Rapporto UNICEF “Progress for Children”: un bambino su 12, nel mondo, non arriva a compiere 5 anni. Il mondo non mantiene la promessa di ridurre la mortalità infantile.
del 01 gennaio 2002
 
Nuovi dati raccolti paese per paese, resi noti oggi dall’UNICEF nel rapporto “Progress for Children”, rivelano che nonostante la disponibilità di misure efficaci e a basso costo si stanno verificando progressi troppo lenti nella riduzione della mortalità infantile. Mentre 90 Paesi sono sulla giusta strada per raggiungere l’obiettivo prefissato, ossia quello di ridurre il tasso di mortalità infantile di 2/3 (rispetto al 2000) entro il 2015, 98 Paesi sono, invece, lungi dal realizzarlo e, al livello globale, i progressi sono troppo lenti.
 
Con l’attuale tasso di progresso, si calcola che entro il 2015 il tasso medio di mortalità sotto i 5 anni si avvicinerà ad una riduzione di appena 1/4; un traguardo molto distante dalla riduzione auspicata dai leader del mondo.
 
Nel mondo 1 bambino su 12 muore prima di raggiungere il 5° anno di età: un miglioramento rispetto ai primi anni ‘60 (quando moriva un bambino su 5), ma in concreto questo significa che ogni anno ancora 11 milioni di bambini muoiono per cause prevenibili.
 
“Il diritto del bambino alla sopravvivenza è la prima misura di uguaglianza, speranza e libertà”, ha dichiarato il Direttore Generale dell’UNICEF Carol Bellamy, presentando a New York il “Progress for children”: “E’ incredibile che in un’età di prodigi medici e tecnologici le speranze di sopravvivenza dei bambini siano in molti paesi ancora così tenui, soprattutto per i più poveri ed emarginati. Possiamo fare molto di più”.
 
Il rapporto UNICEF stila una classifica dei Paesi in base al tasso medio annuo di progresso a partire dal 1990, anno in cui si è lanciato l’obiettivo di ridurre la mortalità infantile di 2/3 entro il 2015; un obiettivo, questo, accettato da tutti i governi, in quanto facente parte degli “Obiettivi di sviluppo del millennio” delle Nazioni Unite.
 
Il tasso di mortalità infantile si riferisce al numero dei bambini morti sotto i cinque anni e si misura ogni 1000 nascite. Per esempio, nel 2002, l’anno più recente di cui si hanno dati disponibili, i paesi industrializzati hanno registrato mortalità infantile media di 7 decessi ogni 1000 nascite, mentre i paesi meno sviluppati presentavano una media di 158 morti ogni 1.000 nati. L’UNICEF considera il tasso di mortalità infantile il principale indice per stabilire il grado di sviluppo di un paese.
 
 
Fase di regressione 
I tassi di mortalità infantile variano considerevolmente fra regioni e paesi, ma i risultati più preoccupanti riguardano i paesi in cui non vi è stato alcun progresso nella riduzione del tasso di mortalità infantile; in pratica quei paesi in cui il tasso annuo di progresso è stato negativo e che, in altre parole, attraversano una fase di regressione, con tassi di mortalità infantile in aumento. In vari paesi dell’Africa Sub-sahariana e della Confederazione di Stati Indipendenti, i bambini hanno meno probabilità di raggiungere il 5° anno di vita di quante ne avessero nel 1990.
 
L’HIV/AIDS rimane una delle principali cause di fondo che incidono sull’andamento della mortalità infantile, in modo particolare nell’Africa Sub-sahariana. Botswana, Zimbabwe e Swaziland, che detengono rispettivamente il secondo, terzo e quarto posto per il più rapido incremento della mortalità infantile sotto i 5 anni, segnalano anche la più alta media mondiale di casi di HIV: rispettivamente circa il 37, 25 e 39%. Altri fattori chiave che incidono sui tassi di mortalità infantile, come nel caso dell’Iraq e dell’Afghanistan, sono le conseguenze dei conflitti armati e dell’instabilità sociale.
 
Malgrado un lieve miglioramento, la Sierra Leone continua a registrare il più alto tasso al mondo di mortalità infantile, con oltre 1 bambino su 4 che non raggiunge il 5° anno di età (ogni anno muoiono 284 bambini su 1000 nati).
 
I paesi dell’America Latina e dei Caraibi hanno registrato in media i progressi più consistenti, sebbene si stiano aprendo divari allarmanti fra i vari paesi dell’area. In questi paesi, povertà e discriminazione impediscono l’accesso ai servizi di base ad ampie fasce della popolazione infantile. Malesia, Malta ed Egitto hanno nel complesso realizzato i progressi più notevoli, sebbene l’Egitto sia ancora impegnato nella lotta alla polio. L’Iraq è il paese che ha perso più terreno dal 1990.
 
Le tabelle regionali del rapporto forniscono comparazioni di quanto velocemente o lentamente le nazioni abbiano ridotto il tasso di mortalità infantile tra il 1990 e il 2002. L’obiettivo di una riduzione di 2/3 presume un tasso medio annuo di progresso di almeno il 4,4% tra il 1990 e il 2015. Il rapporto rivela che nessuna regione ha raggiunto quello standard, benché quasi 50 paesi lo abbiano conseguito. Circa 78 paesi non sono riusciti a raggiungere nemmeno una media annua del 2%.
 
I dati mettono chiaramente in evidenza che i paesi che fin dal 1990 hanno denotato progressi insufficienti, ora hanno un compito molto più arduo da raggiungere. Almeno 39 paesi, infatti, devono adesso ridurre la mortalità infantile ad un tasso medio annuo di almeno l’8% - durante gli anni rimanenti fino al 2015 - se vogliono raggiungere l’obiettivo prefissato.
 
A livello regionale, gran parte del Medio Oriente e dell’Africa settentrionale, dell’America Latina e dei Caraibi, dell’Asia orientale e dell’area del Pacifico sono sulla giusta strada per raggiungere l’obiettivo, mentre l’Europa orientale, l’Asia meridionale e l’Africa sub-sahariana avranno bisogno di drastiche misure se vogliono avvicinarvisi.
 
 
Le cause 
Le inadeguate condizioni in cui avvengono le nascite – vale a dire una scarsa o inesistente assistenza sanitaria per le madri e la mancanza di assistenti esperti durante il parto - sono all’origine della grande maggioranza delle morti che potevano essere prevenute. Le infezioni e le malattie parassitarie, quali la diarrea e le infezioni respiratorie acute, seguite da malaria e morbillo, sono le altre principali cause di mortalità infantile.
 
La malnutrizione contribuisce a oltre la metà della totalità dei decessi infantili. Acqua non potabile e condizioni igienico-sanitarie carenti sono altri fattori che contribuiscono al fenomeno. Le infezioni respiratorie acute e la diarrea causano circa 1/3 della mortalità infantile.
 
“Il mondo ha gli strumenti per accrescerele speranze di sopravvivenza dei bambini, se solo decidesse di usarli”- ha dichiarato il Direttore dell’UNICEF. “I vaccini, i micronutrienti e le zanzariere antimalaria trattate con insetticidi non sono molto costosi e potrebbero salvare la vita a milioni di bambini. Ma solo un numero insufficiente di bambini vengono raggiunti da questi fondamentali generi salvavita. Tutto ciò deve cambiare. A nessun governo dovrebbe essere permesso di lasciar passare altri dieci anni conseguendo progressi tanto inconsistenti per l’infanzia. I capi di Stato hanno stabilito degli obiettivi da raggiungere e devono essere ritenuti responsabili del loro conseguimento”.
 
 
Rapporto UNICEF “Il progresso dell’infanzia”: messaggi chiave 
Senza interventi drastici il mondo non raggiungerà l’obiettivo di ridurre il tasso di mortalità infantile di due terzi tra il 1990 e il 2015. Questo è il quarto obiettivo di sviluppo per il millennio, stabilito dalla Comunità internazionale nel 1990.
 
Mantenendo l’attuale tasso di progresso, il tasso globale di mortalità sotto i 5 anni sarà ridotto di un 23% entro il 2015; un risultato molto lontano dall’obiettivo di una riduzione del 66%. Circa 90 Paesi, inclusi 53 in via di sviluppo, sono sulla giusta strada per realizzare il traguardo previsto dagli “Obiettivi di sviluppo del millennio”; 98 paesi in via di sviluppo sono in fase di stagnazione o di regressione.
Nel 2002, l’anno più recente di cui si hanno dati a disposizione, 1 bambino su 12 - a livello globale - moriva prima di raggiungere il 5° anno di età. Questo dato segnala un miglioramento rispetto al tasso registrato nei primi anni 60 - 1 decesso ogni 5 bambini - ma tuttavia indica che ogni anno si verificano ancora 11 milioni di morti prevenibili.
La principale causa singola di mortalità infantile è rappresentata dalle degradanti condizioni a cui i bambini sono costretti durante i primi anni di vita.
Altri fattori rilevanti sono le infezioni e le malattie parassitarie, la malnutrizione, l’acqua contaminata o non potabile e le cattive condizioni igienico-sanitarie.
 
Anche la diffusione dei conflitti armati ha contribuito a far accrescere la mortalità infantile: dal 1990 al 2002, paesi quali l’Iraq e la Costa D’Avorio hanno segnalato un consistente incremento della mortalità infantile sotto i 5 anni. L’Iraq, per esempio, è l’unico paese tra il Medio Oriente e il Nord Africa in cui, dal 1990 al 2002, il tasso di mortalità infantile è cresciuto: in Iraq, un bambino su 10 non raggiunge i 5 anni di età.
L’HIV/AIDS è il maggiore ostacolo alla riduzione della mortalità infantile sotto i 5 anni. Botswana, Zimbabwe e Swaziland, che hanno registrato rispettivamente il secondo, terzo e quarto posto tra i paesi che segnalano un maggiore incremento del tasso di mortalità infantile sotto i 5 anni, hanno i più alti tassi di HIV al mondo, rispettivamente circa il 37, 25 e 39%. In oltre 1/3 dei paesi dell’Africa Sub-sahariana il tasso di mortalità infantile è aumentato o è rimasto stabile. Diversamente dai paesi industrializzati, dove il tasso di mortalità infantile è di 7 decessi ogni 1000 nati, nell’Africa Sub-sahariana ogni 1000 bambini 174 non arrivano a compiere 5 anni.
Il costante declino della mortalità infantile nei paesi industrializzati, registrato tra il 1990 e il 2002, si è verificato grazie ai nuovi medicinali e alle nuove tecnologie. Ciò è in netto contrasto con i paesi in via di sviluppo, dove perfino i più elementari servizi salva-vita per donne e bambini non ricevono investimenti adeguati.
 
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