La vita è l'unica cosa stupefacente ! da Giovani per i Giovani

Il mondo della droga, tristemente famoso e quotidiano, continua a essere una delle piaghe del nostro tempo. Le sostanze stupefacenti sono, come altre dipendenze “cattive”, i padroni di molte persone. Se è vero che capire aiuta a non sbagliare, chiediamoci perché una persona diventa dipendente... o meglio, lo chiediamo a una psicologa, a un prete salesiano, a una madre di una ragazza in difficoltà e a un ragazzo che ha fatto uso di droga.

La vita è l’unica cosa stupefacente ! da Giovani per i Giovani

da GxG Magazine

del 13 ottobre 2005

 

Il mondo della droga

Una foto che ritrae la modella britannica Kate Moss che sniffa cocaina, l’arresto dell’attore italiano Paolo Calissano, le vicende di Lapo Elkann e immancabilmente l’argomento “droga” torna con prepotenza alla ribalta. Con “prepotenza” perché in maniera soft non smette mai di fare notizia. I giornali propongono quasi ogni giorno articoli sulla droga che parlano di arresti, di sequestri, di spaccio, di omicidi, di overdose. Questo “mondo” sembra avere molti volti: lo sballo di “normali” super-uomini, lo spaccio, gli arresti, i furti, le violenze famigliari e randagie; ma anche l’altra faccia, quella della sofferenza, della solitudine, delle frustrazioni e della tristezza; per quelli che provano ad uscirne, un mondo di fatica e di riscatto.

 

Il tunnel

Chi ormai non ha mai sentito parlare del tunnel della droga? Il problema è che spesso o si ha un’idea molto aleatoria del mondo delle sostanze stupefacenti, o la si conosce troppo bene. Ma cos’è la droga? Un normale dizionario la definisce “sostanza capace di provocare modificazioni più o meno temporanee e dannose sull’equilibrio psico-fisico di chi la assume”.

Chi ne è in qualche modo a contatto ha una percezione ben più dolorosa di questa fredda e sintetica definizione. Solo uno spunto: quanto tempo si passa in palestra per essere sani, quanto tempo si dedica davanti ad uno specchio per farsi belli... quanto ci teniamo alla nostra salute e al nostro aspetto! È una cosa strana dunque pensare che molte persone, nonostante ormai si conoscano gli effetti devastanti provocati dall’assunzione di stupefacenti, accettino consapevolmente di introdurre (in qualsiasi modo) nel proprio corpo una sostanza che fa così male. Tutte le droghe infatti fanno male. La famosa distinzione tra “droga leggera” e “droga pesante”, che si differenziano perché producono effetti più o meno gravi, è molto pericolosa. Sfatiamo subito il mito che la droga leggera non provoca dipendenza. Certo, è una dipendenza più velata e non ci sono (ma a volte anche sì) scene hollywoodiane di astinenza. Ma se una persona ci pensa spesso e ha bisogno di prenderla per sentirsi bene, per sentirsi a suo agio... questa è già una dipendenza. L’astinenza e la dipendenza sono gli aspetti spiacevoli della droga, quelli che si capiscono dopo. Naturalmente però l’assunzione della droga regala momenti di piacere molto intensi (proprio quelli che spesso queste persone non riescono a trovare in altre cose). La sensazione di benessere è di una intensità fortissima, “stupefacente”. È questo piacere che si insegue continuamente e da cui non ci si riesce a staccare; qui una persona perde il suo controllo e diviene dipendente.

Chi è dunque il tossicodipendente? Propongo questa definizione (solo per semplificare, consapevole dell’impossibilità di darne un’ “etichetta” generale): è la persona che fa uso di droga e, anche nei casi in cui razionalmente desidera smettere (alla fine dell’effetto “piacevole” ci sono molti altri “effetti indesiderati”) non riesce a farlo. Prima una volta al mese, poi una alla settimana, poi sempre più spesso. Finché non si riesce a starne senza: ed ecco la dipendenza. Così molte persone “entrano nel tunnel”. Ma il viaggio in questo tunnel spesso è… di sola andata.

 

La possibilità di riscatto

È veramente difficile tornare indietro e dire no. Per fortuna esistono delle strutture apposite che aiutano il tossicodipendente in questa titanica fatica. Non si parla solo di astinenza fisica, che, pur spiacevolissima, dopo un po’ passa. Si deve pulire la testa (o forse il cuore?!) dal significato dalla sostanza.

 

La possibilità di prevenzione

Il modo che sembra più efficace per evitare il problema sembra essere la prevenzione con la spiegazione degli effetti dannosi della droga, cosa che di solito di solito viene fatta a livello di scuola. In verità la sola informazione è certamente molto utile, ma insufficiente se non è preso sul serio l’aspetto educativo globale che è l’unico capace di offrire esperienze, incontri, simboli, riti e valori vissuti in grado di propiziare una crescita buona dei desideri della persona.

L’Associazione salesiana “La Viarte”, ad esempio, dedica una parte della sua opera educativa globale a progetti di intervento nelle scuole. “Si basa sull’idea di creare uno spazio protetto per i ragazzi in cui si possa parlare prima di tutto di loro, del loro essere persone nel mondo. I primi due incontri del progetto sono quindi indirizzati ad una riflessione dei ragazzi sull’importanza dell’essere a scapito dell’avere, sull’importanza di sentirsi “ok” nelle relazioni, sulla difficoltà del sentirsi diversi. Infine, l’ultimo incontro, attraverso la testimonianza, i ragazzi possono sentire e parlare con una persona che è uscita dal tunnel. Avvicinarsi ad un dramma umano fa riflettere moltissimo i ragazzi sulle dipendenze, più di quanto possa fare una lezione magistrale di esplicazione di tutte le sostanze psicoattive e dei loro effetti sulla persona” (dott.ssa Laura Bortolossi, collaboratrice al progetto di intervento nelle scuole “La vita è l’unica cosa stupefacente”).

 

La dipendenza e le dipendenze

Abbiamo detto qualcosa della droga e della tossicodipendenza. Forse si tende a pensare subito alla droga quando si parla di dipendenze perché è quella che apparentemente è causa di tremende morti. Ma… anche l’alcol uccide! E forse più delle altre droghe. In modo diverso, non si va in overdose per l’alcol, ma sono numerosissimi gli incidenti stradali causati dalla guida in stato di ebbrezza. Per non parlare delle morti naturali causate dal bere; il corpo non è una macchina. E cede. Anche nell’alcol l’instaurarsi della dipendenza è legato alla necessità di aumentare sempre più le dosi per ottenere gli stessi effetti desiderati. Intanto il fegato lavora e riesce a disintossicare sempre più alcol. La tolleranza però, raggiunto un livello, decresce. E incominciano disturbi molto gravi, prima al fegato, poi al cervello.

Ci sono ancora molte altre dipendenze “cattive”: il gioco d’azzardo, un certo modo di vivere la sessualità, la moda, la tv, il fumo, il furto, i soldi, l’immagine di sé…

Tutte accomunate da un’unica domanda: perché si cade?

 

LA PAROLA A…

La psicologa: Laura Bortolossi

Trovare una risposta generale è molto difficile e chiama in causa diverse discipline: psicologia, sociologia, medicina, ma perfino economia. Premetto che di solito sono i giovani e gli adolescenti a subire il fascino delle sostanze e quindi a incorrere nel pericolo “dipendenza”.

Una delle cause è l’insicurezza e la difficoltà ad accettare l’imperfezione. Sembra come che alcuni ragazzi e alcuni giovani debbano lottare contro un’immagine idealizzata che devono raggiungere a tutti i costi, pena la frustrazione e la non accettazione di sé stessi, ed ecco il prevalere dell’avere sull’essere. Non essere estremamente intelligenti, non avere un guardaroba firmato e all’ultima moda, non essere magrissime e con i capelli lisci e lucenti oppure muscolosi e abbronzati crea un sacco di piccole e grandi ferite che i ragazzi curano con lo sballo. Come a dire: “Se non posso essere perfetto, allora sarò estremamente imperfetto, sbandato, ribelle”.

Un altro aspetto è quello del trasgredire: le regole dei genitori, degli insegnanti, della società, per verificare in prima persona il potere di questi e il proprio su di loro. Per questo diventano importantissime le regole e il loro rispetto.

Le persone che ricorrono alla droga sono inoltre insicure, alienate, e presentano sentimenti depressivi e livelli alti di stress. Sono coinvolte in una pluralità di comportamenti a rischio. Trascorrono il loro tempo libero fuori casa, in gruppi informali e senza progettualità (andare  in giro senza una meta o stare seduti al bar senza fare nulla), che non sia lo svago (sala giochi, discoteche).

Nella famiglia non vedono un sostegno, un punto di riferimento anche perché spesso si è realizzata una frattura culturale tra genitori e figli. L’uso di sostanze psicoattive ha essenzialmente la funzione di fuga e di evasione dalla realtà, dalle difficoltà e dalle responsabilità. Questi giovani quindi prediligono le vie di fuga dalle difficoltà e dalle proprie capacità di farvi fronte in modo adattivo (coping) attraverso la ricerca di sensazioni forti come quelle provocate dallo sballo.

È fondamentale creare una rete forte di protezione caratterizzata dalla famiglia, dalla scuola, dalla comunità per trasmettere il messaggio che diventare adulti significa impegno e non fuga, strada faticosa e non scorciatoia.

Ultimamente i modelli televisivi e sportivi richiamano ad uno standard di successo caratterizzato da facili guadagni, perfezione, banalità e ignoranza. Ma non è con questo che ci si costruisce il proprio futuro di adulto integrato nella società. Il dare tutto e subito non aiuta i ragazzi a capire che dietro ad una conquista c’è la fatica, il lavoro, lo studio, l’impegno. È importante che ogni ricompensa abbia un giusto legame con un successo del ragazzo. Altrimenti al primo insuccesso sarà più facile rifugiarsi nell’oblio e nella facile contentezza di uno spinello o di un’ubriacatura.

 

Il salesiano: Don Gian Paolo Somacale

Sembra che le generazioni di questo momento siano insoddisfatte sia di sé che del mondo che le circonda. Una generazione debole nella propria personalità. Sembra quasi che il lasciarsi strumentalizzare sia un look, un modo per risolvere i problemi, per dare un’immagine di se diversa dal reale. Una persona che cade in una qualsiasi dipendenza non si accetta, vuole apparire un’altra. La dipendenza può essere benissimo considerata come una conseguenza di quando ci allontaniamo dalla via che ci indica Gesù. Egli ci dice: “Ama il prossimo tuo come te stesso”. Chi è dipendente non si ama come Dio ci ha insegnato, si fa del male. E non riesce nemmeno ad amare gli altri. Le relazioni che instaura non profumano di affetto e sincerità, ma sono contaminate dalla ricerca del profitto, dall’egoismo, dalla falsità. Uscire dalla dipendenza si può. Come? Radicandosi in Cristo, nella preghiera, nella fraternità, scoprendo la bellezza dei doni che Dio ci fa, soprattutto il perdono, segno che ci accoglie proprio così come siamo, non come ci sforziamo di apparire, guardando la vita con gratitudine e non con risentimento.

 

Dalla lettera di una mamma alla figlia che ha avuto le prime esperienze con l’alcol e la droga

“Divertiti, goditi e ama la vita. Trova in te stessa le forze per viverla al meglio. So che sei una ragazza che ha già realizzato molto. Cancella i “buchi neri” della tua vita; sei sempre stata amata. Metti “a fuoco” l’amore che hai ricevuto, metti nello zaino quello che hai realizzato, butta via quello che non va.

Ora sta a te dimostrare che sei capace di superare gli scivoloni. Ti sentirai forte e orgogliosa perché superare i propri scivoloni è segno di fortezza e non di debolezza. Stai attenta a non ritenerti al di sopra di ogni pericolo o rischio, non cadere neppure nell’errore fatto da molti di dire e pensare che è l’ultima volta perché sono forte e posso smettere quando voglio. L’uso di droghe o l’abuso di alcol non ci rende più padroni di noi. Smetti subito, non bere, non comprare spinelli, non avere paura di dire di no se ti vengono offerti, per carità smetti subito, non ti concedere eccezioni. Sii forte, quale io ti conosco e parti tranquilla per la vita. Sono certa che ce la puoi fare. Puoi volare in alto”.

 

Un ragazzo tossicodipendente

Mi chiamo D., ho 22 anni. Sono in comunità per la seconda volta.

Ho cominciato ad assumere droghe a 12 anni con la marijuana. L’ho conosciuta per caso. Ero un ragazzo (o meglio dire bambino?) come gli altri, avevo compagnie “normali”, frequentavo anche l'oratorio del mio paese. Un giorno, fuori da casa mia, ho visto un ragazzo. L’avevo già visto spesso dalle mie parti. Io sono una persona socievole e mi sono avvicinato. Ho visto che aveva in mano qualcosa e gli ho chiesto: “Cos'è quello?” (io avevo già fumato qualche sigaretta, ma era la prima volta che vedevo una canna di marijuana). Lui mi ha risposto semplicemente: “È  una canna”. Io incuriosito gli ho chiesto: “E com'è?”. Lui ha risposto: “È una cosa che ti rilassa”. Allora io gli ho chiesto se mi faceva provare e lui tranquillamente mi ha detto sì.  

·       Rilassa davvero?

Ti da un senso un po' di sonnolenza, ti si abbassano le palpebre. Se sei da solo sei così rilassato che riesci a addormentarti, se sei in compagnia hai la risata facile. Ti disinibisci e quindi non ti fai problemi di stare attento a come ti comporti, senza pensare agli altri che ti guardano.

·       Dopo la prima canna, hai cercato subito delle altre?

Sì. Sempre tramite il mio nuovo amico sono entrato a far parte di un’altra compagnia. Ci trovavamo tutte le sere, estate e inverno, alle 20.30 circa e si rimaneva lì a fumare fino alle 2.

·       A casa tua se ne sono accorti?

No. E in più per comprarmele non avevo bisogno dei loro soldi perchè comunque è la droga più economica e perchè in compagnia ce n'era a palate.

·       Chi ti spacciava la droga?

..io. E per me era anche una cosa importante perchè ero il più piccolo della compagnia (quando ho iniziato a spacciare avevo circa 13 anni, l'età media era intorno ai 20). L'altro spacciatore della compagnia era il più vecchio e aveva 33 anni. In una serata in media tiravamo su un milione di lire (parlo di 9 anni fa). Con l'andare del tempo il giro si è ingrandito sempre di più.

·       Hai fatto uso solo di marijuana?

No. Ho provato molte altre droghe. Ecco la mia scaletta: dopo la marijuana ho cominciato a sniffare cocaina (questa è la “droga dei ricchi” perchè costa un sacco, ma spacciando non avevo problemi di soldi). Poi l'ecstasy, gli acidi (“trip”) e poi l'ultimo scalino: l'eroina.

·       Perchè hai spaziato su tante droghe?

Perchè gli altri mi dicevano che ogni droga aveva un effetto diverso e addirittura più piacevole. Ad esempio la cocaina ti disinibisce totalmente e ti da un senso di forza che quasi non hai paura di niente. Lo stesso vale per l'ecstasy, sono tutte e due degli eccitanti, la differenza però è che l'ecstasy ti rallenta tutti i sensi. Queste sono alcune delle reazioni, poi dipende dalla persona e se accompagni la droga o meno con altre cose. Per ultima 'eroina. La più tremenda. Lo dice il nome. Non sei tu che comandi; è lei. Sia che la sniffi, sia che te la spari in vena.

·       Quando ti sei accorto ormai di essere dipendente?

È successo con l'eroina. Bastano solo 4 volte. Poi c'è la dipendenza. Quindi ti fai tutti i giorni, altrimenti stai male. Ti lacrimano gli occhi, sbadigli in continuazione, ti tirano i nervi delle gambe, mal di schiene e le ossa, attacchi di diarrea, non riesci a dormire, hai sudori freddi e caldi allo stesso tempo, brividi, sforzi di vomito e non mangi niente.

·       Con tutti questi effetti, allora perchè farsi?

Perchè l'effetto è talmente bello, rilassante e piacevole che anche se solo per qualche ora ti va di farlo senza pensare alle conseguenze. E devi anche contare il fatto che devi assumerne sempre di più per ottenere l’effetto desiderato.

·       Quando si sono accorti i tuoi? E come hanno reagito?

I miei sono venuti a saperlo 2 volte, ma non sono stato io a dirglielo. La prima volta sono stati i carabinieri che mi avevano beccato con la marijuana. Poi delle altre droghe non si sono accorti. Fino a quando non ho iniziato con l’eroina. Sono venuti a saperlo con una telefonata dall'ospedale che li avvisava che io, che ero ancora minorenne, ero in ospedale per overdose.

·       Secondo te perchè sei caduto?

Alla fine per curiosità, per gioco. Che poi... altro che gioco! Ho perso io.

·       Quando hai deciso di uscirne?

Dopo l’overdose mi sono iscritto al Sert (Servizi per la tossicodipendenza). Lì mi davano metadone, ma era un rimpiazzo. Ma non bastava e allora cercavo altre soluzioni. Anche il metadone da dipendenza ed è ancora più difficile da smaltire.

Quando avevo 18 anni mi sono accorto che non ce la facevo più a stare a casa in quella situazione. Il rapporto con i miei andava malissimo: io rubavo in casa per farmi, qualunque cosa trovassi. Il Sert mi ha proposto una comunità ed io ho accettato. Non è che è da 4 anni che son qua… Ci sono stato una prima volta dai 18 ai 21. Poi, finito il programma sono tornato a casa. Dopo 8 mesi tornavo in comunità. Questo per dire che non è facile. Quando sono uscito mi sentivo proprio tranquillo; avevo trovato una ragazza, una compagnia nuova di ragazzi “tranquilli” e nonostante tutto evidentemente ero ancora debole per affrontare la vita fuori e, dopo 6 mesi che ero uscito da comunità, mi è la tornata la voglia di farmi.

·       Perchè hai accettato di fare l'intervista e cosa vuoi dire a quelli che la leggono?

Perchè mi va di portare la mia esperienza di tossicodipendenza cercando di trasmettere quanto sia difficile uscire dal tunnel. Il gioco non vale la candela; provando ti sembra tutto bello, un'altra vita, ti sembra di non aver problemi e quindi continui. Ma quando arrivi a un limite ti riscontri con la tua vera vita e con tutti i problemi che avevi già e che hai solo fatto finta di non vedere. In più ora ne hai aggiunti degli altri. È come una frana che ti cade addosso. Non sai più che fare. È facile cadere; rialzarsi no.

Grazia Taverna

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