Giuliano Ferrara, Carlo Ripa di Meana, Oriana Fallaci, Francesco Rutelli. Non sono cattolici, ma a votare non ci vanno. I quattro scombinano le intenzioni dei sostenitori del SI, intenti a presentare il voto come una lotta fra Chiesa e stato laico...
del 04 giugno 2005
Un fulmine a ciel sereno, quello di ieri. Anzi, tre fulmini a ciel sereno, che in poco meno di 24 ore sono riusciti a far emergere la più grande bufala dell'ultima settimana. Cioè che il 'non voto' era una posizione cattolica, anzi, peggio, clericale, e che configurava un vero assalto delle gerarchie vaticane alla laicità dello stato. Da un lato il cardinal Ruini, dall'altra i veri democratici, i veri italiani, i veri uomini, adulti e vaccinati. Ebbene, il clericalismo del 'non voto' è andato a farsi benedire (quando ci vuole, ci vuole...) nell'arco di qualche ora, quando quattro illustri personaggi del mondo politico e culturale si sono pronunciati per il NON VOTO, annunciando che non si recheranno al seggio elettorale i prossimi 12 e 13 giugno. Quattro personaggi, e nessun cattolico, nessun 'papista', nessun 'clericale'.
 
Inizia Giuliano Ferrara, alle undici e mezza della sera (giovedì 02 giugno) su RaiUno, a 'Porta a Porta'. Ferrara, lo si sa da tempo, i quattro quesiti referendari non li ama affatto, e anzi giudica la battaglia per cambiare la legge 40 come 'la prima battaglia contro i diritti umani' portata avanti dai suoi amici radicali. Finora, però, anche in aperto e legittimo e a tratti sensato contrasto con la decisione della CEI, ha sempre affermato che 'occorre votare, e votare NO'. Ma lui è uno che guarda in faccia la realtà, e a Bruno Vespa dice: 'Io ero per il NO, ma ora sono per il NON VOTO. Le posizioni reali in campo sono solo due: il SI e il NON VOTO. Io mi asterrò'. E uno.
Poco prima di andare a 'Porta a Porta', Ferrara aveva chiuso il numero dell'indomani del Foglio, di cui è direttore. E all'alba, all'apertura delle edicole, ecco che appare un appello per l'astensione firmato da Giannozzo Pucci e Carlo
 
Ripa di Meana, padri dell'ecologismo italiano, illustri fondatori di quel movimento verde che oggi, in controtendenza rispetto a tutti i 'verdi' europei, appoggiano senza alcuna remora le richieste di massima libertà nel campo della procreazione artificiale umana. Si rivolgono a quanti 'hanno condiviso le battaglie ecologiste degli ultimi decenni' contro gli inquinamenti chimici, il nucleare, le manipolazioni genetiche (dagli OGM alla pecora Dolly). 'Ogni civiltà ha dei limiti da non superare, pena il venir meno della sua ragion d'essere. Quando si eliminano i limiti e al loro posto si mette il solo principio di efficienza non siamo più uomini, ma una massa di bambini eternamente insoddisfatti che battono i piedi per avere mezzogiorno a mezzanotte e che perciò devastano la propria civiltà e l'intero pianeta'. E ancora. 'Le nostre battaglie hanno dimostrato l'inseparabilità del risanamento della natura dalla cultura del limite, dal principio di precauzione, dalla giustizia fra nord e sud del pianeta. Oggi in coerenza e continuità con questi lunghi anni di lavoro, chiediamo di non andare a votare al referendum sulla legge 40'. E così, 'dal punto di vista ecologico: 1) il referendum e' illegittimo perché la fecondazione naturale, come l'acqua potabile e i semi delle piante alimentari, è un diritto comune originario che nessuna legge può violare; 2) votare si' al referendum significa mettersi contro la donna e la natura, dalla parte dei gruppi farmaceutici e dei loro interessi. Cio' in coscienza è assolutamente impossibile; 3) votare no significa, in nome di un politicamente corretto malinteso e in nome di un senso civico fuori luogo, difendere attivamente la legge 40 che legifera sull'embrione fuori dal suo ambiente naturale e ammette la fecondazione tecnologica della donna, seppure con soli tre embrioni. Ma c'è più distanza fra zero e tre embrioni che fra tre e tremila'.  Insomma: 'Chi, in linea con la tradizione ecologista, è contro la manipolazione della fertilità, la subordinazione dell'umanità alla tecnologia, agli inquinamenti e agli interessi dei grandi gruppi economici, per esprimere la sua scelta ha a disposizione una chiara manifestazione di volontà legittima anche in precedenti prove referendarie: non andare a votare'. E seguono altre nove adesione personali e quella dell'AED-femminismo (Associazione Educazione Demografica e Associazione Etica donne). Insomma: un luogo comune sfatato. E sono due.
 
Contemporaneamente, ecco la furia di Oriana Fallaci, che neppure il Corriere della Sera, schierato per il SI ai quesiti referendari, può permettersi di attenuare. Prima pagina garantita, e poi due interi paginoni, la otto e la nove, per 'Noi cannibali e i figli di Medea', atto d'accusa contro la 'strage degli innocenti' e le tentazioni dei nuovi 'Frankenstein'. Alcuni passaggi di un intervento durissimo. 'Non mi piace questo referendum al quale i mecenati dei dottor Frankenstein voteranno per semplice partigianeria politica o miopia morale' e il 12 giugno 'non usero' la scheda elettorale, e con tutto il cuore mi auguro che l'offensiva fallisca miseramente'. Dietro il referendum sulla legge 40 c'è 'un progetto, anzi un proposito inaccettabile e terrificante. Il progetto di reinventare l'uomo in laboratorio, trasformarlo in prodotto da vendere come una bistecca o una bomba. Bando alle chiacchiere e alle ipocrisie. Se al posto di Birkenau e Dachau eccetera ci metti gli Istituti di ricerca gestiti dalla democrazia, se al posto dei gemelli vivisezionati da Mengele ci metti gli embrioni umani che dormono nei congelatori, in discorso non cambia'. Insomma, per la scrittrice fiorentina è in atto una 'strage degli innocenti' ed il vero obiettivo è la clonazione umana, cioè l'hitleriano sogno di superuomini e superdonne fabbricati in laboratorio. In tutto questo la terapeutica è una crudele bugia, e le staminali embrionali d'altronde rischiano perfino di sviluppare tumori. 'Qui stanno vincendo i Frankenstein', dice la Fallaci, e l'Occidente è ammalato di un cancro morale, intellettuale e morale Ma il Bene e il Male non sono opinioni, ma realtà obiettive, concretezze che ci distinguono (o dovrebbero distinguerci) dagli Zarqawi e dagli altri animali. E, da non credente, afferma: 'A costo di essere derisa o giudicata un nuovo acquisto del Vaticano, un'atea in via di conversione, una mangiapreti in cerca di assoluzione, insomma una ravvedura in punto mortis ... dico: Ratzinger ha ragione quando scrive che l'occidente nutre una specie di odio verso se stesso, non ama più se stesso. Ha ragione anche quando dice che il mondo dei valori su cui l'Europa aveva costruito la sua identità sembra giunto alla fine o uscito di scena. (...) Ha ragione quando cita Spengler secondo il quale l'Occidente corre inesorabilmente verso la propria morte ... e di questo passo crollerà ... come sono crollati tutti i popoli che dimenticano di avere un'anima. Ci stiamo suicidando, cari miei. Ci stiamo uccidendo con il cancro morale, con la mancanza di moralità, con l'assenza di spiritualità. E questa faccenda del mondo da rifare con la truffaldina eugenetica, con la bugiarda biotecnologia non è che la tappa definitiva del nostro masochismo'. E con la Fallaci sono tre.
 
Infine, andiamo in politica, con Francesco Rutelli, alleato con la sua Margherita della quasi totalità delle forze politiche che hanno promosso i referendum. Lui non ci sta, e a titolo personale, dice che no, a votare non ci andrà. Di più: dice che il SI farebbe 'un macello', che la legge andrà cambiata in parlamento, che sono loro, i referendari, a dover dimostrare di essere la maggioranza. E mette anche i puntini sulle i all'interno della sua coalizione, ricordando che il programma dell'Ulivo 2001/2006 in tema di fecondazione recitava: 'Quanto alla procreazione assistita, va sottoposta a un effettivo controllo oggi del tutto assente. E'accettabile solo in caso di sterilità e deve tener conto dell'interesse di chi deve nascere. La fiducia nelle possibilità e nelle capacità di autoregolamentazione della scienza non solleva tuttavia la politica e la legislazione dall'obbligo di una stretta vigilanza sulle manipolazioni della vita, ormai tecnicamente a portata di mano'. Beh, il referendum fa oggettivamente tabula rasa di tutte queste considerazioni, e Francesco Rutelli, che votò - fra le accuse anche all'epoca dai suoi stessi alleati - a favore della legge, non ci è voluto, giustamente, passare sopra. E quattro.
 
Ferrara, Ripa di Meana, Fallaci, Rutelli. Quattro personaggi molto diversi, con tratti personali quanto più svariati possibile, accomunati da alcune cose. Il loro non essere ascrivibili alla categoria dei cattolici, e men che meno dei 'ruiniani', fantomatico gruppo di cui tanto si parla sui giornali di questi tempi. Forse ci diranno che fanno parte, invece, per dirla con Francesco Merlo (La Repubblica di ieri) della categoria degli 'atei bigotti', perchè - secondo un certo pensiero - se si è contro il referendum o si è cattolici (e 'bigotto' non serve neppure specificarlo, fa parte integrante della definizione) o si è 'atei bigotti'.
 
Come scriviamo nel nostro editoriale, il gioco dei referendari è palese: la lotta fra SI e NON VOTO deve essere quella fra la Chiesa e lo Stato, fra i sostenitori di Ruini e quelli della laicità dello stato. Lo schema è quello, e non può essere cambiato. La prova? Leggete il titolo dell'Unità di oggi: 'Rutelli con Ruini, l'Unione no'. Che c'entra Ruini il giorno in cui Rutelli sceglie cosa fare? Nulla, ma ripropone la lotta. Come dire: 'Il traditore Rutelli va con loro, ma noi, Unione, tutti uniti, non ci stiamo'.
 
Insomma, ieri quattro personaggi hanno compiuto un mezzo miracolo. Forse non tutto è perduto.
Stefano Caredda
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