La maggior parte dei rifugiati sono donne e bambini che non hanno più assolutamente nulla. Non possiamo lasciarli da soli. Abbiamo aperto le porte a migliaia di profughi e sfollati arrivati due giorni fa dal campo di Kanyaruchinya e da altre zone...
Roma, 21 novembre 2012
Carissimi confratelli e gruppi missionari,
ci permettiamo di disturbarvi per un importante aggiornamento sulla situazione nel Nord Kivu nella Repubblica Democratica del Congo, che negli ultimi giorni e nelle ultime ore sta diventando sempre più drammatica.
Migliaia e migliaia di persone in fuga dal conflitto hanno raggiunto il Centro Don Bosco Ngangi di Goma, in cerca di un riparo sicuro dove rifugiarsi, mangiare e riposare.
Al momento in cui vi stiamo scrivendo, sono quasi 10mila le persone arrivate negli ultimi tre giorni al Centro. Secondo il censimento realizzato oggi dagli operatori del Centro Salesiano tra queste 10mila persone, 6mila sono bambini e 111 di loro sono arrivati completamente soli, che si vanno ad aggiungere ai 3.300 che normalmente frequentano Ngangi ogni giorno.
“Abbiamo aperto le porte a migliaia di profughi e sfollati arrivati due giorni fa dal campo di Kanyaruchinya e da altre zone. La tregua prevista nella giornata di ieri, non è durata. Si sentono colpi di fucile, e anche di mortaio o di cannone e i serbatoi vicini all’aeroporto stanno bruciando e l’intervento della MONUSCO, la forza Onu presente nella regione, non è efficace. Perché? Non so fin dove arriverà la follia degli uomini.” racconta Padre Piero Gavioli, direttore del Centro Ngangi a Goma.
Non c'è una risposta alla domanda di Padre Piero, ma sappiamo che la nostra risposta è quella di restare a fianco di chi è vittima del conflitto, di tutte le persone in condizione di vulnerabilità.
Il nostro pensiero e impegno sul campo è rivolto a tutti.
C'è bisogno di acqua e di cibo. Stiamo parlando di un numero di persone in costante aumento, a cui non possiamo e non vogliamo chiudere le porte, che hanno bisogno di protezione e cure.
“La maggior parte dei rifugiati sono donne e bambini che non hanno più assolutamente nulla. Non possiamo lasciarli da soli.” raccontano Monica, Albino e Carmen, volontari restati a Goma.
Vi chiediamo di fare lo stesso UNITEVI A NOI, NON RESTATE A GUARDARE! La comunità salesiana di Don Bosco Ngangi vi ringrazia.
La situazione a Goma, 21 novembre 2012
Giornata calma. In città, allo stadio, riunione generale per i funzionari dello stato, poliziotti, soldati rimasti. Le nuove autorità invitano a riprendere le attività normali: scuole, negozi, banche... si dovrebbero riaprire domani. C’è anche qualche parola di sfida: l’M23, diventato ARC (Armée Révolutionnaire Congolaise) promette di continuare la guerra per arrivare prima a Bukavu e poi a Kinshasa per rovesciare il regime di Kabila.
Seguiamo alla radio le rare notizie che trapelano dall’incontro di Kampala tra i presidenti del Congo, del Ruanda e dell’Uganda. Da quello che sentiamo è un dialogo tra sordi. Ci sembra che i grandi che discutono cercano solo o innanzitutto interessi economici o di prestigio, e si preoccupano poco della tragedia che colpisce la povera gente. In Africa dicono che quando due elefanti si battono, è l’erba che è calpestata. Quelli che “non contano”, nel Kivu, stanno pagando un tributo pesante alla lotta dei grandi. Nel nostro piccolo mondo di Ngangi, due persone sono state uccise da pallotole vaganti: il segretario della comunità cristiana del quartiere e il figlio maggiore di una educatrice del Centro Don Bosco. Non abbiamo ancora le cifre ufficiali dei morti, sappiamo che sono molti. Un medico ci ha detto che nei tre ospedali del nostro settore ci sono un centinaio di feriti gravi, tra cui molti bambini, colpiti da pallotole o da schegge durante la battaglia di lunedì scorso.
A Ngangi ci siamo organizzati per far fronte all’urgenza. Dividiamo i collaboratori in tre gruppi: il primo deve contare quante persone ci sono ancora nel Centro Don Bosco; il secondo deve ascoltare i rifugiati per capire quali sono i loro progetti; il terzo deve reperire i bambini malnutriti che hanno bisogno urgente di cibo. Ci ritroviamo a mezzogiorno, ogni gruppo comunica i dati rilevati:
1° nel Centro Don Bosco, al di fuori degli interni, ci sono 2578 adulti e 4962 bambini: sono senz’altro di più, dato che in mattinata molti giovani e adulti vanno in città in cerca di parenti o di lavoro o di cibo.
2° In stragrande maggiornaza, la gente vuole tornare a casa. Chiede aiuto per il trasporto, un po’ di cibo per i primi giorni, e un telone per ripararsi dalla pioggia: non sanno se la casa o la capanna che hanno lasciato al villaggio ha ancora un tetto.
3° I bambini malnutriti che hanno bisogno di un supplemente calorifico sono 316. Diamo loro biscotti energetici e una pappina di “masoso” (mais, soia, sorgo).
Riceviamo la visita di organismi internazionali e di ONG : gli esperti e funzionari stranieri erao stati evacuati in Ruanda, ora sono di ritorno. Il CICR (Comitato Internazionale della Croce Rossa)ci ha bortato medicinali e ci promette un’autobotte di acqua; il PAM (Programma Alimentare Mondiale) viene a controllare le nostre scorte e ci dirè se può portarci cibo; MSF (Medici senza frontiera) porta altri medicinali e assicura la sua presenza in caso di urgenza; War Child manderà tutta la sua équipe per darci una mano. La Protezione civile congolese passa ad informarsi sul numero di rifugiati, e ci dice che possiamo portare i feriti in un ospedale della città dove saranno curati gratis. Affidiamo loro una signora che si è rotta una gamba cadendo nel tentativo di scappare agli spari.
Riceviamo, per telefono o posta elettronica, molti messaggi di solidarietà e di condivisione da parte di amici vicini o lontani: sentiamo che non siamo soli. Un grazie di cuore a tutti.
Verso le 18, il quartiere di Ngangi è colpito da un acquazzone solenne, che mette un po’ a disagio i profughi, ma che ci permette di riempire la cisterna del Centro. La pioggia è un segno di benedizione, che purifica e feconda la terra. Chiediamo al Signore che il sangue di tutti morti e la sofferenza di tutti gli innocenti purifichino la terra del Nord Kivu e trasformino le ferite in sorgente di vita.
Carola Carazzone, Piero Gavioli
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