Riconosciuta la sua intercessione per la guarigione miracolosa di una bambina colpita da una grave encefalopatia. Giovanni Paolo I fu Papa per soli 33 giorni
«La cosa più incredibile dei miracoli è che accadono» diceva lo scrittore inglese Gilbert Keith Chesterton. Per pura gratia gratis data questo è accaduto anche per intercessione del venerabile servo di Dio Albino Luciani, papa Giovanni Paolo I. Con la pubblicazione del decreto Super miro è stato determinato da papa Francesco il riconoscimento della guarigione straordinaria di una bambina affetta da una grave encefalopatia. Il decreto infatti è l’ultimo atto che chiude il cammino giuridico dell’accertamento di un miracolo. È un atto giuridico della Congregazione delle cause dei santi, sancito dal Papa, con cui un fatto prodigioso viene definito vero e proprio miracolo.
Come rende noto pubblicamente la Congregazione delle Cause dei Santi «per la beatificazione del venerabile servo di Dio Giovanni Paolo I la Postulazione aveva presentato all’esame della Congregazione l’asserita guarigione miracolosa, attribuita alla sua intercessione, di una bambina affetta da "grave encefalopatia infiammatoria acuta, stato di male epilettico refrattario maligno, shock settico”. L’evento è accaduto il 23 luglio del 2011 a Buenos Aires». E la storia di questo miracolo è così sintetizzata e pubblicata dalla stessa Congregazione: «La bambina il 20 marzo 2011, all’età di undici anni, iniziò ad accusare un forte mal di testa che continuò sino al 27 marzo, quando si manifestarono febbre, vomito, disturbi comportamentali e della parola. Lo stesso giorno fu ricoverata d’urgenza a Paraná. Dopo gli esami e le cure del caso, fu formulata la diagnosi di “encefalopatia epilettica ad insorgenza acuta, con stato epilettico refrattario ad eziologia sconosciuta”. Il quadro clinico era grave, caratterizzato da numerose crisi epilettiche giornaliere, tanto che fu necessario intubarla. Non essendosi riscontrato alcun miglioramento, il 26 maggio 2011 la piccola venne trasferita, con prognosi riservata, nel reparto di terapia intensiva di un ospedale di Buenos Aires. Il 22 luglio 2011 il quadro clinico peggiorò ulteriormente per la comparsa di uno stato settico da broncopolmonite. I medici curanti convocarono i familiari, prospettando la possibilità di “morte imminente”. Il 23 luglio 2011, inaspettatamente, vi fu un rapido miglioramento dello shock settico, che continuò con il successivo recupero della stabilità emodinamica e respiratoria. L’8 agosto 2011 la paziente venne estubata; il successivo 25 agosto lo stato epilettico apparve risolto e il 5 settembre la paziente venne dimessa con prescrizione di terapia farmacologica e riabilitativa. La bambina riacquistò la completa autonomia fisica e psico-cognitiva-comportamentale».
L’iniziativa di invocare Giovanni Paolo I venne presa dal parroco della parrocchia a cui apparteneva il complesso ospedaliero. Come viene riferito: «Egli si recò al capezzale della piccola e propose alla madre di chiedere insieme l’intercessione del venerabile servo di Dio, al quale era molto devoto». Per i teologici si è quindi dimostrato chiaro «il nesso causale tra l’invocazione a Giovanni Paolo I e il viraggio favorevole del decorso clinico e la guarigione della bambina».
Il 9 novembre 2017 era stato promulgato il decreto con il quale sono state proclamate le virtù di Giovanni Paolo I. Con il riconoscimento giuridico del miracolo avvenuto per sua intercessione Papa Luciani potrà ora salire agli onori degli altari. Senza l’approvazione di miracoli accaduti per intercessione di un Servo di Dio o di un beato non si può infatti portare a conclusione una causa di canonizzazione. Proprio il processo per l’accertamento di un miracolo è infatti centrale nel compimento di una causa di canonizzazione. E provare e attestare l’autenticità di un fatto prodigioso è frutto di una accurata procedura d’inchiesta e di un rigoroso esame scientifico e teologico. Nella Summa theologica san Tommaso definisce miracolo «ciò che è fatto da Dio fuori dell’ordine della natura». Si considera quindi miracolo un fatto che supera le forze della natura, che è operato da Dio fuori dell’ordinario di tutta la natura creata per intercessione di un servo di Dio o di un beato.
Attualmente, come è noto, per la beatificazione di un servo di Dio non martire la Chiesa chiede un miracolo, per la canonizzazione (anche di un martire) ne chiede un altro. Solo i presunti miracoli attribuiti all’intercessione di un servo di Dio o di un beato post mortem possono essere oggetto di verifica. Istruita quindi l’inchiesta, che è un vero e proprio processo, questa viene condotta separatamente da quella sulle virtù, sull’offerta della vita o sul martirio. Nel corso della procedura vengono raccolte e vagliate tutte le prove acquisite riguardanti sia il fatto prodigioso in se stesso, per accertare l’evento miracoloso come tale, sia l’attribuzione di quel fatto all’intercessione di un determinato candidato agli onori degli altari. L’iter processuale per il riconoscimento del miracolo avviene secondo le normative stabilite nell’83 dalla costituzione apostolica Divinus perfectionis Magister. La legislazione stabilisce due momenti procedurali: quello diocesano e quello della Congregazione, detto romano. Il primo si svolge nell’ambito della diocesi dove è accaduto il fatto prodigioso. Nella diocesi di Buenos Aires, nel caso di Luciani. Il vescovo apre l’istruttoria sul presunto miracolo nella quale vengono raccolte sia le deposizioni dei testi oculari interrogati da un tribunale debitamente costituito, sia la completa documentazione clinica e strumentale inerente al caso. Nel secondo, la Congregazione esamina l’insieme degli atti pervenuti e le eventuali documentazioni suppletive, pronunciando il giudizio di merito. Dichiarare la santità di una persona non è, infatti, come assegnare un titolo onorifico, per questo l’accertamento del miracolo è centrale in una causa di canonizzazione. Ci si può sempre ingannare, i miracoli invece solo Dio può compierli, e Dio non inganna. Sono un dono gratuito di Dio, un segno certissimo della rivelazione, destinato a glorificare Dio, a suscitare e rafforzare la nostra fede, e sono anche, quindi, una conferma della santità della persona invocata. Il loro riconoscimento consente pertanto di dare con sicurezza la concessione del culto. Insomma i santi sono fatti per i miracoli e questi, in una causa di canonizzazione, rappresentano anche una sanzione divina a un giudizio umano.
Miracolo e santità sono le due facce del medesimo mistero di salvezza. È quindi di importanza capitale conservare la loro necessità nelle cause di canonizzazione. Del resto la Chiesa ha attribuito da sempre ai miracoli una rilevanza centrale. Fin dai primi secoli, quando i vescovi si trovavano a dover concedere il culto per un non martire, prima di vagliare l’excellentia vitae e delle virtù, consideravano le prove dell’excellentia signorum, cioè delle grazie ricevute. Via via poi, nel corso dei secoli, si stabiliscono e si affinano le procedure d’indagine sui miracoli prima di procedere a una canonizzazione, fino a quando nel 1948 Pio XII decise di costituire la Commissione medica, poi Consulta medica, come organismo specifico di valutazione scientifica, e da questo momento in poi, fino ad oggi, l’esame è duplice: medico e teologico. L’esame e la discussione finale della consulta medica si concludono stabilendo esattamente la diagnosi della malattia, la prognosi, la terapia e la sua soluzione. La guarigione, per essere ritenuta oggetto di un possibile miracolo, deve essere giudicata dagli specialisti come rapida, completa, duratura e inspiegabile secondo le attuali cognizioni medico-scientifiche. I consultori teologi, partendo dalle conclusioni della Consulta medica, sono chiamati a individuare il nesso di causalità tra le preghiere al servo di Dio e la guarigione o altro inspiegabile evento di ordine tecnico, ed esprimono il parere che il fatto prodigioso è un vero miracolo. Quando anche i teologi hanno espresso e redatto il loro voto, la valutazione passa alla Congregazione dei vescovi e cardinali, i quali, dopo aver ascoltato l’esposizione fatta da un “ponente”, discutono tutti gli elementi del miracolo: ciascun componente dà quindi il suo giudizio da sottoporre all’approvazione del papa, il quale determina il miracolo, e dispone poi di promulgarne il decreto.
Questo in sintesi l’iter e la sua importanza. Perché quando un miracolo accade, il beneficio non è solo per i diretti interessati ma per tutti i fedeli. A giusto titolo, il Concilio Vaticano II, parlando della intercessione dei santi, ha voluto inquadrarla nella vitale unione di carità che dobbiamo avere con essi. Quel vitale consortium per cui noi possiamo aver parte ai benefici procurati dai loro meriti e, amandoli di quella carità che tende a Dio, formiamo con loro un solo corpo, una sola famiglia, una sola Chiesa.
di Stefania Falasca
tratto da avvenire.it
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