Tutti siamo in cerca di felicità, di gioia, di star bene, di sentirci a nostro agio; ci fa paura il dolore, non vogliamo sentir parlare di sacrifici. Vi dicono tutti che voi giovani siete senza spirito di sacrificio, che scansate gli impegni, che vi fa fastidio tutto quello che costa, che preferite farvi servire anziché mettervi a servizio... e...
del 01 novembre 2005
 
Mi dici se c’è qualcosa
che mi può dare gioia?
 
Il samaritano
(Lc 10, 29-37 )
 Lettura
Ma quegli, volendo giustificarsi, disse a Gesù: “E chi è il mio prossimo?”. Gesù riprese: “Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e incappò nei briganti che lo spogliarono, lo percossero e poi se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e quando lo vide passò oltre dall’altra parte. Anche un levita, giunto in quel luogo, lo vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto lo vide e n’ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi, caricatolo sopra il suo giumento, lo portò a una locanda e si prese cura di lui. Il giorno seguente, estrasse due denari e li diede all’albergatore, dicendo: Abbi cura di lui e ciò che spenderai in più, te lo rifonderò al mio ritorno. Chi di questi tre ti sembra sia stato il prossimo di colui che è incappato nei briganti? ”. Quegli rispose: “Chi ha avuto compassione di lui”. Gesù gli disse: “Và e anche tu fà lo stesso”.
 
 
Meditazione
Vogliamo rispondere in questi incontri a una domanda che tutti si fanno. C’è qualcosa che ci può dare felicità, gioia? Tutti siamo in cerca di felicità, di gioia, di star bene, di sentirci a nostro agio; ci fa paura il dolore, non vogliamo sentir parlare di sacrifici. Vi dicono tutti che voi giovani siete senza spirito di sacrificio, che scansate gli impegni, che vi fa fastidio tutto quello che costa, che preferite farvi servire anziché mettervi a servizio… e potremmo continuare la lista delle accuse o delle fotografie che vi descrivono come dei dannati perditempo. Passiamo sopra a queste fotografie o a queste accuse, concentriamoci su di noi e andiamo al fondo di questa domanda.
 
 
1. Non siamo qui a cercare botole per tombini.
 
Il modo di procedere di un cristiano o di chi cerca di esserlo e di capire che significa esserlo, come penso siate voi, segue una sua logica che è quella della sfida e della scommessa anziché della domanda e della risposta. In altri termini si vuol mettere in chiaro che il cristiano in genere quando affronta una tematica viva come questa, quando si domanda se c’è qualcosa che gli può dare gioia, non fa il cercatore di botole per tombini, cioè non pensa alla domanda come a un buco per metterci sopra una risposta prefabbricata, magari in serie, per chiudere il problema e passarci sopra tutta la vita, ma si fa provocare sempre dalla domanda, scavandone significati non percepibili a prima vista, nascosti dalla incapacità generalizzata di dare un nome a quello che si è e si vive (sfida) e offre elementi per una comprensione più profonda della domanda e la sorpresa di una prospettiva nuova (scommessa). Non bara sulla domanda, non la snobba, non la evita e nemmeno la disprezza, ma la accoglie senza farsene imprigionare. Se mi domandi un pallone non ti dico che hai bisogno di un’ora di adorazione, ti do il pallone, ma il modo con cui te lo do, le cose che ti aiuto a scoprire mentre giochi, i compagni e le persone che ti metto accanto saranno tali che quando mi riporterai il pallone avrai trovato cose che neanche ti immaginavi di ottenere quando sei venuto candidamente a chiedermi il pallone. Mi chiedi qualcosa che ti può dare gioia e hai già magari pensato come deve essere. Invece io ti voglio sorprendere. E’ la fede che ci aiuta ad acquisire un tale metodo, perché la fede non è mai puramente responsoriale alle domande; esprime sempre un oltre, proprio quell’oltre che ogni domanda invoca e non trova nella scienza e nella stessa saggezza umana.
 
 
2. Mistica, prima che ascetica
 
Leggendo questa parabola qualcuno di voi, esperto di chiesa, di parabole, di letture della messa, di catechismi, di cose cristiane ha già capito tutto e mi dice: Non stare a tirarla troppo per le lunghe: se vogliamo gioia dobbiamo fare come il samaritano, non come il sacerdote e il levita; dobbiamo mettere la freccia a destra, fermare la macchina e raccogliere il ferito, anche se sto andando in discoteca con gli amici, anche se ho un impegno improrogabile. Questo lo sapevo già, speravo che tu mi dicessi qualcosa di meglio. Lo sai che non riesco a fare come il samaritano, a me piace divertirmi; io sono pieno di gioia quando gioco, quando ho amici attorno a me, quando il cuore batte a mille, anche se so che non dura molto. Perché mi vuoi ancora far sentire in colpa?
Mi date invece un po’ di fiducia? Vogliamo prima di dire che cosa fare, lasciarci incantare, librarci in qualche sogno, lasciarci trasportare da una contemplazione? Siete proprio sicuri che la Parola di Dio la si capisce subito, che il primo significato che vi viene alla mente nell’ascoltarla è proprio quello che essa ci vuol comunicare? Non vi sembra che dobbiamo svestirci spesso dei nostri pregiudizi e metterci in un vero ascolto?
Questo samaritano, prima di essere un pugno nello stomaco, che ci dice continuamente la nostra incapacità di essere buoni, è Gesù. Contempliamolo e facciamoci guidare dalla sua parabola. Quando la raccontava era pieno di amore per noi, ci pensava, pensava a te che fai fatica a guardare oltre la tua vita, e ti si sedeva accanto e ti diceva: smettila di nasconderti dietro un dito, non tentare di giustificarti che non ti ho ancora chiesto niente, senti come è fatta la mia vita, la tua e quella del mondo.
 
 
3. Di amore si muore, di essere amato si vive!
 
E mi immagino che cosa potreste rispondere a Gesù. Tu mi dici di amare il prossimo, ma io ho bisogno soprattutto di amore. Me, chi mi ama? Chi mi sta vicino? Chi è disposto a farmi credito in un mondo in cui tutti mi chiedono qualcosa e, anche se non me lo chiedono, me lo fanno capire con mille ricatti? Chi è il mio prossimo, chi mi sta vicino, chi mi ama e che io amerò con tutto il cuore?
 
Un uomo scendeva da Gerusalemme…
Io, tu, siamo questo uomo, stiamo facendo un cammino contrario a quello di Gesù, Lui sale a Gerusalemme, brama gli atri del Signore, sa che là incontra il Padre e lo incontrerà sulla croce, noi facciamo la strada al contrario siamo stanchi del tempio, non ci interessa la religione, stiamo distanti dalla chiesa. Non ci attira più quel mondo che qualche volta abbiamo anche amato. Quante volte ce ne andiamo, vogliamo fuggire, pensiamo che la fuga sia la soluzione dei problemi. Se ne sono andati anche i due discepoli di Emmaus, se ne è andato anche il figliol prodigo, ce ne siamo allontanati anche noi dalla Chiesa dopo la Cresima… e troviamo briganti che ci spogliano di tutto: il nostro cuore, la nostra vita, le nostre qualità, la nostra figura. Veniamo privati di tutto perché i doni che abbiamo li sperperiamo. Diamo la colpa a noi prima di tutto, siamo noi che buttiamo via le risorse più belle nell’inedia, nella superficialità, siamo noi che vendiamo corpo e sentimenti sulla strada. E sperimentiamo la morte. Siamo vivi, ma come gli zombi di Dylan Dog. Il primo Erode che incontriamo sulla strada siamo noi con la nostra stupidità. Scendo da Gerusalemme a Gerico e mi nascondo lontano da Dio.
Ci sarà qualcuno che mi ferma su questa discesa? Qualcuno che mi prende per il bavero e mi dà una scossa per farmi capire quanto sono fuori di testa? Oppure sono attorniato sempre da amici compiacenti, perché anch’io sono sempre compiacente con i miei amici, non ho mai il coraggio di dire che non condivido…
Due incontri fa questo uomo, tutti e due di gente che fa la stessa strada, che scende da Gerusalemme, che se ne sta andando in senso contrario a Ges√π: un sacerdote, il cultore della legge e un levita,custode del culto.
Il sacerdote è nato per far quello, si è trovato obbligato a fare questo mestiere, ha i suoi turni da svolgere nel tempio, come un impiegato di prima categoria, non è prete per vocazione o perché l’ha scelto Dio, ma per nascita: è della tribù sacerdotale. Per lui la legge è tutto. Ma tu non hai proprio bisogno di una legge fredda che ti dice che sei sbagliato, ti manda ancora di più in depressione. Non hai bisogno di risposte del catechismo, imparate a memoria. La legge fotografa impietosamente, evidenzia il mio stato di morte, ma non smuove un dito, mi condanna al mio stato. Vede, ma non provvede, ignora la mia esistenza sanzionandone la morte, ti fa un cerchio intorno come ai lebbrosi.
L’altro è un levita, il rappresentante del culto, quello che decide se una cosa, una persona è pura o impura. Anche lui fa la sua diagnosi, ma non c’è nessun culto che ti può accogliere, perché sei impuro, perdi sangue, non hai più niente in ordine. Il culto è rapporto con l’Onnipotente, col santo; tu che pretendi, ridotto così?
 
Ma c’è una sorpresa. Sulla stessa strada, ma nella direzione opposta dell’uomo che scende da Gerusalemme si fa incontro un samaritano e dalla Samaria va a Gerusalemme. La Samaria è la terra dell’empietà, è proprio tutto il contrario del pio ebreo, è senza la legge e con un culto alternativo. E’ un trasgressivo, non è politicamente corretto, è un pianta grane, è una spina nel fianco del popolo eletto…
Ragazzi: è troppo intrigante il modo di descrivere questo personaggio per pensare che sia solo una figura retorica per sostenere un bel racconto. Il samaritano è Gesù. Chi sale a Gerusalemme è Gesù. Chi ci incontra mezzi morti è Gesù, chi si comporta diversamente da una legge fredda e un culto ingessato è Gesù. Lui lo chiamano già mangione e beone, lui, a detta anche dei suoi parenti, è fuori di testa, lui è trasgressivo sul sabato, lui è un bestemmiatore perché si fa Dio, lui è quello che sta ad aspettare il figlio che è andato a sperperare tutto, il suo amore compreso, lui è quello che chiama Dio papà mancando del minimo senso di deferenza verso il Dio di Mosè, lui non ne può più di come hanno ridotto a spelonca di ladri il tempio la casa della preghiera e non degli affari anche religiosi, lui è quello che ha fatto cadere a terra una dopo l’altra le pietre dei vecchioni pronti a lapidare l’adultera…
E che fa?
Discende in tutte le zone di perdizione, viene a noi perché noi non possiamo andare a lui, non ci fotografa, ma ci guarda, non si fascia la faccia con i nostri occhialoni da sole impenetrabili, glaciali, per proseguire diritto, ma mi fissa negli occhi. Guardatolo lo amò, ricordate con quel giovane pieno di ricerca di vita?
 
 
I verbi che descrivono l’incontro
 
gli si fece vicino. Si è fatto vicino, ti si fa vicino, non ti guarda a distanza, non ti manda un saluto dal video, non manda un assegno alla caritas per tutti questi poveracci che lavano i vetri, non dice al segretario: occorrerebbe che un’altra volta ci portiamo dietro qualcosa perchè c’è sempre qualche poveraccio ingenuo che si fa fregare e non sta bene che andiamo oltre. Gesù ti fai vicino a me.
 
si commosse è un classico verbo greco che dice quello che capita alla mamma quando vede suo figlio in difficoltà, le si muovono le viscere, tanto è coinvolta nel dolore e nella condivisione, nell’ansia di alleviare e nella sofferenza da condividere e sconfiggere. E’ lo stesso verbo che il vangelo usa quando Gesù vede la vedova che accompagna al cimitero il suo unico figlio morto, quando il padre vede finalmente arrivare dopo tanta attesa il figlio prodigo. E’ l’amore di Dio per i suoi figli.
 
Si fa avanti, si fa vicino si candida ad essere nostro prossimo, risponde alla domanda che spesso ci facciamo: me, chi mi ama? Chi si dà una mossa per me? Chi mi accosta? chi mi fa da amico ? Lui è come il padre: se un figlio cade nel pozzo e l’acqua gli arriva sopra la testa, lui si mette sotto.
 
Fascia le ferite, noi da soli non possiamo assolutamente ricucire i nostri strappi è solo lui che lo fa, lui conosce da dove sanguina il nostro cuore e ne ferma l’emorragia mortale
 
Versa sopra olio e vino, è l’olio che guarisce la nostra disumanità, che smolla le nostre durezze, è una Parole che scioglie la nostra cattiveria e il vino dche dà l’ebbrezza della vita. E’ ancora quel vino che mancava a Cana, acqua e pane sono sufficienti per sopravvivere, ma se vogliamo fare festa occorre il vino. E Gesù è l’unico vino della festa.
 
Lo carica sul suo giumento, pensiamo a quell’asinello che porterà Gesù nell’ingresso di Gerusalemme, il suo trono, il trono di un trionfo che ha già sullo sfondo il presagio della morte. E’ Gesù stesso che poi si caricherà ogni uomo ferito su di sé, “portò i nostri peccati nel suo corpo sul legno della croce, perché noi vivessimo”.
 
Lo condusse nell’albergo, la parola greca che si usa per albergo è la casa che accoglie tutti (pandocheion). C’è una casa sempre aperta per tutti noi, è quella che accoglie tutti gli esclusi dalla legge e dal culto, dove chiunque ha bisogno trova ospitalità. Lui, Gesù per tenerla aperta per tutti ne è stato buttato fuori ancor prima di nascere. Non c’era posto per loro nell’albergo. Abbiamo tutti una casa in cui siamo accolti, è stata già pagata in anticipo dal samaritano. Pensate se la Chiesa, la nostra comunità, il nostro gruppo fosse questa casa che accoglie tutti, se avessimo dei luoghi, fatti di tessuti di relazioni vere non tanto o solo di muri, in cui i giovani, voi e i vostri amici vi poteste sentire accolti, aveste la certezza che, pur non meritando accoglienza, qualcuno ha già pagato per voi, per darvi il massimo di ospitalità!
 
Si prese cura, noi diremmo in linguaggio corrente, si è fatto carico di lui. Non è un carico, che può anche essere doveroso, forzato, talora assunto per rispettare le convenienze, ma una cura, una accoglienza attiva, un interesse non lesinato e misurato e circoscritto al di fuori della sfera dei sentimenti. E con due denari invitò e obbligò anche l’albergatore a prendersi cura. Gesù è così: nel tempo in cui si sviluppa la vita introduce la legge dell’amore e coinvolge tutti quelli che stanno sulla sua strada. Ritornerà a vedere come funziona la legge dell’amore, come il luogo in cui ci debbono poter stare tutti sia effettivamente una casa comune.
Gesù ritornerà e non lascerà nessuno senza ricompensa, la ricompensa più bella e più grande sarà lui stesso. Se hai capito la legge dell’amore non starai a farti ricrescere come ti coinvolge l’amore, senza badare a tempi, a energie, a fatiche. Gesù prevede che i due denari, che fanno tanto pensare ai due comandamenti: ama Dio e ama il prossimo come te stesso, inneschino non le infinite ragionerie dell’uomo, ma la insopprimibile forza dell’amore.
Gesù ritornerà: la storia non continuerà sempre così come va ora, il mondo non sarà sempre così, impossibile da capire, difficile da giustificare nel male che lo segna esageratamente; i popoli non saranno sempre sballottati da potenze egoiste, da interessi economici, da guerre crudeli.
La storia avrà una conclusione, il mondo ora non è ancora pienamente orientato a Dio, ma la sua salvezza si compirà. C’è una presenza nelle pieghe della storia di qualcosa di nuovo, di bello, di completo e si svilupperà. Gesù ritornerà: la storia non è fatta di corsi e ricorsi; la terra dopo ogni giro attorno al sole non si troverà al solito posto, ma si avvicina, col sole, con l’universo sempre più a Dio.
Gesù ritornerà! È bello pensare che quel Gesù che ogni cristiano vive come centro della vita non è il ricordo di un passato, ma è la certezza di un futuro.
Allora la nostra vita è l’attesa di una completezza di umanità, è un cammino orientato verso una meta. Allora ci dobbiamo attrezzare per una grande attesa. Siamo tutti sentinelle, come diceva Giovanni Paolo II ai giovani di Tor Vergata, non siamo topi di biblioteca o custodi di un archivio. Non siamo chiamati a clonare il passato, ma ad aspettare un futuro nuovo e certo.
 
La storia si conclude con nel cuore questa grande attesa di poter incontrare ancora sulle strade della nostra vita il samaritano.
 
Ci poniamo allora la domanda iniziale di nuovo perché così fa anche Gesù al suo interlocutore, a noi che siamo stati tirati dentro questa avventura. Chi è il vicino di questo poveraccio caduto nelle mani dei briganti? Me, chi mi ama se sono io stesso colui che ha buttato la sua vita nella superficialità, io stesso sono depredato dei doni più belli che Dio mi ha dato?
 
Io scendo ogni giorno da Gerusalemme a Gerico, sono stufo degli sforzi inutili di vederti e di toccarti, cerco libertà e mi trovo impigliato in vizi più grandi di me; tu mi vedi da lontano fossi anche all’estremità della terra.
Io fuggo da Dio, dalla vita, me la prendo e credendo di possederla la distruggo; tu mi vieni incontro fino alla fine, fino a dire e farti per me abbandonato da Dio: Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato?
Io sono incappato nei briganti, me li sono pure scelti, ho fatto da brigante anch’io per i miei amici; tu sei finito per me tra i malfattori
Io sono stato spogliato della tua immagine, ho creduto che di questo mio corpo potessi fare tutto quello che volevo, l’ho messo pure all’asta; tu mi hai rivestito con la tua nudità
Io sono stato coperto di percosse, c’ho il fegato a pezzi perché mi ubriaco e la volontà a brandelli perchè mi spinello, ho il cervello che è un colabrodo perché mi impasticco; tu con le tue piaghe mi hai guarito
Io sono stato abbandonato mezzo morto, tante volte mi sento di essere una larva e mi dico ma che vita è questa?; tu abbandonandoti completamente alla morte mi hai ridato la vita. Sei sceso, hai visto, ti sei commosso, ti sei fatto vicino, hai fasciato le ferite del mio cuore, mi hai accolto, hai riempito la mia vita.
 
A me sta vicino colui che mi ama più di se stesso e il vicino allora è colui che voglio amare più di me stesso. Se lui mi è così vicino e mi ha amato e ha mandato al diavolo tutto per me, anch’io posso amarlo con tutto il cuore e vivere per lui che è morto per me e l’unico modo che ho di fare questo è di vederlo vivo in ogni uomo che incrocio sulla strada della mia vita. Ora il comandamento dell’amore non è più legge impossibile, ma buona notizia, dono per tutti.
 
Dove sta allora la felicità? Mi dici se c’è qualcosa che mi può dare gioia?
Non c’è nessun qualcosa, ci sei tu!
mons. Domenico Sigalini
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