Il sistema di Don Bosco risuona anzitutto come un forte appello a resistere con senso critico nei confronti delle mode del momento e dei miti in voga, per rifarsi alle cose che contano...
«Due sono i sistemi in ogni tempo usati nella educazione della gioventù - si legge nel trattatello di Don Bosco -: Preventivo e Repressivo». E prosegue ponendo in contrapposizione, nel contesto dell'800, i due sistemi l'uno all'altro, e facendo emergere la bontà e i vantaggi del sistema perventivo.
Oggi la situazione è certamente assai diversa. I sistemi educativi si dibattono più tra il permissivismo, che sembra avere la meglio, almeno apparentemente, e l'autoritarismo, che perdura, nonostante tutto, nelle pieghe di nuove forme costrittive o di ricatto senza sapere dove planare. E tuttavia la questione educativa incalza. Il disagio giovanile è profondo, invoca una vigorosa riscossa.
Ma la tradizione educativa autoritaria ha fatto oggi il suo tempo. Non è pensabile il procrastinare, e nemmeno augurabile. D'altro canto assistiamo, spesso impotenti, allo svilimento e avvilimento della funzione educativa in un contesto permissivo. Lo spontaneismo non garantisce la spontaneità, la bontà della scelta non è assicurata dalla semplice libertà di comportamento, il pluralismo di proposte e di modelli non esenta da sottili persuasioni occulte. Soprattutto l'esigenza di ricuperare da esperienze mortificanti spinge sempre più alla scelta di impegnarsi a tempo pieno per prevenire.
Il sistema di Don Bosco risuona anzitutto come un forte appello a resistere con senso critico nei confronti delle mode del momento e dei miti in voga, per rifarsi alle cose che contano. Ulteriormente è una proposta concreta nel dibattito pedagogico, e oggi una risposta al disagio educativo. Educazione preventiva è dunque la proposta di Don Bosco: ossia impegno a progettare l'avventura della vita non come una «filastrocca recitata» di innumerevoli fotogrammi che scorrono davanti agli occhi come in un film, bensì quale intreccio di vicende che hanno dignità a superano il tempo. Il metodo di Don Bosco si pone tra permissivismo e autoritarismo. E non si tratta certo di compromesso tra ipotesi divergenti per risolvere il dilemma, oppure di via media della saggezza antica che dice un po' dell'uno e un po' dell'altro. Esso rappresenta, al contrario, una reinterpretazione originale, peculiare dell'azione educativa, che si fa proposta di metodo per gli educatori.
1. Prevenire significa suscitare energie di bene
Il termine preventivo che Don Bosco utilizza, va sicuramente oltre la stretta accezione linguistica per arricchirsi delle caratteristiche tipiche della sua arte educativa.
Prevenire esprime in primo luogo precedere il sorgere di esperienze negative che possono compromettere le energie del giovane o costringere in seguito a ricuperare con sforzi spesso enormi, se non irreparabilmente frustranti. Ma il termine presenta un'accezione anche positiva, indica un approccio alla realtà educativa in stile propositivo nel favorire «ogni iniziativa per crescere nel bene» e nell'incoraggiare «a liberarsi da ogni schiavitù affinché il male non domini la loro (dei giovani) fragilità» (C. 39).
Si tratta allora di assumere precisi criteri di metodo che rivelano profonde intuizioni pedagogiche: sono il proporre esperienze positive che attraggano e coinvolgano, che suscitino il fascino della simpatia giovanile e dell'impegno gratificante; il motivare dall'interno la direzione di crescita, frustrando insensibilmente i formalismi dell'esteriorità, svelando con coraggio le persuasioni occulte e promuovendo l'iniziativa in libertà interiore; il guadagnare il cuore dei giovani per stimolarli al bene nella logica del dono e del servizio compiuti nella gioia (JP 8). Prevenire significa in definitiva promuovere un ecosistema di vita e di esperienze.
Comprensibilmente una simile visione presuppone la radicata convinzione in cuore che in ogni giovane ci siano energie di bene. A tal proposito il credo educativo di Don Bosco suscita speranza contro ogni speranza: «In ogni giovane, anche il più disgraziato, havvi un punto accessibile al bene: dovere primo dell'educatore è cercare questo punto, questa corda sensibile e trarne profitto» (MB V, 367). Ogni giovane ha potenzialità di ricupero e di crescita.
Il sistema preventivo si propone di risvegliare le energie migliori nei giovani, «fa appello non alle costrizioni, ma alle risorse dell'intelligenza, del cuore e del desiderio di Dio, che ogni uomo porta nel profondo di se stesso» (C. 38).
2. Senso unitario del trinomio: ragione, religione, amorevolezza
Peraltro Don Bosco stesso, interpretando tale realtà preventiva in termini operativi, la esprime con una formula ormai diffusamente familiare: il sistema preventivo - dice - «si appoggia tutto sopra la ragione, la religione e sopra l'amorevolezza» (MB XIII, 919).
Questo trinomio sta a fondamento della sua pedagogia, ma «più che base per una sistemazione dei contenuti,... esso indica una triplice ispirazione congiunta che compenetra e anima tutti e singoli gli aspetti dell'esperienza educativa e pastorale di Don Bosco. Infatti, di ragione, religione, amorevolezza vuole essere permeato tutto il ricco patrimonio dei valori umani e religiosi che garantiscono il genuino sviluppo umano, religioso e cristiano dei singoli, secondo una vera teologia dell'incarnazione» (CG 21, 89). E tale formulazione è nel medesimo tempo espressione di sintesi e indice di uno stile educativo, che è «modo di vivere e di lavorare per comunicare il Vangelo e salvare i giovani con loro e per mezzo di loro... Permea le relazioni con Dio, i rapporti personali e la vita di comunità, nell'esercizio di una carità che sa farsi amare» (C. 20). Intorno a questo trinomio dunque si polarizzano teologicamente e metodologicamente gli elementi educativi fondamentali di tutto il metodo (P. Braido), conservando ogni termine la sua rilevanza di significato. Ragione, religione, amorevolezza sono come evidenze cariche di istanze educative e di valori emergenti, che funzionano da catalizzatori di senso.
Con il termine ragione viene sottolineato il senso vivo dei valori genuinamente umani e al contempo cristiani: il valore della persona, della coscienza, della natura umana, della cultura, del mondo del lavoro, del vivere sociale.
In questo contesto l'uomo, il giovane, viene riconosciuto come «la prima strada», «la prima e fondamentale via della Chiesa», per adempiere la sua missione (RH 14).
Don Bosco è estremamente attento alla condizione storica dei giovani, alle loro esigenze e aspirazioni, oltre che alle prospettive escatologiche. Egli si propone un ideale educativo di uomo che è «unione ben riuscita tra la permanenza dell'essenziale e la contingenza dello storico, tra il tradizionale e il nuovo». Ragione dice dunque «visione antropologica aggiornata e integrale, libera da riduzionismi ideologici. L'educatore moderno deve saper leggere attentamente i segni dei tempi per individuarne i valori emergenti che attraggono i giovani: la pace, la libertà, la giustizia, ... la solidarietà, ...» (JP 10).
La parola religione, invece, ci rammenta che la pedagogia di Don Bosco è costitutivamente trascendente. La religione deve illuminare la finalità dell'azione educativa. Per questo «l'uomo formato e maturo è il cittadino che ha fede, che mette al centro della sua vita l'ideale dell'uomo nuovo proclamato da Gesù Cristo e che è coraggioso testimone delle proprie convinzioni religiose» (JP 11). È l'onesto cittadino, perché buon cristiano, che ha fede viva, radicata nella realtà quotidiana, fatta di presenza di Dio e di disponibilità alla sua grazia.
La religione si pone quindi a fondamento dell'edificio educativo: essa motiva e ispira tutta la realtà. In una visione complessiva e integrale Don Bosco traccia una sintesi spirituale semplicissima e alla portata di tutti: «Dovunque siate - si rivolge ai suoi exallievi -, mostratevi sempre buoni cristiani e uomini probi» (BS 1880, n. 9).
E infine «l'amorevolezza» rappresenta il supremo principio del metodo. Essa dice simpatia e volontà di contatto con il mondo giovanile, capacità di dialogo e di mutua fiducia, totale dedizione per la loro crescita; indica l'indispensabilità della presenza pedagogica, che si rende attiva in amicizia, in coinvolgimento, in modo tale che l'educatore non è considerato tanto un superiore, quanto un padre, fratello e amico.
In una parola, essa denota familiarità e spirito di famiglia, dando così rilevanza e spessore alla bontà del cuore.
Amorevolezza addita ancor più che nell'ideale educativo di Don Bosco sta l'uomo buono, animato dalla carità di Dio, testimoniato assai più con la vita che con l'indicazione esplicita di norme pedagogiche.
Il centro propulsore della sua azione rimane la carità, che «inclina ad amare il giovane, qualunque sia lo stato in cui si trova, per portarlo alla pienezza di umanità che si è rivelata in Cristo, per dargli la coscienza e la possibilità di vivere da onesto cittadino come figlio di Dio» (JP 9).
La carità si manifesta allora, come amorevolezza, in un atteggiamento quotidiano, che non è semplice amore umano, né sola carità soprannaturale; assai più esprime una bontà che sa farsi amare, una bontà eretta a sistema, bontà educativa.
3. Un trinomio da reinterpretare in forma sempre rinnovata
Il sistema di Don Bosco si fonda tutto sopra la ragione, la religione e l'amorevolezza: un linguaggio antico da interpretare nell'oggi, dizioni da rendere pienamente evocative anche per gli educatori odierni.
E allora diciamo che Don Bosco procede nella sua azione progettando: progetta l'educazione strutturandola in modo organico nelle tre direzioni fondamentali di un ideale modello sistemico (ossia che tiene conto di molteplici aspetti della realtà): la struttura relazionale, il sistema valoriale i modelli dell'azione.
Con l'amorevolezza egli dimostra la sua attenzione estrema alle strutture relazionali del metodo pedagogico. La comunicazione educativa nel rapporto interpersonale e la relazione sociale di un ambiente istituzionale, in cui si percepisce il noi nel suo insieme, assumono oggi rilievo decisivo e sono presupposto per l'efficacia educativa e l'adeguatezza dell'istituzione. Si pensi alla rilevanza del dialogo, come atteggiamento e come abilità comunicativa; alla categoria di clima degli ambienti educativi, che per Don Bosco è il clima di famiglia; alla dinamica di una istituzione come può essere l'oratorio, il quale sia pensato come sistema aperto su altre istituzioni e come agenzia educativa in un contesto pluralistico e di società complessa.
La religione denota il sistema valoriale, prospettiva indispensabile di ogni azione educativa. Un quadro di riferimento di valori educativi, una visione dell'uomo e della società sono inevitabili, e consapevolmente tanto più richiesti, in un progetto di educazione. Certo, il termine religione prende il senso ricco della fede incarnata di Don Bosco, è rivelativo di una visione di integralità di esistenza - non di separatezza, di amore alla vita nella sua totalità, di ispirazione e motivazione profonde del vivere dell'uomo totale. In questa accezione dire Dio è dire contemporaneamente l'uomo: «Amare Dio significa trovare e servire l'uomo, l'uomo vero, l'uomo integrale; amare l'uomo - fare il cammino con lui significa trovare Dio, termine trascendente, principio e ragione di ogni amore» (DB 161). Da ultimo, la terza direzione del modello è significata nella ragione, che dice capacità di lettura della realtà umana, di intuire dentro le situazioni, di interpretare i fenomeni, di infondere loro vigore razionale. Significa al contempo anche ragionevolezza, ossia razionalità non astratta, ma ricerca concreta di saggezza e di sapienza di vita.
La contraddittorietà del reale, il pluralismo dei modelli culturali, l'ambivalenza dei comportamenti, la carica simbolica dei gesti dell'uomo, la problematicità dell'esistenza... tali odierne questioni si fronteggiano anzitutto con la ragione, dono di Dio. L'autonomia delle realtà terrestri richiede il nostro impegno di ricerca, pur esigendo riferimento a istanze etiche. Con la ragione si tratta pertanto di prendere coscienza della realtà fenomenica, ossia di operare l'intelligenza delle situazioni, cogliendone la complessità. Occorre inoltre saper gestire la propria azione nella plurivalenza dei significati dei comportamenti umani e saper confrontarsi nel dialogo aperto con le diverse Weltanschauungen senza rinunciare alla propria identità.
Più oltre ci sfidano anche i modelli culturali, realtà che incidono nel cammino di realizzazione storica dell'uomo e dell'umanità. La questione della trasformazione sociale del mondo non ci può lasciare indifferenti, anzi ci stimola a inventare modelli di cambiamento e strategie di innovazione, perché si realizzi la civiltà dell'amore.
Il termine ragione, letto soprattutto alla luce dell'azione storica e sociale di Don Bosco, dice tutto questo, in particolare sottolinea l'incidenza della prassi nella vita, l'influsso dei modelli di comportamento quotidiani, dei riferimenti etici, in vista della trasformazione della società a misura d'uomo e di ogni uomo.
Certamente il messaggio pedagogico di Don Bosco è aperto, «richiede di essere continuamente approfondito, adattato, rinnovato con intelligenza e coraggio... Tuttavia - afferma il Papa - la sostanza del suo insegnamento rimane, la peculiarità del suo spirito, le sue intuizioni, il suo stile, il suo carisma non vengono meno, perché ispirati alla trascendente pedagogia di Dio... Egli continua ad essere maestro, proponendo una nuova educazione che è insieme creativa e fedele» (JP 13).
Giovanni Battista Bosco
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