che le analisi condotte da Franco Garelli nella sua ricerca Una spiritualità in movimento non siano più valide: il popolo delle GMG continua ad essere composito per quanto riguarda l’adesione di fede e l’appartenenza ecclesiale; il serio itinerario di avvicinamento ha creato però per tutti i “tipi” di giovani presenti il clima e le condizioni per vivere al meglio le giornate tedesche.
D’altra parte, il record di presenze di preti registrato a Colonia (ben 10.000 alla messa finale, ai fronte degli 8.000 di Tor Vergata) fa pensare anche ad un forte investimento in quanto a presenze educative, non solo in loco, ma anche nella fase preparatoria.
 
Le prospettive. Al di là di quanto sarà opportuno fare per Sidney 2008, l’esperienza della preparazione a Colonia suggerisce alcune indicazioni di contenuto e di metodo:
– i grandi eventi mantengono un appeal per le giovani generazioni: sono percepiti come un’occasione preziosa per crescere nella fede e per rafforzare le proprie motivazioni all’appartenenza ecclesiale. Si parla spesso contro una “pastorale giovanile degli eventi”; se è certo che non ci si può limitare ad essi, è altrettanti vero che essi costituiscono una grande opportunità, che mobilita energie ed entusiasmi. Si potrebbe ulteriormente riflettere sulle caratteristiche che un evento dovrebbe avere per risultare davvero “grande”: non è però questo il luogo opportuno;
– i grandi eventi (a tutti i livelli) vanno però affrontati in una logica di integrazione progettuale con la pastorale ordinaria: ciò favorisce una migliore preparazione e – probabilmente – una più fruttuosa ricaduta. Tale logica vale non solo per la GMG, ma per tutte quelle occasioni “straordinarie” che caratterizzano la vita delle nostre diocesi e realtà ecclesiali. La mentalità progettuale appare sempre più necessaria, sia per la piena riuscita educativa di un evento che per il suo inserimento nel cammino ordinario. In questa prospettiva viene del tutto superata la contrapposizione tra straordinario e ordinario.
 
2. La “forma eucaristica”
L’esperienza. Centro e obiettivo di ogni Giornata mondiale è l’incontro con Cristo, nella chiesa.[1] Benedetto XVI a Colonia ha fatto emergere il Cristo eucaristico, come centro e protagonista. Il mistero eucaristico rende presente un Dio, rivelato nel bambino di Betlemme e nel crocifisso di Gerusalemme, molto diverso da quello che potevamo immaginarci, che agisce in modo ben diverso da quello degli uomini, e in specie dei potenti del mondo. Infatti, con le parole pronunciate sul pane e sul vino nel cenacolo Gesù anticipa la propria morte, «l’accetta nel suo intimo e la trasforma in un’azione di amore». È questa la trasformazione sostanziale, l’unica in grado di suscitare un processo il cui termine è la trasfigurazione del mondo, fino a che Dio sia tutto in tutti (cf. 1Cor 15,28). Il papa ha usato l’immagine della «fissione nucleare portata nel più intimo dell’essere», per indicare questa intima esplosione del bene che vince il male e può davvero suscitare la catena di trasformazioni che cambiano e rinnovano il mondo. La trasformazione fondamentale che avviene nell’eucaristia esige e produce la trasformazione nostra: veniamo cioè uniti a Cristo e al Padre e diventiamo così realmente capaci di sottometterci a Dio, di fare di lui la misura del nostro vivere.
 
Le prospettive. L’esperienza cristiana è esperienza eucaristica, cioè della vita nuova che il Signore risorto dà in dono a coloro che si accostano a lui. Introdurre i giovani alla vita cristiana come “vita eucaristica” è un’importante prospettiva. Ciò consente:
* di sottolineare il carattere relazionale e personale della fede cristiana (il cristianesimo è prima di tutto una persona da incontrare!);
 * di porre il rapporto tra vita e celebrazione (i doni – la vita – sono santificati);
* di presentare la condotta cristiana non in chiave moralistica, ma come esplicazione di un dono e un’esigenza interiore (morale delle virtù);
* di prospettare come “connaturale” all’essere cristiano una “misura alta” della vita cristiana.
Ciò mi pare richieda anche alcune accortezze, soprattutto nel modo (liturgia) con cui il mistero eucaristico entra in comunicazione con il mondo giovanile: questa comunicazione è affidata a noi, ma soprattutto alla vita ordinaria di preghiera delle comunità cristiane.
 
3. Le figure dei magi
L’esperienza. Il riferimento ai magi e al loro “itinerario spirituale”, già ispiratore del messaggio preparatorio alla Giornata, ha caratterizzato in maniera rilevante l’esperienza dei partecipanti a Colonia 2005. Al di là della scelta, pure impegnativa, di far svolgere una “catechesi itinerante” attorno al duomo, centrata sulla venerazione delle reliquie dei Tre Re, il confronto con i magi ha ispirato tutti i discorsi di Benedetto XVI, che ha riproposto il loro cammino di ricerca, scoperta, adorazione e “missione”, come percorso delle giornate colonesi, realizzando, tra l’altro, un articolato midrash sullo scarno racconto matteano. Proponendo la propria riflessione sulla vicenda dei saggi d’oriente, il papa ha cercato costantemente il parallelismo tra la loro vicenda e il vissuto dei giovani pellegrini della GMG, realizzando una narrazione coinvolgente, che ha toccato alcuni temi interessanti:
• la ricerca (della verità, della giustizia, dell'amore);
• l’universalità della chiesa;
• la chiamata di Dio, mistero che coinvolge la vita di ogni cristiano;
• l’adorazione come atteggiamento interiore nel rapporto con Dio;
• la santità, come accoglienza dell’alterità di Dio e forza di trasformazione del mondo;
• la dimensione culturale della fede.
 
Le prospettive. La scelta – impegnativa e non scontata – di Benedetto XVI di giocare l’intera impostazione del suo messaggio ai giovani attorno al riferimento ai magi risulta di grande interesse per alcuni importanti motivi:
1) restituire l’annuncio alla sua fondamentale dimensione biblico-narrativa, che consente di collocare anche la dimensione teologica e quella morale nella cornice di un’esperienza di Dio personale, concreta e storica. La Scrittura, attraverso una lettura storica, sapienziale ed esistenziale delle vicende dei suoi personaggi – uomini e donne che hanno incontrato Dio – diventa viva e affascinante per i giovani;
2) consentire alla proposta di fede di presentarsi in maniera multiforme: biblica, storica, artistica, liturgica, devozionale, esistenziale: nel nostro paese la fede ha lasciato tracce in molteplici aspetti della cultura. La loro riscoperta è una risorsa preziosa per la pastorale giovanile, sia per la pluralità di linguaggi (che consente una migliore assimilazione), sia per la possibilità di offrire delle radici concretamente percepibili alla fede personale;
3) presentare una fede in cammino, secondo la “forma” di un pellegrinaggio mai concluso: forma (ed esperienza) affascinante per i giovani della “spiritualità in movimento”.
 
4. Una fede “a misura alta”
L’esperienza. La prospettiva della santità ha informato tutto lo svolgersi della GMG di Colonia, per il riferimento continuo ai personaggi dei magi e anche ad altre figure di santità. I santi (quelli “colonesi” citati nel Messaggio di Giovanni Paolo II, ma anche numerosi altri) vengono proposti dal papa ai giovani come modelli della pienezza di vita cui accedono gli autentici adoratori del Cristo, ma anche come gli autentici artefici delle trasformazioni “rivoluzionarie” della storia d’Europa, illuminata nei suoi momenti oscuri: «I santi sono i veri riformatori. Ora vorrei esprimerlo in modo ancora più radicale: Solo dai santi, solo da Dio viene la vera rivoluzione, il cambiamento decisivo del mondo».
 
Le prospettive. Dalla GMG, dunque, giungono alla pastorale giovanile alcune sollecitazioni:
a) la pedagogia dei modelli non ha fatto il suo tempo: occorre certamente un modo di presentare le figure di santità meno “agiografico” e più attuale, come anche occorre dirsi che non tutti i santi sono uguali; però è certo che il riferimento a persone capaci di vivere radicalmente la fede è capace di entusiasmare;
b) è necessario radicare sempre più profondamente nell’esperienza di un personale incontro con Cristo ogni dimensione dell’esistenza, anche quelle maggiormente protese verso l’esterno della propria esistenza personale, come l’impegno sociale, culturale e politico; d’altra parte, la spiritualità va protesa alla “rivoluzione”, cioè alla trasformazione del mondo.
 
5. Il volto di una chiesa giovane
L’esperienza. La GMG costituisce per i giovani una preziosa occasione per una feconda esperienza di chiesa. Colonia non ha fatto eccezione: a partire dalla splendida accoglienza delle diocesi tedesche per i giovani (purtroppo pochi!) che hanno iniziato con i “giorni di incontro”, fino all’emozionante incontro conclusivo con il santo padre, passando per l’opportunità di condividere con i propri preti (e a volte con i vescovi) i disagi e le avventure di un’intera settimana (viaggio a parte). Nei suoi discorsi, Benedetto XVI ha sottolineato più volte la singolarità dell’esperienza ecclesiale, proponendo quasi una visione ecclesiologica collegata all’esperienza della GMG:
* GMG come immagine della chiesa: nella varietà dei popoli, nella presenza del successore di Pietro, nella vitalità espressa dei giovani, nella possibilità di sperimentare la misericordia di Cristo;
* GMG come opportunità di ringiovanimento della chiesa per l’apporto dei giovani (reciprocità educativa);
* GMG come educazione all’appartenenza alla chiesa, famiglia, attraversata da difetti e debolezze, dei figli di Dio.
Rispetto a questa tensione, nota stonata è una certa disgregazione ecclesiale che, dopo la bella esperienza di Toronto, è tornata a farsi percepire a Colonia; infatti, accanto alle belle esperienze di partecipazione comune a livello diocesano, interdiocesano e regionale, non sono mancati gruppi e aggregazioni laicali che hanno scelto di partecipare da soli alla GMG, nonostante l’invito del Servizio nazionale a scegliere una modalità maggiormente rispettosa della comunione nella chiesa locale (indicare ai propri aderenti come prioritaria la partecipazione con le proprie diocesi, organizzando una delegazione nazionale e un appuntamento associativo a Colonia). La circostanza è, ovviamente, sintomo della difficoltà a camminare insieme nella vita quotidiana delle chiese locali: da questo punto di vista è forse eccessivo pretendere che la GMG possa da sola invertire una tendenza tanto radicata; sarebbe però importante, proprio in quanto essa si presenta come “icona” della chiesa nella sua relazione con i giovani, che la Giornata mondiale potesse dare un più chiaro segnale di unità.
 
Le prospettive. Rimane urgente pensare e attuare una pastorale giovanile condotta dalla comunità cristiana tutta, luogo storico dell’incontro con Cristo. Da questo punto di vista il futuro ci invita a:
• fare di ogni comunità una casa accogliente per i giovani, stimolando discernimento, progettualità e apertura al mondo giovanile;
• stimolare il protagonismo dei giovani nella vita della comunità cristiana;
• assicurare una feconda interazione tra le generazioni, affinché la carica di rinnovamento di cui i giovani sono portatori possa esprimersi in tutte le dimensioni del vivere ecclesiale;
• stimolare la conoscenza e l’interazione tra le diverse espressioni di chiesa, soprattutto nell’ottica di iniziative “di carattere missionario”.
Tutto ciò richiama gli uffici per la pastorale giovanile a coinvolgersi e ad investire sempre più in un servizio di animazione e di comunione nella comunità cristiana: solo uscendo da una cultura della delega, che porta spesso tanti adulti a disinteressarsi delle giovani generazioni, è pensabile un processo efficace di educazione alla fede entro una società complessa e pluralista.
 
6. Dimensione vocazionale e missionaria
L’esperienza. Rispetto alle precedenti edizioni, due eventi hanno sottolineato la costitutiva natura vocazionale-missionaria della GMG: l’incontro di Benedetto XVI con i seminaristi e il suggestivo rito del “mandato” finale (forse la proposta più riuscita a livello di animazione liturgica). A questi gesti, più che ai discorsi, è stato affidato il compito di richiamare i giovani alla necessità di seguire Cristo e di farsi partecipi della missione della chiesa. Ovviamente, non sono mancati né le esortazioni, né i riferimenti alle sfide che il mondo pone ai giovani credenti in ordine all’evangelizzazione (una religione viziata dall’integralismo o dal “fai-da-te”) e all’edificazione della civiltà dell’amore (la tentazione totalitarista di costruire una società a prescindere dal riferimento a Dio). Si può dire che alle “parole d’ordine” (del tipo Sentinelle del mattino) siano state preferite delle “icone”: di sicuro molto efficaci sul momento, bisognerà vedere se avranno altrettante durata ed efficacia nella pastorale giovanile ordinaria.
Sull’incontro del papa con i seminaristi, che ha avuto un successo superiore alle aspettative, c’è da dire che esso, tra le altre cose, ha avuto il merito di far percepire un dato altrimenti difficilmente rilevabile: la grande partecipazione alla GMG di giovani “in formazione”. Loro, in verità, non sono mai mancati, ma l’impressione è che stavolta si sia trattato di una presenza più ampia e maggiormente “intenzionale”. Se così fosse, oltre che rallegrarsi della cosa, diventerebbe importante pensare alla GMG come ad un’importante occasione formativa (e quindi da trattare secondo logiche educative e progettuali) per quei giovani che costituiranno, da preti, un’importantissima risorsa per la pastorale giovanile delle chiese locali.
 
Le prospettive. Vocazione e missione sono due dimensioni a tutt’oggi un po’ collaterali rispetto alla pastorale giovanile ordinaria. Urge un loro recupero come aspetti ordinari, complementari al cammino di crescita nella fede che viene proposto nei percorsi ordinari di formazione. Infatti:
1. la fede in Cristo è costitutivamente risposta ad una chiamata e si struttura sempre come sequela; la percezione della propria esistenza come vocazione è essenziale per il cristiano; ciò vale per le grandi scelte dello stato di vita ma, ancor prima, per tutte le altre scelte dell’esistenza. In un’epoca in cui i giovani sono chiamati a fare continuamente delle scelte, educare ad uno sguardo vocazionale sulla propria esistenza è importante (e propedeutico alle scelte vocazionali sullo stato di vita). Personalmente, credo che il futuro della pastorale vocazionale passi proprio da questa attenzione vocazionale feriale, che va però supportata dall’accompagnamento personale e da “servizi” di orientamento;
2. la comunicazione della fede non è accessoria alla crescita nella fede e alla vita di fede: si possiede, infatti, la fede che si dona; pensare percorsi nei quali la questione della testimonianza quotidiana (e straordinaria) della propria fede (piccola o grande) sia centrale rispetto al cammino formativo è una sfida che è urgente affrontare. La nota sul primo annuncio potrà essere di aiuto; così come il cammino verso il convegno ecclesiale di Verona.
 
7. L’educazione al dialogo
L’esperienza. Il legame con le figure dei magi, che nel racconto matteano sono gli antesignani dei pagani che si accosteranno alla fede in Cristo, sembra aver dato un particolare stile dialogico alla GMG, sia nei singolari “fuori programma” di Bendetto XVI, che in alcuni accenti dei suoi discorsi ai giovani. L’incontro ecumenico, la visita in sinagoga e l’incontro con i giovani musulmani hanno dato un segnale forte non solo alla stampa, ma anche ai giovani pellegrini. In un contesto internazionale segnato da forti tensioni, l’atteggiamento del papa è stato più eloquente di tante parole, indicando la via del dialogo come strada maestra per la riconciliazione e la pace.
 
Le prospettive. La convivenza con persone di altra religione o confessione sta divenendo un fatto sempre più comune soprattutto per i giovani. La questione non è nuova, ma si sta ponendo in termini di urgenza, perché investe sempre crescenti aspetti del vivere civile, fino a porre in discussione il ruolo della chiesa nella società contemporanea. Mi pare che ciò solleciti la pastorale giovanile in alcune direzioni:
– un possesso critico della fede: oggi i giovani sono continuamente sollecitati al confronto. Cresce nel mondo giovanile l’esigenza di una maggiore padronanza dei contenuti. Benedetto XVI, pubblicando il Compendio del Catechismo della chiesa cattolica, ha messo fortemente in evidenza questo bisogno. Non possiamo nasconderci che nella pastorale giovanile la formazione catechistica ha scarso diritto di cittadinanza: basterebbero i dati di vendita del Catechismo dei giovani a darne prova. Il dopo-Colonia dovrebbe segnare, da questo punto di vista, un’inversione di tendenza, caratterizzata da una nuova attenzione non prima di tutto agli strumenti, ma a nuove modalità per un’organica integrazione della catechesi nei percorsi di educazione alla fede;
– la valorizzazione delle opportunità di conoscenza e di incontro offerti dalla presenza di giovani immigrati di confessione cristiana e di religione diversa;
– la riflessione sul ruolo delle religioni nello stato laico, nella società e nel mondo, secondo un modello di collaborazione e dialogo, alla luce del magistero conciliare.
 
8. La GMG dei media
L’esperienza. Oltre 7.000 giornalisti accreditati: un record assoluto, tale da far sfigurare anche eventi di portata globale, come la caduta del muro di Berlino (dove gli accreditati erano circa 5.000). Oltre il numero, c’è il fenomeno di una GMG che diviene sempre più evento mediatico, con tutto ciò che – in bene e in male – questo significa.
Iniziando dal negativo, va rilevato il crescente rischio di sudditanza mediatica dell’incontro mondiale: alcune scelte tecniche e di programma, soprattutto legate agli eventi papali, hanno di fatto privilegiato il telespettatore sul pellegrino. Un certo svantaggio della fruizione live rispetto alla comoda visione televisiva i pellegrini lo mettono in conto: normalmente è di gran lunga compensato dall’emozione dell’“esserci”; a patto però che le esigenze mediatiche non penalizzino chi è sul posto.
Accanto agli aspetti negativi, ci sono da rilevare due fenomeni di grande positività: in primo luogo, il montare di una “GMG virtuale”, forse non meno partecipata di quella vissuta sul posto; in secondo luogo, il crescente bisogno dei giovani di raccontare, in modo sempre più “professionale”, l’esperienza di un evento percepito come straordinario.
La “GMG virtuale”, soprattutto grazie all’apporto dei media cattolici, si avvicina sempre più a quella reale, consentendo inoltre una sempre maggiore interattività. Per il (giovane) telespettatore o internauta è stato possibile seguire le catechesi, le celebrazioni e i molti incontri del papa; ha potuto assistere a diverse iniziative dello youth festival, oltre che conoscere immagini, pensieri ed emozioni dei pellegrini. Oltre a ciò, si è ripetuto quel fenomeno degli incontri di gruppo “in contemporanea” con la veglia del sabato sera, che si era già massicciamente verificato in occasione di Toronto.
Tra i 7.000 accreditati, oltre ai professionisti e alle testate note, pullulavano i giovani e le testate nuove o “minori”. Aggirandosi per Marienfeld, non era infrequente l’immagine di qualche giovane cronista o operatore intento a riprendere i coetanei o ad intervistare qualche responsabile o “personaggio”. Se la voglia di raccontarsi ha sempre caratterizzato il popolo delle GMG, con Colonia essa ha imboccato la strada della comunicazione “professionale”: a lato degli sms (oggi degli mms), dei diari e delle foto, i giovani oggi narrano la propria esperienza su una vasta rete di siti internet, di testate cartacee locali, di (web) tv… Dietro molti di loro – senza dubbio – l’intuito di qualche direttore intelligente, che mette qualche soldo e un po’ di tecnologia in mano a cronisti in erba, per offrire ai propri lettori o spettatori una GMG vista dal basso, con la fantasia e la serietà di cui i giovani sono capaci.
 
Le prospettive. La pastorale oggi non può trascurare la dimensione mediatica e comunicativa: la comunicazione della fede nell’epoca elettronica – soprattutto per i giovani – passa necessariamente anche attraverso i canali della virtualità.
Da questo punto di vista credo che la pastorale giovanile venga sollecitata ad alcune attenzioni:
* la dimensione mediatica degli eventi ecclesiali: nella progettazione di eventi e percorsi deve entrare l’attenzione alla dimensione comunicativa: il modo con cui si “esce” deve essere progettato con la stessa cura degli altri aspetti;
* la modalità virtuale (che non significa irreale ma non-fisica) della partecipazione alla GMG non può più essere considerata una variabile accessoria, ma deve entrare a pieno titolo nella concezione e nella programmazione pastorale dell’evento (anche se Sidney porrà problemi per il fuso orario);
* ai giovani vanno offrerti sempre maggiori spazi mediatici per comunicare il proprio vissuto e la propria fede. Ciò pone l’esigenza di un investimento formativo, come richiesto dal recente Direttorio per le comunicazioni sociali e come attuato, in via sperimentale, da più di una realtà di pastorale giovanile;
* in tutti i media ecclesiali va pensato uno spazio per i giovani (che parli di loro e in cui loro possono parlare): l’esperienza della pagina di Avvenire è un segno di questa necessità.
 
9. Noi “Italyani”
L’esperienza. L’attenzione alle comunità di origine italiana presenti nei paesi ospitanti la GMG è quasi una tradizione per la pastorale giovanile italiana: sin dalla prima GMG mondiale a Buenos Aires (1987), infatti, si è cercato di stabilire un contatto, sfociato poi in accoglienza generosa ed amichevole, oltre che in qualche evento celebrativo dell’incontro. Col crescere della partecipazione, la cosa ha assunto proporzioni sempre crescenti, fino a culminare nella festa tenutasi al Rheine Energie Stadion al pomeriggio del 17 agosto scorso, che ha visto incontrarsi oltre 50.000 giovani italiani provenienti dalle diverse parti del mondo. Al di là di “Italiani Köln”, la GMG 2005 è stata l’occasione per un’inedita relazione con le comunità emigrate in Europa e nel mondo. Sull’onda della positiva esperienza canadese, infatti, l’attenzione agli italiani nel mondo ha caratterizzato tutto il cammino di avvicinamento a Colonia, con alcuni progetti speciali (il servizio civile di alcune ragazze presso le Missioni cattoliche italiane di Germania, Inghilterra e Belgio; il finanziamento della partecipazione a Colonia di giovani oriundi italiani del Sudamerica; la carovana della “Fiaccola della pace”, che ha interessato alcune comunità italiane di Svizzera, Liechtenstein, Francia e Germania), ma soprattutto con la condivisione del percorso e degli strumenti di preparazione.
 
Le prospettive. Il rapporto con le comunità di connazionali all’estero può divenire una stabile attenzione pastorale, feconda di sviluppi per tutti i soggetti in campo:
– esperienza di scambio tra giovani: soprattutto a livello europeo, le comunità italiane all’estero possono favorire la conoscenza degli altri paesi e preparare una generazioni più consapevole della propria identità europea; d’altra parte, l’interazione può aiutare anche le Missioni cattoliche italiane a rilanciare una pastorale giovanile che incontra molti problemi;
– educazione alla cultura della mobilità: il fenomeno è in crescita esponenziale e chiede di venire vissuto con intelligenza. La mobilità, scelta o subìta, attiva o passiva (accoglienza), è una prospettiva con cui tutti i nostri giovani dovranno fare i conti. L’esperienza delle comunità italiane all’estero può innescare una riflessione e un vissuto assai fecondi per il futuro.
 
Alessandro Amapani
Servizio naz.le past. giovanile
(in rivista 'Settimana')
 
[1] Cf. Ruini C., Prolusione al Consiglio permanente della Cei, Roma, 19 settembre 2005.La Giornata mondiale della gioventù sta diventando, di edizione in edizione, un evento sempre più complesso e articolato; a questa logica – che ha prodotto ad esempio novità quali i “centri di spiritualità” e i “punti di incontro” nell’ambito dello youth festival, non è sfuggito quest’anno neppure il programma papale, che ha compreso, oltre ai tradizionali appuntamenti, una serie di inediti incontri, i quali hanno ulteriormente arricchito di contenuti e di stimoli le giornate colonesi.Alessandro Amapani
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