Percuotersi il petto

In questo percorso di Quaresima vogliamo presentare alcuni gesti liturgici, per comprenderne meglio il significato. Oggi parliamo del gesto di percuotersi il petto.

Percuotersi il petto

Durante il rito penitenziale e nel momento in cui il celebrante presenta l'ostia ai fedeli prima della comunione, i cristiani si battono il petto, pensando alla parabola del fariseo e del pubblicano. Imitano il pubblicano che "fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: 'O Dio, abbi pietà di me peccatore'" (Lc 18,13).

Gesto di pentimento del cristiano che confessa la propria colpa e la propria indegnità.

Gesto di contrizione dell'uomo, sempre tentato di giustificarsi come il fariseo, ma che davanti a Dio e in presenza dei suoi fratelli si riconosce fino in fondo responsabile e colpevole.

Gesto del peccatore che si colpisce il cuore da dove - dice Gesù - "provengono propositi malvagi" (Mt 15,19).

Gesto che è in se stesso un appello fiducioso alla misericordia di Dio.

Spezzare la durezza del cuore. Cambiare il nostro cuore di pietra in cuore di carne. Rendere il cuore permeabile alla grazia.

Cos'altro significa il nostro batterci il petto? ... Il vero significato è che vogliamo spezzare il cuore, perché venga raddrizzato dal Signore.
Agostino di Ippona, Esposizioni sui salmi 146,7

Nell'orazione vocale dobbiamo far uso di parole devote, che eccitano il fervore della santa meditazione; dobbiamo anche far uso di determinati gesti che possano commuovere il nostro cuore, come inginocchiarci, giungere le mani, elevarle a Dio, batterci il petto, chinare il capo. La nobile dama deve servirsi di gesti di questo tipo per elevare il proprio cuore a Dio e ravvivare in sé lo spirito di devozione.
Durand de Champagne, Miroir des dames, in Prier au Moyen Age. Pratiques  et expériences (ve. xv siècles), Brepols, Turnhout 1991, p. 240

Cosa significa dunque questo battersi il petto? Penetriamo bene questo senso. A tale scopo, dobbiamo compiere bene l'atto. Non toccarci appena con la punta delle dita il vestito; il pugno chiuso deve colpire il petto. Forse hai visto già in vecchi quadri san Girolamo inginocchiato nel deserto che, nella piena della commozione, si batte il petto con una pietra nella mano. È una percossa, non un gesto cerimonioso. Ha da attraversare le porte del nostro mondo interiore e scuoterlo. Allora comprendiamo cosa significa.
Romano Guardini, I santi segni, p. 40

Fare il mea culpa è un'espressione che dalla liturgia è passata nell'uso corrente della lingua. Non è un atteggiamento spontaneo; richiede un grande sforzo di lealtà e suppone che ci si faccia carico, davanti agli altri, delle colpe che si sono potute commettere, oltre al riconoscimento dei propri torti; perché, se non si fa volentieri il mea culpa, c'è un modo sottile in cui sembra di farlo: facendolo simbolicamente sul petto degli altri.
Guy-Marie Oury, Les gestes de la Prière, p. 143

Tratto da: P. Christopeh, La bellezza dei gesti del cristiano, Qiqajon.

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