Padre Alejandro León e don Munir El Rai raccontano la situazione siriana...
PADRE ALEJANDRO LEÓN, MISSIONARIO IN SIRIA
Non è facile raccontare la Siria di oggi, e lo è ancora meno per chi la Siria la sta vivendo in questi anni, e si scontra con i drammi quotidiani di una guerra senza fine e con escalation di violenze e terrore tali che spesso si è tentati di non soffermarsi a parlarne o ad approfondire questo dolore.
Un mese fa avevamo incontrato Padre Alejandro León, uno dei missionari che ci sono venuti a trovare in questo periodo e che ha lasciato il segno con le sue parole, rendendo difficile dimenticare ogni riferimento che ha fatto alla guerra in corso e alla situazione della gente, costretta inesorabilmente a soffrire e a lottare per sopravvivere. La guerra l’abbiamo percepita subito dal suo modo di raccontare, con l’esigenza di comunicare cosa sta succedendo lì, nelle città bombardate e assediate e raccontare cosa vuol dire cercare di sopravvivere e non farsi sopraffare dal dolore o dai traumi subiti.
Il missionario venezuelano trentaseenne, presente a Damasco da fine 2010 per seguire i bambini e i giovani del Centro giovanile, e ora con un ruolo di responsabilità nell’ispettoria salesiana del Medio Oriente, racconta: “I genitori devono scegliere tra il mandare i figli a scuola, mettendo a rischio la loro vita, o non permettere loro di uscire di casa e mettere a rischio il loro futuro”. Padre Alejandro definisce inoltre la Siria come “una scacchiera, e i Siriani sono i pedoni che si uccidono l’un l’altro. Oggi, dopo 4 anni di guerra ininterrotta, tutti i Siriani hanno un morto da piangere... Il conflitto tra siriani lo hanno provocato i 4 anni di guerra.”
Ci ribadisce inoltre, a proposito dei profughi della Siria, che gli adulti non vogliono lasciare il proprio paese, e se lo fanno è per i loro figli. Sì, perché chi si è costruito la propria professione, il proprio lavoro con fatica nella propria terra decide di sradicarsi solo se è proprio messo alle strette e non ne può fare a meno. I salesiani lo sanno e cercano di fare proprie le sofferenze dei siriani dando loro tutto l’appoggio e l’aiuto che possono. Non sempre è facile ma con tenacia si porta avanti una missione importante e che può dare sollievo in questo clima di odio e terrore. “Non me ne vado dalla Siria, perché è la mia famiglia, e uno non lascia la propria famiglia in mezzo alla guerra”. Queste le sue parole di commiato, questo il messaggio che ci offre e che ci lascia sperare perché conosciamo l’autenticità dei nostri missionari, che non lascerebbero mai i propri fratelli in difficoltà, rischiando la loro stessa vita per la loro missione
TESTIMONIANZA DI DON MUNIR EL RAI, ISPETTORE SALESIANO DEL MEDIO ORIENTE
ALEPPO
Sono arrivato nel pomeriggio del 7 Luglio nella mia città. Nel posto dove sono nato e cresciuto, ormai completamente irriconoscibile. Ogni visita mi mostra paesaggio sempre più rovinoso. Questa grande città, una delle più antiche al mondo, che fno a pochi anni fa contava circa tre milioni di abitanti, è attualmente considerata uno dei luoghi più pericolosi del pianeta…
La mancanza di acqua corrente ed elettricità costringe la gente a sopravvivere con quantità ridotte di acqua, soprattutto potabile, con gravi conseguenze in termini di condizioni di salute, anche dovendo far fronte alla scarsità di elettricità che va ad intaccare e rendere diffcoltose le più basilari attività quotidiane. Qui ad Aleppo ho potuto sentire e toccare con mano la grandezza della nostra missione salesiana, in particolare attraverso i miei incontri con i vari sacerdoti, religiosi e con le famiglie della città, che mi hanno ripetuto più volte della straordinaria oasi di pace e di gioia e di speranza che questa presenza rappresenta. Anche ad Aleppo ho preso parte alle attività dell’estate ragazzi, meravigliosamente organizzata e gestita. Quest’anno ha visto la partecipazione di oltre 700 ragazzi, ragazze e giovani provenienti da varie parti della città, a cui è stato offerto il servizio navetta per raggiungere l’opera in sicurezza. Un bel gruppo di animatori, che ha aiutato nello svolgimento quotidiano delle attività estive, ha contributo a creare un bel clima. Per tanti ragazzi giovani e per le loro famiglie frequentare l’opera signifca respirare un’aria di gioia, di speranza, in un clima familiare: “Ghèr ‘alam”, cioè (letteralmente) “un altro mondo”, un’oasi di pace. Questi momenti aiutano i ragazzi a liberarsi, a sfogare la tensione e il peso della sofferenza e della paura a cui sono sottoposti quotidianamente, e a ritrovare la forza psicologica e spirituale per poter sopportare e affrontare tale situazione
DAMASCO
Il centro di Damasco , a differenza di città come Aleppo, appare ancora relativamente sicuro. La situazione è tuttavia peggiorata notevolmente negli ultimi tempi, diventando più instabile e insicura. Anche lì gli effetti della scarsità di acqua, dei tagli all’elettricità, del carovita e della mancanza di lavoro pesano sulle condizioni di vita della popolazione, che sempre più numerosa decide di lasciare il Paese. Ho avuto modo di incontrare la comunità salesiana di Damasco, sia i confratelli - don Alejandro, don Munir Hanashi e don Felice Cantele - sia delle nostre Sorelle, le Figlie di Maria Ausiliatrice, che a Damasco hanno due ampie presenze: una all’Asilo e un’altra all’Ospedale Italiano dove offrono un servizio prezioso ed importante alla popolazione siriana. Ha partecipato all’esperienza di un gruppo di giovani che hanno condotto attività di volontariato in alcuni villaggi al confne col Libano, organizzandovi per due settimane un’esperienza di estate ragazzi e vivendo un importante momento di crescita umana e spirituale. Un altro gruppo di volontari ha portato avanti per un mese un’interessante e rilevante esperienza di animazione missionaria, recandosi in una delle zone periferiche più povere e pericolose della città, a contatto con giovani di differente credo e fede religiosa. L’esperienza del volontariato, quando condotta da giovani che vivono essi stessi situazioni di estrema diffcoltà e precarietà, è particolarmente importante e signifcativa: nonostante le diffcoltà e la pericolosità dell’ambiente, questi giovani si sono messi al servizio dei più sfortunati, e attraverso quest’esperienza hanno trovato la gioia del dono e del servizio e hanno scoperto quanto bene è possibile fare attraverso l’educazione alla pace e alla convivenza. Secondo noi salesiani, la sfIda più grande in questi momenti è l’educazione, l’educazione alla creazione di una cultura di pace, di amore e di perdono, capace di superare questi lunghi anni di guerra, di odio, sangue e distruzione.
KAFROUN
Sono entrato in Siria attraverso il Libano, iniziando la visita dalla nostra casa salesiana di Kafroun il 29 Giugno. Quest’area è stata fno ad ora una delle più tranquille della Siria. Per questo motivo molte famiglie sfollate accorrono da Homs, Damasco e Aleppo per trovare rifugio nella vallata. La nostra opera è frequentata quindi sia da giovani della zona, sia da tanti sfollati costretti a lasciare le proprie case a causa del pericolo e della distruzione che imperversa in tutto il Paese. È un’opera che raggruppa, in questa drammatica e persistente situazione di guerra, un mosaico di gente, proveniente da svariate parti della Siria, che si recano là per incontrarsi, apprendere, crescere umanamente, spiritualmente e culturalmente, oltre che giocare, cantare e danzare. Nonostante le tante sofferenze, la distruzione e la morte, ho potuto constatare come la voglia di vivere, di gioire e di sperare è sempre più forte, e ciò mi ha riempito di gioia. La gente ha bisogno e voglia di giocare, danzare, cantare, pregare, nonostante le drammatiche circostanze li portino a chiedersi: “Dov’è Dio? Perché Dio permette tutto questo? Non basta tutto questo sangue, tutta questa distruzione? Fino a quando ancora? Basta! Non ce la facciamo più”
Padre Alejandro León - Don Munir El Rai
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