Il signor L., musulmano osservante inglese, è stato colpito da due attacchi cardiaci e i medici non vogliono più rianimarlo perché «prolungheremmo la sua vita non degna». Ma la famiglia sostiene che migliora.
Per rispettare la sua privacy, la Corte di protezione inglese ne parla come del signor L., che insieme alla sua famiglia ha portato in tribunale il Pennine Acute Hospitals NHS Trust perché vuole vivere e non essere condannato a morire. Il signor L. ha 55 anni, è musulmano osservante, originario della regione indo-pakistana del Kashmir e vive con la moglie, i figli (uno, di spalle, nella foto) e i quattro nipoti nell’area di Manchester, dove è emigrato fin da giovane.
«NON GUARIRÀ MAI». La famiglia ha portato in tribunale l’ospedale perché i medici hanno sentenziato che il signor L., in seguito a due arresti cardiaci che hanno gravemente danneggiato il suo cervello, ha così poche possibilità di «guarire in modo significativo» che in caso di nuovo arresto non deve essere rianimato. Hanno ordinato quindi il DNR (“do-not-resuscitate”): il signor L. è perciò ora un paziente “da non rianimare”.
STATO VEGETATIVO PERSISTENTE. A maggio i dottori hanno infatti affermato che il paziente è in stato vegetativo persistente e non avendo «significative» possibilità di guarire, rianimarlo nel caso di nuovo arresto cardiaco significherebbe «prolungare la sua morte e la sua vita senza dignità».
MA IL SIGNORE L. RIDE. Ma da maggio a ottobre i suoi familiari, che lo vanno a trovare una o due volte al giorno, hanno notato segnali di miglioramento: «Quando mia mamma gli parla – ha dichiarato il figlio di 25 anni al The Independent – lui la riconosce, perché si fa subito attento e guarda dalla parte dove si trova mia mamma. Una volta poi lei ha fatto una battuta e lui si è messo a ridere». «A noi – continua il figlio – non importa delle sue nuove condizioni: lo ameremo sempre comunque».
«MIO PADRE NON VUOLE MORIRE». A causa dei progressi dimostrati dal signor L., un gruppo di medici indipendenti ha certificato che il suo non è uno Stato vegetativo persistente, ma uno stato di minima coscienza. «Quando ce l’hanno detto, l’abbiamo percepito come un miracolo. Mio padre è un uomo pieno di vita e non vuole morire».
DECIDE IL TRIBUNALE. Ora sarà il tribunale a decidere se il signor L. deve essere condannato a morire, anche se non vuole, oppure no. Oggi si terrà la seconda udienza del suo caso e, come afferma Helen Lewis, il legale della famiglia, «oggi la corte ascolterà prove ulteriori che attestano che il signor L. sta migliorando. Speriamo di riuscire a convincere il giudice che non solo è nell’interesse del signor L., ma che se anche le sue condizioni dovessero peggiorare, lui vorrebbe essere rianimato».
Leone Grotti
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