Nonostante i progressi, la strada per il raggiungimento dei 17 SDGs resta in sal...

L’Onu ha pubblicato il rapporto annuale che valuta lo stato di avanzamento verso gli Obiettivi fissati dall’Agenda2030. La pandemia ha avuto un impatto significativo in molte aree, minando decenni di sforzi globali.

Il Rapporto annuale del segretario generale delle Nazioni unite ha delineato lo stato globale dei 17 Sustainable Development Goals (SDGs) a sei anni dall’adozione dell’Agenda 2030. La relazione è stata pubblicata in maggio, a due mesi dal prossimo High-level political forum, e si basa sugli ultimi dati disponibili (aprile 2021) contenuti nel quadro globale degli indicatori per gli SDGs. Il contesto generale viene definito dagli stessi redattori del documento come “preoccupante”. La possibilità di marcare una seria inversione di tendenza dipenderà dalla risposta collettiva che verrà data da tutti i Paesi del mondo, che a 18 mesi dallo scoppio della pandemia hanno dimostrato di poter mettere in campo azioni decisive e di sapere promuovere pratiche resilienti. Il Covid-19 è stato visto da molti come un’opportunità per superare le difficoltà nella realizzazione degli Obiettivi. Nonostante ciò, gli ostacoli che vengono evidenziati sono ancora molteplici. Eccone una sintesi con le tendenze aggiornate per ciascun Goal:       
 

  1. Sconfiggere la povertà. La crisi provocata dal Covid-19 ha vanificato i deboli progressi che venivano portati avanti dal 2015 e per la prima volta da 20 anni il tasso globale di povertà estrema è ricominciato a salire, passando dall’8,4% nel 2019 al 9,5% nel 2020. Pandemia, conflitti e cambiamenti climatici minacciano la possibilità di raggiungere il primo Goal dell’Agenda Onu entro il 2030, se non vengono implementate urgenti politiche di protezione del reddito, della salute e del lavoro. Nonostante l’introduzione nel 2020 di nuovi sistemi di protezione sociale per far fronte alla pandemia, quattro miliardi di persone nel mondo non hanno accesso ad alcun tipo di tutela contro povertà, ritrovandosi in situazione di precarietà e vulnerabilità.
     
  2. Sconfiggere la fame. Nel 2020 le conseguenze della pandemia hanno portato alla fame cronica tra 83 e 132 milioni di persone, ma malnutrizione e insicurezza alimentare erano in aumento già dal 2014. È stimato che, nel 2019, 690 milioni di persone, cioè l’8,9% della popolazione globale, soffrissero la fame. La crisi sanitaria ha evidenziato l’inadeguatezza del sistema alimentare globale.
     
  3. Salute e benessere. Prima della pandemia alcuni progressi erano stati raggiunti in alcuni ambiti sanitari, come la salute materna, neo-natale e infantile. Gli avanzamenti, che erano in ogni caso inadeguati per raggiungere i target del Goal 3 entro il 2030, sono stati annullati dalla crisi pandemica e in molti casi hanno subito una regressione. Il 90% dei Paesi nel mondo ha riportato, durante la pandemia, interruzioni nel sistema sanitario e la prevenzione di tutti i generi di malattie è messa a dura prova. Tra i servizi sanitari più colpiti ci sono quello per i disturbi mentali, neurologici, per l’Hiv, per la prevenzione oncologica.
     
  4. Istruzione di qualità. L’impatto della crisi pandemica sulla scolarizzazione è una “catastrofe generazionale”. Viene stimato che a causa della pandemia siano 101 milioni in più i bambini e le bambine che hanno un livello di lettura al di sotto degli standard. La chiusura della scuola ha comportato conseguenze a lungo termine sull’apprendimento di milioni di giovani e, a oltre un anno dallo scoppio del contagio, ancora due terzi della popolazione studentesca globale devono far fronte a istituti chiusi o parzialmente chiusi.
     
  5. Parità di genere. Gli impatti socio-economici che il Covid-19 ha portato con sé hanno rallentato gli avanzamenti legati al Goal 5. Per esempio, la violenza sulle donne e sulle bambine è aumentata; riguardo ai matrimoni infantili, che da anni andavano diminuendo, dieci milioni di bambine rischiano di essere costrette al matrimonio forzato a causa delle conseguenze della pandemia; il lavoro domestico è attribuito in modo fortemente diseguale alle donne (ogni giorno le donne dedicano tempo al lavoro domestico non pagato 2,5 volte in più degli uomini). Anche se hanno giocato un ruolo di primordine nella lotta contro il virus, in qualità di personale sanitario e di cura, le donne sono sotto-rappresentate nelle posizioni apicali (nel 2019 solo il 28,3% di chi ricopriva un ruolo da manager era una donna). Nonostante questi dati, la fase post-pandemica è una grande opportunità per invertire questa tendenza negativa.
     
  6. Acqua pulita e servizi igienico-sanitari. L’accesso all’acqua pulita e potabile è un elemento fondamentale per fronteggiare la crisi pandemica ma miliardi di persone nel mondo non possono usufruire di questo servizio essenziale. La domanda di acqua nell’ultimo secolo è aumentata due volte di più rispetto alla crescita della popolazione mondiale e ultimamente i Paesi di tutto il globo devono far fronte a problematiche conseguenti al cambiamento climatico, come l’inquinamento delle falde acquifere, la degradazione degli ecosistemi acquatici e la scarsità di accesso all’acqua potabile. Nonostante ciò, nel 2020, almeno 129 Paesi nel mondo non erano avviati verso una gestione sostenibile delle risorse idriche come indicato dall’Agenda 2030.   
     
  7. Energia pulita e accessibile. La produzione di energia proveniente da fonti non fossili e sostenibili deve essere al centro della ripresa post-pandemica. Tuttavia negli ultimi decenni la crescita di questo settore è stata non adeguata a combattere il cambiamento climatico. L’accesso globale all’energia elettrica è passato dall’83% della popolazione mondiale nel 2010 al 90% nel 2019, con un aumento medio annuo di quasi l’1%. Nonostante gli sforzi, viene stimato che all’incirca 660 milioni di persone non avranno accesso all’elettricità nel 2030. Il Covid-19 lascerà strascichi che impediranno ulteriormente i futuri percorsi di elettrificazione.               
     
  8. Lavoro dignitoso e crescita economica . L’economia mondiale sta lentamente recuperando il terreno perso ma le stime indicano che i tassi di crescita globali rimarranno a lungo al di sotto dei livelli pre-pandemici. La crisi economica generata dalla pandemia da Covid-19 ha causato la più grave recessione dai tempi della Grande Depressione del 1929. Il totale delle ore di lavoro perse nel 2020 equivale a 255 milioni di contratti a tempo pieno: l’8,8% delle ora lavorate nel mondo è andato perduto. Giovani e donne sono le categorie più colpite dalla crisi: nel 2020 l’8,7% dei giovani e il 3,7% delle donne hanno perso il lavoro, a fronte del 3,7% degli adulti e del 3,9% degli uomini.         
     
  9. Imprese, innovazione e infrastrutture. La crisi pandemica ha colpito duramente il settore manifatturiero e dei trasporti industriali causando la perdita di posti di lavoro e di redditi, ma ha anche danneggiato la catena di fornitura e di domanda di beni. La produzione su piccola scala si scontra in questo momento con una “sfida esistenziale” e rischia di non riprendersi. Nonostante ciò, la crisi offre l’opportunità di favorire l’industrializzazione e di rivoluzionare l’accesso alle tecnologie nei Paesi in via di sviluppo. Nel 2020 è stato registrato un calo della produzione manifatturiera pari all’8,4% rispetto all’anno precedente e lo scambio globale di prodotti industriali è passato dal 16,5% del Pil globale nel 2019 al 15,9% nel 2020.     
     
  10. Ridurre le disuguaglianze. La pandemia ha accentuato le disuguaglianze già esistenti all’interno e tra i diversi Paesi nel mondo, colpendo maggiormente i settori sociali già vulnerabili e gli stati sociali più poveri. Alcuni modesti progressi erano stati raggiunti prima della crisi sanitaria, soprattutto in termini di divario nella percezione del reddito. Il dato più preoccupante riguarda il numero di persone che hanno dovuto lasciare forzatamente le loro case a causa di guerre e conflitti: dalla metà del 2020 sono 24 milioni le persone che si sono aggiunte al totale dei rifugiati già esistenti, facendo registrare il numero in assoluto più alto nella storia. Nello stesso anno sono state registrate 3.884 tra morti e casi di persone disperse lungo le rotte migratorie, evidenziando come il Covid-19 e le conseguenti restrizioni della mobilità non abbiano fermato il bisogno di decine di migliaia di persone di lasciare le proprie case per affrontare viaggi pericolosi attraverso mari e deserti.               
     
  11. Città e comunità sostenibili. Gli impatti diretti e indiretti del Covid-19 sugli agglomerati urbani hanno reso ancora più incerto il raggiungimento del Goal 11. Già prima della pandemia a livello globale erano in aumento gli abitanti degli "slum" (baraccopoli) che nel 2018 hanno raggiunto la somma di un miliardo di persone, l’inquinamento dell’aria già era in peggioramento, gli spazi aperti non-privati erano scarsi e il trasporto pubblico carente. Gli effetti economici della pandemia hanno aumentato il tasso di popolazione che vive in giacigli di fortuna e hanno peggiorato le condizioni di esistenza di chi già era in condizioni di precarietà abitativa.
     
  12. Consumo e produzione responsabili. La crisi globale, sanitaria ed economica, causata dalla pandemia offre una concreta opportunità di cambiare i modelli di consumo, produzione e sviluppo ed esplorare modelli più sostenibili, inclusivi e equi. Nel 2020, le politiche messe in campo per l’implementazione di attività sostenibili in tutto il mondo sono state 136. Scienziati e accademici hanno denunciato per decenni il legame tra schemi di produzione e di consumo non conformi con la sostenibilità del pianeta e le tre forme di crisi planetaria: climatica, perdita di biodiversità e inquinamento. Differenziare crescita economica e benessere umano può essere un primo passo, partendo da un utilizzo più responsabile delle risorse e delle materie prime. Nonostante ciò, i dati mostrano che l’impronta ecologica globale è passata da 8,8 tonnellate metriche nel 2000 a 12,2 nel 2017.Inoltre si stima che nel 2016 il 14% del cibo prodotto in tutto il mondo sia andato perduto.
     
  13. Lotta contro il cambiamento climatico . Nonostante il Covid-19, i primi dati evidenziano un aumento delle emissioni di gas serra nel 2020 rispetto all’anno precedente. Gli ultimi sei anni (2015-2020) sono stati registrati come i più caldi dall’inizio dell’era industriale, dimostrando come il cambiamento climatico metta a rischio il raggiungimento di numerosi SDGs. Per limitare il riscaldamento della temperatura globale a 1,5° C al di sopra della temperatura pre-industriale, obiettivo fissato dagli Accordi di Parigi, bisogna eliminare le emissioni di CO2 al livello globale entro il 2050, cominciando con un taglio del 40% delle emissioni entro il 2030.               
     
  14. Vita sott’acqua. È necessario implementare urgentemente una gestione sostenibile degli oceani per scongiurare ripercussioni a lungo termine sull’ambiente marino, causate principalmente dall’inquinamento, dal riscaldamento delle acque e dall’acidificazione dei mari. La protezione degli ecosistemi acquatici è legata a doppio filo con la sopravvivenza di almeno tre miliardi di persone che vivono a stretto contatto con mari e oceani. Sono stati fatti avanzamenti in materia di protezione legale della pesca a piccola scala: se nel 2018 tre quinti dei Paesi avevano adottato quadri legali utili a raggiungere questo obiettivo, il dato è salito a quattro quinti nel 2020.
     
  15. Vita sulla Terra. La pandemia da Covid-19 ha confermato il fatto che mettendo a rischio la biodiversità del pianeta, l’umanità sta compromettendo la sua stessa esistenza, attraverso la . deforestazione e la degradazione degli ecosistemi. Mettere al centro delle politiche pubbliche la salute della Terra, promuovendo la gestione sostenibile delle foreste, è un passo avanti verso la salvaguardia della vita sul nostro pianeta, ma servono ulteriori sforzi. A febbraio 2021 erano 127 i Paesi che si sono impegnati a raggiungere i target fissati per la salvaguardia del degrado del suolo.
     
  16. Pace, giustizia e istituzioni solide. Vivere in un mondo senza guerra e con società giuste e inclusive è un traguardo ancora lontano e la pandemia ha accentuato le diseguaglianze e le discriminazioni, indebolendo ulteriormente la protezione dei diritti in tutto il mondo. Sono milioni le persone nel mondo che vivono in zone di conflitto o di guerra e, alla fine del 2019, in almeno 79 milioni hanno dovuto abbandonare le proprie abitazioni forzatamente per sfuggire alle violenze.
     
  17. Partnership per gli obiettivi. Il multilateralismo e la partnership globale si sono rivelati essere strumenti necessari per superare sfide come la scarsità di risorse finanziarie, le tensioni commerciali, il divario tecnologico tra e all’interno dei Paesi e la mancanza di dati per leggere i cambiamenti. La crisi del Covid-19 ha mostrato come l’economia globale abbia bisogno d’una risposta globale per rispondere ai bisogni dei Paesi, soprattutto di quelli in via di sviluppo, principalmente in termini di salute, economia e di recupero ambientale.      
     

di Milos Skakal


 

Testo tratto da asvis.it

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