La vita è sempre degna, anche quando mostra la sua fragilità

C’ è il rischio che passi una cultura che non accetta la debolezza dell’ essere umano. Già oggi è possibile morire senza essere torturati dal dolore. L'editoriale di monsignor Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita

Con la raccolta di firme per il referendum sull’ eutanasia ho timore che cresca l’ assuefazione a una concezione “vitalistica” della vita: tutto ciò che non corrisponde a una certa condizione “vitale”, “efficiente”, della salute non è degno. E può essere eliminato. Chi si trova in una condizione difficile può pensare che una vita così non sia degna. Certo è che così si fatica a riconoscere che la “debolezza” (anche grave) dell’ essere umano permette di vivere e non solo di sopravvivere, solo se ci prendiamo cura gli uni degli altri. Questa cura reciproca ci fa riconoscere come fratelli e sorelle anche nei momenti difficili. Di fronte alle posizioni contrarie al referendum alcuni hanno parlato di ira e di sdegno del Vaticano. In realtà la posizione della Chiesa è animata dalla responsabilità di comunicare una convinzione che riguarda valori fondamentali per la convivenza umana. Certamente il referendum è uno strumento importante della vita democratica e può sollecitare il Parlamento a legiferare su argomenti che lo richiedono.

Ma auspico che, su temi delicati e cruciali come quello dell’ eutanasia, ci sia un effettivo dialogo e una conoscenza adeguata da parte di tutti: ciascuno (realtà religiose comprese) deve poter esprimere le proprie opinioni, tanto più in casi come questi nei quali la materia è delicata e complessa. Non può essere risolta con una battaglia ideologica e divisiva. Molti sono i risvolti: si deve capire per esempio se il soggetto che chiede l’ eutanasia vuole davvero morire o solo che gli venga tolto il dolore. Là dove questo è stato chiarito, la domanda di eutanasia è calata drasticamente. Si deve dire, inoltre, che oggi la scienza prevede cure che tolgono il dolore provocato da qualunque tipo di malattia o infermità fino alla fine. Certo, la ricerca sul dolore va perfezionata ancora. E le cure palliative vanno garantite a tutti e gratuitamente. Ma c’ è bisogno di più informazione. In Italia già da ora è possibile morire senza essere torturati dal dolore. E dobbiamo stare attenti a non lavarci le mani con una legge sull’ eutanasia che rischierebbe di estendere una “sentenza di morte” a livello generalizzato, magari anche per fini strumentali, persino economici, come potrebbe essere il risparmio sui ricoveri. La Chiesa – ma anche ogni umanesimo da Ippocrate in poi – non può accettare di “togliere la vita” a nessuno. E un conto è “uccidere” (questa è l’ eutanasia), altra cosa è “lasciar morire” (no all’ accanimento terapeutico e sì ad accompagnare). Una lode meritano coloro – sono molti e non fanno notizia – che stanno accanto a tanti malati terminali o in gravi condizioni, senza abbandonarli, sentendo degna anche quella vita. Nell’ amore si comprendono molte cose.

 

di Monsignor Vincenzo Paglia

 


Testo tratto da m.famigliacristiana.it

Immagine tratta da open.online

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