Marcia della Pace

Come tutte le manifestazioni per la pace anche questa servirà per chiamarsi fuori dalle logiche di guerra. Servirà per dire ai governanti: “fate le vostre porcherie senza di noi. Noi ci dissociamo dallo scempio che è sempre la guerra” (Erri de Luca).

Marcia della Pace

da Attualità

del 11 settembre 2005

Al via la Perugia-Assisi

 

Ieri a Palazzo dei Priori a Perugia all'Assemblea dell'Onu dei Popoli 'Salviamo l'Onu', che si svolge prima della Marcia della Pace, si è parlato di guerra e terrorismo cercando di individuare una possibile via d'uscita dalla spirale della violenza che rende il nostro mondo sempre più disperato, affamato, violento e violentato.

 

All'incontro coordinato da Tonio Dall'Olio di Libera, Antonio Papisca dell'Università di Padova, Francesco ANfossi, giornalsita di Famiglai Cristiana, Giovanna Botteri, giornalista del TG 3, sono intervenuti i circa 200 ospiti internazionali e Giuliana Sgrena, giornalista del Manifesto.

 

“Andando in Iraq per seguire la guerra preventiva e poi le elezioni sapevo che il conflitto sarebbe degenerato. Ma non immaginavo fino a che punto. Quando sono stata rapita da chi diceva di lottare per liberare il proprio paese, mi sono sentita ostaggio delle mie stesse convinzioni”: è quanto ha dichiarato la Sgrena davanti alla assemblea dell'Onu dei Popoli.

 

Anche l'inviata del tg 3 Giovanna Botteri ha parlato della sua esperienza come inviata di guerra. “I giornalisti che sono in Iraq non stanno dalla parte né dei terroristi né dei militari né di qualunque parte in conflitto – ha dettola Botteri – ma stanno dalla parte della società civile, con i deboli che subiscono la guerra e non la fanno”.

 

La Sgrena, che è stata lungamente applaudita e accolta dai tanti ospiti internazionali che l'hanno conosciuta lungo la sua esperienza di inviata di guerra in diversi paesi, ha parlato soprattutto della sua vicenda in Iraq: “Nessuno delle parte in conflitto vuole testimoni, ma io sono convinta che ci sia chi invece li vuole ed è la società civile, che in questo momento è disarmata”. E ha continuato, parlando del cosiddetto cammino verso la democrazia di quel paese: “Si parla di democratizzazione dell'Iraq, ma com'è possibile, se non c'è libertà di informare?”, dichiarandosi disposta a tornare a informare su quanto accade a Baghdad.

 

La Botteri ha ripreso l'argomento dell'assenza di gran parte dei media italiani e internazionali dall'Iraq e in generale della crescente difficoltà per i giornalisti di continuare a informare dalle situazioni di conflitto, lanciando un appello: “Chiedo a questa Assemblea di aiutarci a fare il nostro lavoro di giornalisti”.

 

Giuliana Sgrena e Giovanna Botteri hanno partecipato in serata a un incontro con i ragazzi riuniti a Terni per la Seconda Assemblea dell'Onu dei Giovani.

 

' Da 30 anni in Angola i bambini combattono una delle tante guerre dimenticate. E' un affronto ai diritti umani. Quando un bambino di 6 mesi, sventrato, ti muore in braccio senza che tu possa fare niente, cambia il tuo concetto di guerra. Ai bambini dell'Angola, l'unica cosa che la società sta dando è la guerra' ha detto Padre Josè Adriano Ukwatchali. Questa una delle tante voci internazionali che si sono susseguite oggi alla Sala dei Notari durante la sessione 'Contro il flagello della guerra e del terrorismo: che fare ora?'.

 

Anjelique Kipulu della Repubblica Democratica del Congo: 'Sono felice di poter parlare del mio paese e della guerra che lo sta devastando perchè della guerra in Congo non parla nessuno. Abbiamo bisogno di richiamare l'attenzione della comunità internazionale sulla guerra perché vogliamo la pace.'

 

Nella sessione parallela dedicata al futuro del commercio tra giustizia e diritti umani, inoltre, Antonio Tricarico della Campagna per la riforma della Banca Mondiale ' L'impatto delle politiche commerciali del WTO sono chiare a tutti non solo nel sud del mondo, ma anche nel nord. Ora la società civile e gli enti locali sono pronti per portare proposte alternative alla conferenza ministeriale del WTO che si terrà ad Hong Kong dal 13 al 18 dicembre'.

 

 

Serve marciare? Un forum con Erri De Luca, lo scrittore pi√π amato dal popolo arcobaleno.

 

Serve una marcia? Sì, per chiamarsi fuori dalla guerra. La giustizia? Prendiamo esempio dal Dio delle Scritture che mandò la manna. La politica? Si è ormai ridotta a funzione burocratica incapace di ensare il futuro.

Il futuro? Una cosa da meticci e quindi vitale. Che fare? Scatenare il sentimento di fraternità e riprovare a sentire lo schifo della guerra.

 

A Milano per una presentazione del suo libro Solo andata. Righe che vanno troppo spesso a capo (edito da Feltrinelli e consigliato ai nostri lettori a inizio estate), Erri De Luca ci viene a trovare in redazione. è l'occasione per un confronto (vivacissimo), alla vigilia della Marcia della Pace Perugia-Assisi. Una Marcia convocata in occasione del 60° anniversario della fondazione delle Nazioni Unite, e a cinque anni dal Vertice che aveva visto tutti i leader del mondo sottoscrivere la “Dichiarazione del Millennio” contenente precisi impegni per promuovere la pace, la sicurezza e la giustizia nel mondo. Si discute di come coniugare giustizia e pace, diritto ed equità. E innazitutto ci si chiede cosa possa significare, oggi, rimettersi in marcia e chiedere che miseria e guerra vengano bandite.

 

Erri De Luca: Come tutte le manifestazioni per la pace anche questa servirà per chiamarsi fuori dalle logiche di guerra. Servirà per dire ai governanti: “fate le vostre porcherie senza di noi. Noi ci dissociamo dallo scempio che è sempre la guerra”.

 

Vita: Una visione realistica, ma questo basta? Come costruire la pace dopo esserci dissociati dalla guerra?

De Luca: La pace è solo il momento in cui la guerra smette per troppo scempio, per insostenibilità e non sopportazione da parte dell'umanità. La pace è l'intercapedine che si apre tra due guerre. A noi sta il compito di allargare questa intercapedine.

 

Vita: Non dovrebbe bastare il diritto alla voglia di pace dell'uomo?

De Luca: Il diritto nasce dalla forza, dal bisogno di esercitare una forza a nome collettivo per superare la fase della forza a titolo individuale. La Scrittura Sacra che parla di occhio per occhio sta stabilendo un calmiere alle ritorsioni, sta dicendo che per una lesione si paga l'equivalente di un'altra lesione, non di altre due o tre; sta esercitando un prezzario della lesione, un rimborso cioè della lesione, e lo stabilisce perché altrimenti la contabilità è arbitraria. Le faide accadono quando non si è stabilito l'occhio per occhio. Il diritto, quindi, nasce dal bisogno di una comunità di darsi una forza impersonale, comune, nella quale tutti si possono riconoscere. Il diritto nasce quando si attribuisce ad un'istituzione il monopolio della forza: una volta stabilito questo si può organizzare intorno una società. Tutte le volte che il monopolio della forza è esercitato in maniera di parte, parziale innesca la ritorsione, lo squilibrio e non c'è nessuno squilibrio che tenga. Quando i rapporti di forza sono molto sbilanciati non rimangono fermi, avviene un riequilibrio, prima o poi, attraverso l'esercizio della violenza. Non c'è niente di peggio in una società che avere un monopolio della forza usato per scopi di parte.

 

Vita: Quanto il diritto ha a che fare con la giustizia?

De Luca: Io credo che il sentimento più forte di una comunità, quello che la tiene insieme o che la disgrega, è il sentimento di giustizia, di giustizia distributiva. La Scrittura Sacra si occupa molto di giustizia distributiva perché sa che quello è il nervo di ogni tenuta. Le leggi che permettono ai poveri di entrare nel campo del proprietario e sfamarsi senza portare via niente, senza, cioè, avere un recipiente, ma semplicemente di sfamarsi; le leggi che obbligano il proprietario a lasciare addirittura una parte del suo campo alla raccolta fatta dai più poveri, la legge che obbliga a non racimolare i resti del raccolto quando sono passati i falciatori ma a lasciare il racimolo ai poveri che vengono dietro. Insomma tutto questo è una premura di distribuzione che proviene direttamente dalla prima distribuzione generale di sostentamento che è la manna.

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