Le parole di un giovane eritreo, perché a volte capita che a chi scrive per mestiere manchino le parole, perché ci sono momenti impossibili da raccontare se non si son vissuti...
Guardate cosa c'è oltre le nostre parole, i nostri articoli, le storie che raccontiamo ogni volta che s'inabissa un barcone… Guardate questi corpi che si abbracciano, in fondo al mare… I corpi abbracciati dei migranti vittime della strage del 3 ottobre 2013 in Sicilia. Su uno sfondo azzurro, bello, dove intorno sembrano nuotare anche i pesci o forse sono solo piccole boe trascinate giù dalle correnti.
Dopo aver visto l’inimmaginabile abbraccio in fondo al mare, abbiamo scelto le parole di un giovane eritreo, autore del libro (autoprodotto) Rinnovarsi in segni…erranti, perché a volte capita che anche a chi scrive per mestiere manchino le parole, tutte suonino come già dette; perché ci sono momenti impossibili da raccontare se non si son vissuti, se l’angoscia o la gioia di sfiorarli non c’è passata accanto, e allora oggi la nostra newsletter s’intitola Lettera dal fondale del Mediterraneo e la scrive Hamid Barole Abdu.
Cara mamma, ti scrivo da un acquario
uno spazio infinito senza mormorio
dove tutti dormono sonni profondi
come le mummie dei faraoni.
Qui il tempo non è scandito da notte e dì
C’è tanta pace, è una vita da angeli
un vero Paradiso nel fondale marino,
si vive senza acqua e senza cibo
non si lavora e non si fa alcuna attività
ci si rilassa in eternità.
Cara mamma, ti chiedo scusa
quando me ne andai non dissi nulla
la partenza fu per me uno scherzo
avrei voluto salutarti e darti tanti baci,
farmi stringere dai tuoi abbracci
come hai sempre fatto prima che io uscissi
per andare a scuola o per giocare.
So che mi perdonerai
nelle preghiere mi ricorderai.
Cara mamma, ho tanta voglia di scriverti,
le mie avventure sono tante:
era la prima volta che salpavo sul barcone
con altri coetanei del quartiere.
Il mare era sereno con un bel sole
l’alba silenziosa senza parole
gabbiani sopra le nostre teste volavano
a modo loro ci auguravano buon viaggio.
Dopo alcuni giorni senza acqua né cibo
con gli occhi sbarrati notte e giorno.
Il barcone in mezzo al mare
il motore smise di funzionare.
Le nostre risate furono interrotte dal panico
onde alte iniziarono a farci sollevare,
e tutti coperti dal barcone rovesciato
nessuno di noi sapeva nuotare
e così fummo risucchiati in fondo al mare.
Cara mamma, ti ricordi quando ero bambino,
una gran paura avevo dell’acqua
persino nella bacinella non volevo lavarmi
mi versavi l’acqua con i piedi inchiodati per terra.
Cara mamma, ti scrivo da qui: dal fondale abitato da gente di tutto il mondo
piccoli, adulti e famiglie intere
una grande comunità
scheletri nel limbo in fondo al mare.
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