Si chiama Andrea Pistarino ed è stato avviato alla pittura nella sua città natale. Dalla sua vita vi è un grande "Assente": Dio. Lo ha dimenticato, fin dagli anni dell'adolescenza, ma Lui, il Dimenticato, è in attesa. Nei paesaggi che escono dalla sua tavolozza, si alternano luci e ombre, ma nella sua anima sembra esserci solo l'ombra, l'oscurità.
Proprio sopra il bar Ligure di Corso Alfieri, in Asti, agli inizi degli anni ‘20 del secolo scorso, un giovane pittore, nato ad Alessandria il 4 febbraio 1897, ha stabilito il suo studio. È giunto ad Asti di età, nel 1915, giovane brillante e inquieto, e ha cominciato a lavorare con colori e pennelli, con tocco di artista.
Si chiama Andrea Pistarino ed è stato avviato alla pittura nella sua città natale. A Asti, si lega di amicizia con i pittori della città, Giuseppe Manzone e Canuto Borelli. Per dieci anni, il suo studio è un cenacolo di esperienze e di pittoriche discussioni. La sua indole irrequieta e curiosa alimenta facilmente il gusto della polemica e di nuove ricerche.
Tra i suoi amici più illustri, Andrea ha il pittore Casorati e con lui, ancora giovanissimo, partecipa con sicuro successo personale, alle grandi esposizioni di pittura, come la Biennale di Venezia e la Quadriennale di Roma. Ha il gusto della bellezza e la sua personalità fremente sembra trovare pace nell’arte, ma c’è nel suo cuore un’insoddisfazione che non si placa.
Dalla sua vita vi è un grande "Assente": Dio. Lo ha dimenticato, fin dagli anni dell’adolescenza, ma Lui, il Dimenticato, è in attesa. Nei paesaggi che escono dalla sua tavolozza, si alternano luci e ombre, ma nella sua anima sembra esserci solo l’ombra, l’oscurità. Ma anche sulla sua strada, come scrive François Mauricas di ogni uomo "c’è Cristo in agguato". Le campane di S. Secondo
A 26 anni, Andrea Pistarino decide di aderire alla massoneria. Per due volte, l’appuntamento fissato dev’essere rinviato. Un giovedì sera del 1923, è stabilito l’incontro decisivo con la loggia massonica.
Il giovane pittore esce da casa, ma fatti pochi passi, si ferma: sono le campane della Collegiata di S. Secondo, che suonano invitano e fedeli alla preghiera. Come attratto da una Voce misteriosa, Andrea entra nella chiesa, forse per la prima volta, anche se è così vicina al suo studio. Dal pulpito il Canonico De Maria parla di Gesù Cristo, della sua Chiesa che accoglie le anime bisognose di salvezza e… della massoneria che combatte la Chiesa. Profondamente colpito della coincidenza, il pittore si apparta all’ombra di una colonna nel "bel S. Secondo" di Asti, e ascolta.
Le campane, quella sera, hanno suonato per lui. E Gesù che bussa alla sua porta e chiede di entrare con irruenza. Lo scuote, li tormenta, lo affascina.
Andrea esce sulla piazza: dove andare? Alla "loggia"? Neppure per sogno. Nello scompiglio della sua mente e del suo cuore, il silenzio lo spaventa e vuole aprirsi con qualcuno. Si dirige a casa di amici e vi trova la loro mamma, una donna nobile di anima e di fede. Ella lo ascolta, lo illumina, gli apre orizzonti nuovi, impensati. Verrà il giorno, in cui Andrea la chiamerà "la mia mamma".
La signora gli chiede di eseguire per lei un ritratto, ma è un pretesto per avvicinarlo e parlargli a lungo. Mentre il pittore traccia sulla tela con mano di maestro il volto della "mamma", ella a sua volta comincia in lui l’abbozzo del volto di Gesù Cristo. Il grande Assente, ora è il ricercato, il Desiderato come l’Acqua viva di fonte, da un assetato nel deserto. Presto sarà l’Amato di un amore senza confini.
Intanto Andrea è anche scampato a una grave sciagura, come per caso… o per la Provvidenza di Dio? Ormai i suoi occhi si sono aperti e vedono Dio, che unico al mondo merita di essere amato: Dio, cioè l’Assoluto, la Bellezza eterna sempre inseguita e mai goduta, la Luce che scende e dirada la notte. Dio, che è la Verità e l’amore!
Il 10 ottobre 1924, alle 17,50, Andrea Pistarino, accompagnato dalla sorella Rita, suona alla porta del Convento di S. Domenico a Chieri (Torino) per chiedere di consacrare la sua vita a Cristo, nell’Ordine Domenicano, l’Ordine della Verità e della misericordia.
Ha 27 anni: alle spalle una carriera brillante, lasciata per sempre. Davanti, Dio solo da amare e da irradiare ai fratelli. Il giorno in cui riceve il bianco abito dei Predicatori, vuole essere chiamato "Fra Angelico", come il suo grande confratello domenicano, pittore sommo, fra Giovanni da Fiesole, comunemente conosciuto come "il Beato Angelico". Non è più l’uomo delle avventure, ma il novizio esemplare, umile e obbediente, che si prepara ai santi voti, al sacerdozio. Al suono della campana del convento, come tutti i confratelli, va dove l’obbedienza lo chiama. Ha in cuore una gioia che non immaginava possibile su questa terra. Ancora pittore, predicatore
Compiuti il noviziato e gli studi teologici, Fra Angelico Pistarino sale l’altare, sacerdote di Cristo, il 30 agosto 1929, festa, nel calendario liturgico vigente, di S. Rosa da Lima, vergine domenicana, a 33 anni, felice di essere diventato apostolo di Gesù, bellezza somma ed eterna. È disposto a andare dovunque sarà inviato; Dopo l’ordinazione sacerdotale, P. Angelico non posa i colori e i pennelli. Nel cuore ha la passione ardente della santità e verso la santità cerca di camminare deciso e sereno. Come S. Domenico, il suo Fondatore e Padre, come don Bosco, santo della sua stessa terra, che lui ama per la passione educativa, si dirige al servizio delle anime. Predica sui pulpiti e continua a predicare con la pittura. La Parola di Dio spiegata con la bocca e resa visibile con l’arte carica di luce, è il suo grande dono ai fratelli, sempre e in ogni modo Gesù Cristo!
Nel convento di S. Domenico a Torino, al terzo piano, apre la sua oasi artistica dove crea i suoi capolavori e inizia il suo annuncio del Vangelo a tanti fratelli assetati di luce e di amore. Per i medesimi l’annuncio l’avrebbe portato a compimento nel confessionale e all’altare, con il dono supremo del perdono di Dio e di Gesù Pane di vita eterna.
Dal suo pennello, escono figure dense di mistero e di luce, del Cristo e della Madonna, che parlano al cuore. P. Angelico partecipa ancora, con successo, alle Biennali veneziane, alle Quadriennali romane, alle Mostre internazionali di Arte sacra a Milano, Roma, Budapest, Barcellona.
Tiene una ventina di mostre personali nelle più importanti città d’Italia con gran successo. Sempre in "personali", espone a Parigi e in America, imponendosi all’attenzione della critica. Gli arrivano con frequenza premi prestigiosi. Molte sue opere si trovano ormai in Gallerie nazionali, in musei civici, in diverse collezioni comunali e private d’Italia e all’estero.
Critici d’arte di rilievo parlano e scrivono di lui e dei suoi quadri con estrema ammirazione: "I suoi personaggi sono di paradiso, di un paradiso terrestre, non dantesco, ma presepiale" (E. Zanzi). "Dinanzi ai suoi quadri, nell’ammirare il pittore che riesce a suscitare in noi emozioni così sottili e preziose, non è possibile non invidiare l’uomo che ha trovato una felicità così grande" (G. Pacotto). La sua è davvero "la predica con il pennello", come era stato nel ‘400, quella del Beato Angelico. Padre degli orfani
Ma tutto questo successo, P. Angelico sa che in fondo è nulla; che l’unico successo da perseguire, per chi ha incontrato Cristo, è soltanto la santità, la perfetta configurazione a Lui nella carità teologale.
Un giorno, ha la tentazione forte di buttare pennelli e colori in un fiume. Ne parla con gli amici, ancora di più con i superiori dell’Ordine. Gli dicono di continuare, ma di "gettare la sua arte nel fiume della carità, a servizio delle vocazioni domenicane e dei piccoli orfani". Così nel 1942 egli decide di fare qualcosa per l’umanità sofferente. Le piccole vittime della guerra, bambini che hanno perso i genitori, non si contano più. Ha trovato i destinatari della sua carità.
Con i proventi dei suoi quadri, affitta a S. Mauro Torinese, "la casa del Sacro Cuore" in cui accoglie ed educa da vero padre numerosi fanciulli orfani, che ama come suoi figli e ai quali offre il calore di una famiglia. A loro provvede pure una "mamma", una giovane mamma, Maria Regale. Nata a Torino nel 1910, terziaria domenicana, giovanissima si era consacrata a Dio con i voti privati. Nel 1931, colpita da grave malattia, era rimasta per otto anni, inchiodata a letto. Miracolosamente guarita, per intercessione della Madonna, spesso visitata a Lourdes e a Loreto, dal 1942, offre il cuore di mamma ai piccoli orfani nella casa di S. Mauro, esempio splendido di dedizione per cinque anni. Scompare, improvvisamente, nella piccola cappella della casa, in mezzo ai "suoi" bambini, il 18 maggio 1947, mentre essi cantano "Salve Regina" della sera.
In quegli anni, "gli aspiranti domenicani e gli orfani - scrisse P. Raimondo Spiazzi - hanno in P. Angelico un padre: così i suoi dipinti, le sue mostre, i suoi successi diventano pane; così egli superò di fatto senza spreco di parole, la polemica tra i partigiani dell’"arte per l’arte" e quella dell’arte impegnata"; la sua via, si direbbe, è quella tomistica sulla quale l’arte si afferma secondo le sue leggi, che sono quelle della bellezza, ma l’artista ascolta le intime istanze della vita, della coscienza, della preghiera, anzi cerca la via che vale di più: la carità".
Ha compiuto così, P. Angelico Pistarino, una mirabile predicazione del Cattolicesimo: Dio non è un professore che propone soltanto delle lezioni di parole e di valori, e la sua rivelazione mostra il suo volto, il volto di Gesù Cristo, che ha detto: "Chi vede me, vede il Padre" (Gv 14,9). Il Cattolicesimo è la religione dei volti: il volto di Cristo, il volto di sua Madre, e di coloro che lo hanno perdutamente amato: i santi. I volti si innamorano tra loro e nasce tra il Cristo e le anime una storia di amore. Non l’astrazione, ma la concretezza. La dottrina sì, la legge morale sì - la più alta e la perfetta - ma incarnata e svelata dal Volto di Cristo. Non la gnosi - una sapienza soltanto umana - ma una Persona: Lui.
L’arte di P. Pistarino - come quella dell’Angelico - lo testimonia con luce sublime. Nel 1959, P. Angelico va a Parigi dove dipinge una serie di quadri ai bordi della Senna e nel quartiere di Montmartre. Al ritorno, trova una biografia a lui dedicata, illustrata da alcuni suoi quadri e da articoli di critici d’arte. Una grande soddisfazione per lui, che benché ancora giovane, sente i primi sintomi di un male insidioso.
I mesi che gli restano, si riempiono ancor più di Rosari alla Madonna, di un colloquio più intimo con Dio, di carità e di tenerezza verso i suoi "piccoli". Dopo un difficile intervento chirurgico, si spegne a Torino, il 18 giugno 1960.
Giovane inquieto, che si era pacificato solo in Cristo, aveva cercato nell’arte e nella vita religiosa, la Verità, la Luce, per goderla e offrirla a piene mani ai fratelli. Autore di stupendi capolavori, aveva realizzato il capolavoro più grande e più vero: la vita come dono pieno alla Verità e dono di Verità. Pochi giorni prima di morire, aveva scritto:
"La Fede, il Sacerdozio, l’Opera del Sacro Cuore sono i doni più belli che Gesù e la Madonna mi hanno fatto. Lo Spirito che ci anima è lo Spirito di Gesù, di amore alla Verità. Sempre la Carità di Cristo".
Paolo Risso
Versione app: 3.25.0 (f932362)