Nel suo insieme il documento ha una visione speranzosa e positiva dei giovani. Li ritiene soggetti capaci di scelte, in grado di sognare cose grandi, abitati della presenza di Dio...
del 07 novembre 2018
Nel suo insieme il documento ha una visione speranzosa e positiva dei giovani. Li ritiene soggetti capaci di scelte, in grado di sognare cose grandi, abitati della presenza di Dio...
Dopo l’importante servizio reso come Segretario Speciale del Sinodo dei Vescovi sui giovani, don Rossano Sala, SDB, ci aiuta ora a comprendere meglio il Documento finale prodotto dal Sinodo.
Quale visione dei giovani esprime il Documento finale?
Il Documento finale è ampio e articolato. È un documento complesso e intenso, che non va solo letto, ma studiato con molta attenzione, perché è una mappa aggiornata con una certa precisione e meticolosità, nonostante il tempo di lavoro per realizzarla non sia stato molto. Nel suo insieme il documento ha una visione speranzosa e positiva dei giovani. Li ritiene soggetti capaci di scelte, in grado di sognare cose grandi, abitati della presenza di Dio, che a volte va risvegliata con una pastorale capace di proposte significative e graffianti. Una visione che non mi dispiace chiamare “salesiana”, nel senso che affonda le sue radici nell’ottimismo antropologico che viene da san Francesco di Sales. Questo grande santo sta alla base della nostra spiritualità e ci ha trasmesso quella capacità di vedere Dio presente in ogni giovani, anche il più difficile. Don Bosco ha fatto sua questa visione. Mi pare che il Documento finale abbia fin dall’inizio uno sguardo di questo tipo: non nasconde le debolezze dei giovani, ma va in profondità scorgendo la presenza e l’azione di Dio in loro. Non si nascondono quindi le ombre che abitano il nostro tempo, che ci sono ma non prevalgono: vince invece la luce della fede, che sempre cerca la strada buona per arrivare al cuore di ogni uomo, che sempre cerca quel punto accessibile al bene, che mai dispera ma sempre tenta ogni via per portare Dio ai giovani e i giovani a Dio.
Quale ritiene sia il frutto più importante lasciato da questo sinodo?
Il primo capitolo della terza parte fa la differenza. Lì, per così dire, il Documento finale mette il turbo, perché la prospettiva diventa “sistemica”, cioè si passa alla sinodalità, che è il nome giusto per dire a tutti: “Camminiamo insieme con i giovani”. Non si tratta di fare “un’opzione preferenziale per i giovani”, sarebbe ancora troppo poco! È piuttosto una scelta di sinodalità, dove i giovani, in un insieme ecclesiale che raccoglie ogni battezzato, sono i protagonisti. Nessuno nella Chiesa è un semplice “destinatario”, ma tutti abbiamo qualcosa da dare e qualcosa da ricevere, a partire dai giovani.
I giovani sono stati la chiave che ha spalancato le porte della sinodalità nella Chiesa! Questo è un grande risultato, una novità dello Spirito che non era presente nella preparazione del Sinodo, ma che poi ha fatto irruzione, spiazzando qualcuno. È giusto così, lo Spirito del Signore non è mai scontato, ma fa nuove tutte le cose, entra quando meno te lo aspetti e ti fa cambiare direzione, ti apre strade nuove, inimmaginabili e meravigliose.
Il primo frutto di questo sinodo, ben visibile dal Documento finale, è che non si possono problematizzare i giovani perché si sono allontanati dalla Chiesa; va invece verificata e rilanciata la qualità evangelica della Chiesa nel suo insieme. In questo senso si parla di “sinodalità missionaria”: è un termine nuovo, che forse sembrerà un po’ strano, ma in realtà è tanto profondo quanto semplice. Esso afferma che la missione della Chiesa, se non vuole essere proselitismo, deve partire dalla qualità relazionale dei suoi membri, giovani compresi: la comunione ecclesiale non è solo un presupposto, ma è la prima e più importante forma di testimonianza e base per ogni opera missionaria. Formidabile è il n. 118, al cui centro ci sono queste due frasi, che non hanno bisogno di alcun commento, tanto sono chiare: «La messa in atto di una Chiesa sinodale è il presupposto indispensabile per un nuovo slancio missionario che coinvolga l’intero popolo di Dio»; «Il cammino della sinodalità è il cammino che Dio si aspetta dalla Chiesa del III millennio».
Qual è il significato profondo di aver scelto il brano evangelico di Emmaus come filo conduttore del documento finale?
Emmaus è stato indicato dalla maggior parte dei Padri Sinodali come referente privilegiato per essere Chiesa significativa oggi per i giovani. Le tre parti del Documento finale si rifanno ai tre momenti fondamentali dell’episodio. Gesù che cammina con loro, ascoltandoli con dolcezza e lasciando che si esprimano dal loro cuore confuso; Gesù annuncia e spezza il pane, riorientando la loro vita; i discepoli ripartono e testimoniano il loro incontro con Gesù. È la storia della Chiesa; è la storia di ogni comunità; è la nostra storia con Dio; è anche la storia di ogni giovane.
La narrazione evangelica è attuale: Gesù spezza il pane per noi come lo ha fatto per quei discepoli la sera di Pasqua, Il significato profondo di tutto ciò sta in un cammino che dobbiamo fare insieme con i giovani e con Dio. Non si può pensare alla Chiesa e ai giovani come a due entità separate; non si può pensare a Dio e ai giovani come entità separate; non si può pensare a Dio e alla Chiesa come a due realtà separate! Emmaus è quindi, ancora una volta, un’immagine di sinodalità, dove lo Spirito del Signore unisce e crea sinfonia tra tutti: unisce garantendo la bontà delle nostre differenze, crea comunione in una nuova armonia
Agenzia Info Salesiana
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