Ieri in ufficio non si parlava che di un giovane erede e creativo brand manager di una nota industria torinese trovato in overdose di cocaina a casa di transessuali... Pensiamo che in fondo la questione essenziale, al giorno d'oggi per lo più inevasa e relegata nell'inconscio, sia la nostalgia dell'Essere...
del 13 ottobre 2005
Ieri in ufficio non si parlava che di un giovane erede e creativo brand manager di una nota industria torinese trovato in overdose di cocaina a casa di transessuali. Commenti senza fine, di ogni tipo. “Sembrava avere tutto e invece...”. Si è venuti a sapere come la fidanzata, ora ex,  abbia subito preso mediaticamente ed umanamente le distanze per via dei “diversi stili di vita”. Se di questa consistenza umana è fatta la persona che avrebbe potuto essergli più vicina, non osiamo immaginare gli altri.
Forse i transessuali erano dei bravi diavoli rispetto ai satanassi che abitualmente lo circondavano. E poi ieri sera in tv, rispetto a certi figuri, certe trasmissioni in cui il tema della droga veniva svolto come se fosse un commento dopo-partita, il drogarsi poteva sembrare plausibilmente l’unica ricetta per sopportarli fino alla fine. Noi, finendo di lavare i piatti, abbiamo voluto notare in un telegiornale solo il volto preoccupato e teso dei genitori in ospedale a trovare il figlio ancora in rianimazione. Al di là delle pesantissime aspettative che tutti avevano per questo giovane, al di là di qualsiasi considerazione sul perchè sia piacevole assumere droghe e possa uccidere allo stesso tempo, sulla rava e sulla fava, pensiamo che in fondo la questione essenziale, al giorno d’oggi per lo più inevasa e relegata nell’inconscio, sia la nostalgia dell’Essere. Si è arrivati al punto di dover difendere la realtà, questa vita, questa carne che si fa breccia dell’Essere –e non c’è altro modo-. Non sapremmo dirlo altrimenti. Si nasce nella realtà e la si vive attraverso una educazione ricevuta: e se ne vuol scappare anche se si è belli, ricchi, giovani, famosi, parendo d’aver tutto agli occhi altrui, ma sentendosi d’essere niente?
Quale soluzione allora? Sempre, per sempre educazione allo sguardo, alla fede, al compimento del proprio ed unico destino, al significato della realtà, ma prima ancora sembra necessaria l'educazione alla realtà tout court. Se davvero fossimo capaci di stupore per l'esserci, e quindi anche forse grati per questo, se ci abituassimo a togliere quel velo scuro dal volto che fa vedere della realtà quello che vuole il nichilismo imperante, per il quale niente ha valore in fondo, nè la ricchezza, nè la giovinezza, nè la salute, nè le fortune familiari, se vedessimo in questo stupore una gratitudine per Chi ci ha creati, se fossimo capaci di dire “ecco, Egli è qui”, ed una nuova luce esplodesse negli occhi...No, non sappiamo esattamente quello che accadrebbe a ciascuno, ma sappiamo che per Grazia accade, accade sempre.
Pescevivo
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