Chi lo avrebbe mai detto che questo Papa, definito all'antica e anziano, già ci manca e manca persino agli adolescenti? È sorprendente vedere come proprio da loro sia definito un punto di riferimento, un'ancora in un tempo ostile, un compagno nella crisi.
«Se persino la Chiesa ci insegna a "dimetterci" dalle responsabilità, ad abbandonare il posto che occupiamo, a scegliere la via più breve, a non combattere, a mollare tutto, dovremmo allora cominciare a prospettare l'unica seria e concreta fine del mondo?».
Ho chiesto a Giulia il permesso di riportare le sue riflessioni e in lei ritrovo i tanti studenti che hanno posto domande simili dinanzi alla decisione di Benedetto XVI di lasciare il ministero papale. Per più di un motivo non posso fare a meno di scrivere subito su quanto accaduto e sottolineare l'utilità di parlarne a lungo a scuola: primo fra questi la necessità di aprire un confronto schietto con i ragazzi poiché il loro pensiero è stimolante, le loro questioni ci interrogano e chiedono un confronto; il secondo è relativo alla dimensione "storica" e "epocale" del fatto, visto che bisogna scomodare Celestino V e il XIII secolo per un gesto simile, facendo le dovute differenze. Sarebbe fuori dal tempo non affrontare il tema a scuola, magari per vacui pretesti di laicità, visto che il mondo intero ne parla e che, alunni e docenti, che ci piaccia o no, stiamo vivendo un evento unico; nondimeno valido è l'aspetto letterario e culturale, se anche non interessasse altro, visto che il riferimento a Celestino V ci riporta a Dante, ma anche a Petrarca, Jacopone da Todi e Ignazio Silone; poi ci sono tutti gli aspetti religiosi, spirituali e ecclesiastici che di certo animeranno le ore di Religione.
Mentre scrivo queste righe, è sempre Giulia però a farmi tornare coi piedi per terra via Facebook: «E allora come stanno le cose? Io so solo di un uomo che, nelle vesti di guida e modello universale, ha abbandonato il suo posto e tutti noi. Mi sentirei, adesso, in dovere anche io di seguire il suo esempio e arrendermi di fronte a ciò che mi viene difficile o che credo di non riuscire ad affrontare. In un periodo del genere avrebbe dovuto essere il caposaldo del mondo, quello che vive la nostra stessa crisi, la condivide con noi, ma per tenerci tutti a galla, non per affondare».
Chi lo avrebbe mai detto che questo Papa, definito all'antica e anziano, già ci manca e manca persino agli adolescenti? È sorprendente vedere come proprio da loro sia definito un punto di riferimento, un'ancora in un tempo ostile, un compagno nella crisi. C'è un senso di smarrimento, quasi a dire "prima o poi ci lasciano tutti quelli in cui crediamo e speriamo", forse segno di una mancanza generalizzata di adulti significativi, di modelli credibili, di educatori vicini. Che dire a Giulia e ai suoi compagni? Intanto che "ci siamo" e che li ascoltiamo, poi che tirarsi indietro non vuol dire per forza abbandonare tutto e che a volte è eroico farlo quando è necessario per un bene più grande.
Ma c'è altro da focalizzare: una debolezza che non è sconfitta ma abbandono a qualcosa di più grande, la forza di scegliere ciò che è scandalo per tutti ma è libertà nella fede, l'umiltà del chiedere perdono e riconoscere i propri limiti per amore.
Marco Pappalardo
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