Durante il suo anno di volontariato internazionale in Ecuador, il giovane uruguayano ha lavorato come insegnante e catechista. “Il Nader che ritorna non è lo stesso che è partito”, afferma....
del 12 dicembre 2018
Durante il suo anno di volontariato internazionale in Ecuador, il giovane uruguayano ha lavorato come insegnante e catechista. “Il Nader che ritorna non è lo stesso che è partito”, afferma....
Durante il suo anno di volontariato internazionale in Ecuador, il giovane uruguayano Nader Torena ha lavorato come insegnante e catechista, ma soprattutto è diventato amico delle centinaia di bambini e giovani con cui lavorava quotidianamente nella città di Esmeraldas. Lì ha potuto sentire la presenza viva di Gesù e capire perché Dio lo aveva mandato in quel luogo.
La casa di questo giovane uruguaiano in questi mesi è stata la comunità “San Filippo Neri”, situata in uno dei settori più poveri della città. In questo luogo si identificano a prima vista i bisogni delle persone, ma il lavoro dei salesiani e dei volontari come Nader ha dato speranza alle famiglie di avere un futuro migliore, perché sono certi che i loro figli potranno studiare e avere una professione.
Uno degli aspetti più significativi dell’esperienza di volontariato, sottolinea oggi Nader, oltre ad aiutare chi ne ha più bisogno, è vedere come la missione cambia la vita di chi la compie. “Il Nader che ritorna non è lo stesso che è partito”, afferma.
Ogni giorno, come volontario, poteva vedere la passione che i ragazzi provano per il calcio, ma allo stesso tempo anche gli effetti collaterali della competitività: battibecchi, inimicizie, frustrazioni tra le squadre. “Sono rimasto sorpreso nel vedere che non giocavano per il gusto di giocare, ma per vincere e si arrabbiavano quando perdevano; ma era l’unica realtà che conoscevano”.
È stato allora che ha scoperto in questo sport un’occasione per evangelizzare, prima parlando con i ragazzi perché imparassero a goderne, e poi per trasmettere loro il valore della preghiera, prima e dopo ogni partita. Egli ritiene che questo cambiamento di mentalità nei ragazzi sia uno dei contributi più significativi che ha lasciato. “Sono quelle cose che non t’immagini, di dover fare catechesi giocando a pallone, ma accadono davvero. Non avrei mai immaginato che l’azione di evangelizzare sarebbe stata così quotidiana nel mio servizio di volontario”.
L’ultimo giorno del suo soggiorno a Esmeraldas, la comunità ha preparato una festa di saluto a sorpresa, in cui diversi bambini sono venuti a dargli un abbraccio e gli hanno chiesto di non tornare nel suo Paese. Quel gesto semplice, ma molto simbolico allo stesso tempo, è stato la prova di tutto l’amore che ha dato e che “tutto l’anno è stato speso completamente per loro”, come racconta.
Cosa avrà mai fatto per guadagnarsi il loro affetto? Ha applicato gli insegnamenti del Sistema Preventivo, perché ha ottenuto la fiducia dei ragazzi senza punizioni, ma condividendo con ciascuno di loro una “parolina all’orecchio”.
“Ci sono ragazzi che sembra stiano urlando per richiedere il tuo affetto, ma il loro modo di farlo è comportarsi male. Ci sono ragazzi che hanno bisogno che tu preghi per loro e altri con i quali è essenziale che ti avvicini e parli con loro; il giovane che agisce male non ha bisogno che tu lo sgridi… Ha bisogno di un abbraccio da parte tua” conclude Nader.
Ora che è tornato in Uruguay, sta progettando il futuro. A febbraio tornerà ad insegnare nella scuola “San Domenico Savio” di Montevideo e i suoi piani sono di continuare a prepararsi e trasferire tutte le conoscenze acquisite in Ecuador nella sua vita quotidiana e professionale. Afferma che stare lontano dalla comunità di Esmeraldas sarà il suo impulso a dare un significato missionario a ciascuna delle attività. “La missione quotidiana penso che sia la più complicata”.
E ai giovani che si sentono attratti da questa opzione di vita, suggerisce di andare ai luoghi di missione con l’impegno fondamentale di amare i destinatari e ciascuna delle attività che svolgeranno: “avendo il massimo esempio di Gesù, che ha dato la sua vita per noi, non può essere difficile per noi amare almeno un po’”.
Agenzia Info Salesiana
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