Il romanticismo diffuso pone in evidenza la nozione di amore senza interrogarsi sul suo significato. Che cosa vuol dire 'amare'? Non si tratta solo ed esclusivamente di sentimenti. Amare non consiste soltanto nel provare affetto bensì, in prima istanza, nel volere attivamente le condizioni oggettive della crescita dell'altro.
del 19 ottobre 2005
Su un argomento tanto delicato come quello delle relazioni familiari, viene oggi avanzata una serie di rivendicazioni inedite in diversi paesi europei. Si richiede di decretare per legge che un bambino possa vere due padri o due madri. Viene altresì ipotizzato che la convivenza tra partner dello stesso sesso veda riconosciuto un proprio statuto in un quadro identico alla costituzione di una famiglia da parte di un uomo e una donna.  Simili innovazioni richiederebbero una seria disamina. Ma il dibattito  su queste tematiche è disseminato di insidie, almeno per tre tipi di ragioni.
Anzitutto, più una realtà è fondamentale più essa è difficile da giustificare. Rendere conto in parole semplici dei principi più elementari, che trascendono addirittura le realtà familiari, costituisce un'impresa azzardata ai limiti dell'impossibile.
L'argomentazione in termini razionali non è comunque esclusa. Il sapere è preceduto, ma noi non siamo al di fuori del sapere. Noi non ci limitiamo a disporre dell'esperienza, bensì anche di una letteratura scientifica che mostra più che abbondantemente l'importanza di tutto ciò che, per un bambino, si gioca nel suo rapporto differenziato con il padre e la madre.
Ciò non toglie che - ecco una seconda fonte di difficoltà - la contestazione dei fondamenti dell'istituzione familiare non si limiti a rappresentare l'esercizio necessario dello spirito critico, né tanto meno la richiesta di una parità di diritti, ma anche un processo che si proclama a sua volta 'sovversivo', dove gli argomenti e le idee vengono messi al servizio di una strategia ben determinata, ovverossia di una lotta che coinvolge alcune questioni connesse al potere. Tutte le falle, tutte  le brecce nelle leggi e nel costume oggi vengono identificate e sfruttate all'interno di un discorso che ne fa un sistema, sembrando così proporre un'alternativa coerente - un controsistema - dinanzi a un'istituzione non solo millenaria, ma anche erede di secoli di notevoli progressi umanistici.
Il rapporto con il linguaggio e il suo uso costituiscono il terzo ostacolo alla chiarezza del dibattito. Quando 'genitori' al plurale non significa più 'padre e madre', quando 'marito' non è più associabile a 'moglie', quando si chiede se il 'padre' debba essere necessariamente di sesso maschile, quando l'opinione pubblica si abitua alla nozione contraddittoria di 'omoparentalità', si coglie il risultato di un paziente lavoro di trasformazione del significato delle parole. Dal momento che il linguaggio perde ogni appiglio nel reale, una simile trasformazione appare non soltanto legittima ma addirittura auspicabile.
In un simile contesto, il mio libro si pone l'obiettivo di offrire alcuni strumenti di analisi, per stimolare un dibattito ragionato. Esso propone un 'argomentario' per rispondere alle argomentazioni sollevate con maggior assiduità. In questa sede, ne evocheremo solamente quattro.
 
 
Le 'coppie' omosessuali possono essere affettuose quanto le coppie 'eterosessuali'
 
Spesso si aggiunge, soprammercato, che una coppia omosessuale affettuosa, tenera e responsabile impartirà al proprio figlio un'educazione migliore rispetto a quanto faccia una coppia eterosessuale nevrotica e perversa. Tutto ciò è inconfutabile. E' risaputo a quali incongruenze può condurre questo tipo di ragionamento, dove una scappatoia viene ad insinuarsi nel raffronto.
Ma, soprattutto, non sono le capacità soggettive a essere in questione qui. Non sono le situazioni particolari, che possono variare all'infinito e che non possono essere codificate. Invece qui si tratta di codificare, la qual cosa può accadere solo a fronte di dati oggettivi di base.
Il romanticismo diffuso pone in evidenza la nozione di amore senza interrogarsi sul suo significato. Che cosa vuol dire 'amare'? Non si tratta solo ed esclusivamente si sentimenti. L'affetto familiare può essere soffocante. Può essere fonte di confusione o di rapporti fusionali. Può assumere una colorazione incestuosa. 'L'amore non basta', scriveva più che giustamente Bruno Bettelheim. Un libro recente ha messo in luce non solo che l'amore non basta per strutturare il bambino, ma che troppo amore può risultare nocivo. 'Quando la relazione affettiva assorbe tutto lo spazio, le aspettative e i desideri degli uni e degli altri si mescolano finendo per intrecciarsi. La famiglia contemporanea tesse dei legami ingarbugliati e soffocanti' (S. Hefez).
Amare non consiste soltanto nel provare affetto bensì, in prima istanza, nel volere attivamente le condizioni oggettive della crescita dell'altro. Ora, le condizioni che caratterizzano la crescita del bambino implicano spazi, funzioni e differenze. La famiglia non costituisce una nebulosa non meglio definita di relazioni affettive, ma è una struttura. E  le due differenze primordiali intorno a cui si articolano sempre le strutture elementari della parentela sono ravvisabili nella differenza fra i sessi e nella differenza fra i sessi e nella differenza fra le generazioni.
Oggi tutti concordano sull'importanza dell'interdetto dell'incesto per al strutturazione della famiglia non meno che delle persone. Tale interdetto impone il rispetto di una differenza, di una distanza: fra parenti stretti e, in modo particolare, fra generazioni. Occorre tuttavia sottolineare come questo rispetto sia correlato all'integrazione della differenza sessuale nell'ambito della coppia parentale. Il divieto di unirsi alla madre disegna lo spazio occupato dal padre, nella stessa misura in cui il divieto di unirsi al padre disegna lo spazio occupato dalla madre. Si tratta  del resto di una relazione reciproca, dove il riconoscimento di tale spazio permette di comprendere l'interdetto.
E' la struttura a definire il luogo, e non il sentimento. Chi dice 'luogo' dice 'struttura' e chi dice 'struttura' dice 'differenza'.
Fintanto che la parentela non è dissociata dal rapporto con l'origine, l'altro della madre è in primo luogo il padre, così come l'altro del padre è in primo luogo la madre. Poichè, in definitiva, per i maschi non meno che per le femmine, il primo attaccamento si manifesta nei confronti della madre, il primo frutto dell'interdetto dell'incesto (e al tempo stesso il suo veicolo) è ravvisabile nell'emergere della funzione paterna.
 
 
'Il maschile e il femminile sono presenti in ciascun individuo'
 
Si sente dire, dal momento che il 'paterno' è legato al maschile il 'materno' al femminile, il bambino potrà trovare dei tratti 'paterni' e 'materni' in ciascuno degli adulti che lo educano, quand'anche fossero dello stesso sesso. D'altronde, esistono sempre delle differenze, importanti, fra due individui. E' dunque sbagliato sostenere che il bambino si troverà davanti alla ripetizione dei doppi.
E' vero che fra due uomini, come fra due donne, alcuni tratti di mascolinità e di femminilità affioreranno nell'uno e nell'altro in un modo singolare, proprio della singola coppia. Ma è altrettanto vero:
- che l'identità di uomo e donna non si riduce a una serie di tratti psicologici o di cosiddetti caratteri 'maschili' o 'femminili';
- che essere padre o madre non è completamente definito dal fatto di essere uomo o donna;
- che la correlazione con la differenza sessuale, nella sua dimensione corporea, è insita in maniera specifica nella filiazione.
Essere uomo o donna non si riduce al fatto di costituire il supporto di caratterestiche 'maschili' o 'femminili'. Parlare di femminilità nell'uomo o di mascolinità nella donna non rientra nei canoni di un linguaggio molto rigoroso. Ciò rimanda giocoforza a degli stereotipi, al punto che non si è troppo lontani dall'improprietà di linguaggio. In nome di che cosa dovrebbe essere lecito affermare che un tratto è 'maschile' o 'femminile' al di fuori dell'ancoraggio corporeo?
Ma l'identità sessuale è tutt'altra cosa. E' molto più netta. Non la si può ridurre ad una somma di tratti psicologici. Essa ha le sue radici nel corpo. Infatti, l'identità sessuata si definisce sostanzialmente in rapporto alla generazione. Essere donna significa essere nata da un essere dello stesso sesso; essere uomo significa essere nato da un corpo di sesso diverso.
E' a questo ancoraggio e a questa dualità che fa riferimento il bambino nel rapportarsi a suo padre e a sua madre. Nella persona di suo padre e in quella di sua madre egli non incontra soltanto il 'maschile' e il 'femminile', bensì anche due soggetti incarnati che gli hanno trasmesso la vita e continuano a comunicargliela, ognuno all'interno del proprio spazio e in maniera specifica. Questo modello della filiazione vale altresì per il genitore adottivo che si cala nel modello del genitore carnale e che, come vedremo più avanti, può essere interpretato come una 'riscrittura della procreazione'.
Sottolineiamo come l'adozione non istituzionalizzi solo l'educazione, ma anche la filiazione. Per ovviare, dunque, ad eventuali situazioni molto particolari, situazioni per le quali esistono ormai altre soluzioni giuridiche, un'adozione resa possibile alle coppie omosessuali modificherebbe su scala collettiva le norme dell'autorità parentale e della filiazione, che strutturano la genealogia di un intero popolo. Ne potrebbero scaturire delle situazioni inverosimili: se, per ipotesi, l'adozione  semplice fosse permessa ai partner omosessuali, il bambino, che beneficia peraltro di una filiazione naturale (paterna e materna), potrebbe avere tre discendenze paterne!
Due discendenze paterne sarebbe già molto per un solo bambino. E' proprio questo il genere di situazioni da cui l'attuale giurisprudenza si sforza di proteggere le persone e le famiglie. Le norme giuridiche offrono dei mezzi per evitare i 'conflitti di paternità'. Perchè voler creare attraverso l'adozione ciò che, peraltro, il diritto di filiazione si sforza di impedire?
L'analogia - se non la continuità - fra la coppia generatrice e la coppia educatrice costituisce a priori un vantaggio per il bambino. Le difficoltà proprie dell'adozione indicano come le spaccature nella storia, le dissociazioni fra le diverse componenti della parentela rappresentino altrettante complicazioni nella vita del bambino. E' dunque auspicabile che alla discontinuità connessa all'adozione non vada ad aggiungersi una seconda discontinuità, ovverossia la perdita dell'analogia fra la coppia originaria e la coppia educatrice. 'E' a fortiori, in virtù del fatto di essere stato adottato, che un bambino ha bisogno di un padre e di una madre che abbiano interiorizzato il significato della differenza sessuale' (T. Anatrella).
 
 
'Con i progressi della scienza, la sessualità non è più indispensabile alla riproduzione'
 
Cosa si può concludere o dedurre da questo 'non è più indispensabile'? Il fatto che la sessualità non sia più indispensabile non significa che l'ancoraggio della 'riproduzione' nei rapporti sessuali ha perso ogni significato. A tutt'oggi, le tecniche di procreazione assistita si pongono l'obiettivo di trattare le patologie, non certo di aggirare la modalità più consueta di procreare. Bisognerebbe accennare al loro carattere estenuante, così poco evocato. Quanto alla logica della frase citata, potrebbe sconfinare in ragionamenti del tipo: 'Con la messa a punto della dialisi, i reni non sono più indispensabili all'eliminazione delle tossine'.
Il fatto che la nascita si ancori nel concepimento, che prolunghi a sua volta l'unione sessuale fra due corpi, è carico di significato e di valore.
Un opuscolo dell'ADPLG (Associazione -in Francia- dei genitori e futuri genitori gay e lesbiche) elenca sette termini per designare i 'genitori':
- Patrigno/matrigna: persona che, pur non avendo partecipato al progetto parentale, si comporta come un genitore nei confronti del bambino;
- Cogenitore: a seconda del contesto, può designare l'insieme dei protagonisti di un progetto di coparentalità o semplicemente i partner dei genitori giuridici;
- Madre per conto terzi:  donna che porta in grembo il figlio di un uomo che ne è il padre; può essere la madre biologica del bambino oppure no;
- Genitore biologico: sinonimo di genitore genetico;
- Genitore sociale: genitore che, pur comportandosi come tale, non è un genitore legale. Si tratta di un patrigno/matrigna, di un secondo genitore o di un cogenitore;
- Secondo genitore:  in presenza di un solo genitore legale, si tratta del partner omosessuale del genitore legale che partecipa all'educazione del bambino.
Come farà il bambino ad orientarsi in un simile labirinto? Nel corso della storia e delle varie culture sono esistiti dei sistemi di parentela assai variegati, ma gli antropologi concordano nell'affermare che la qualità primaria di un sistema è la sua leggibilità.
Che leggibilità potranno avere queste vicende di 'procreazione plurima' che danno origine a ciò che un giurista soleva definire una 'parentalità sparpagliata'?
Chi non vedrebbe inoltre che, in quelle che un altro giurista definisce le 'manipolazioni della filiazione', il corpo di una terza persona che viene strumentalizzato in ciò che di più intimo possiede? Questo intervento di una terza persona nella generazione darà origine a uno spazio vuoto, a una falla, a un'ombra o a un 'corpo estraneo' nella storia del soggetto. I gameti non si limitano ad essere un semplice materiale. Al di là dello spermatozoo o dell'ovulo, c'è qualcuno.
Il fatto che simili interrogativi siano ugualmente validi nei riguardi delle coppie eterosessuali, non toglie nulla alla loro pertinenza nei riguardi dei partner omosessuali, tanto pi√π che, per questi ultimi, la dimensione palliativa cede il passo dinanzi a quella, ancora pi√π netta, dell'aggiramento di un limite. Un limite non solo accidentale, ma anche intrinseco, strutturale.
Tali difficoltà sono aggravate anche dal fatto che la coppia educatrice o adottiva non introduce il bambino in una duplice discendenza, paterna e materna. Così prevede invece il nostro sistema di parentela occidentale da vari millenni a questa parte. E non si modifica un sistema di filiazione apportandovi una serie di 'piccoli ritocchi', poichè esso forma un tutto coerente.
 
 
'La legge autorizza l'adozione per le coppie sposate. Non autorizzrla per le 'coppie' omosessuali sarebbe discriminatorio'
 
Bisogna mettersi d'accordo sul significato del termine 'discriminazione'. Ecco come lo definisce Gèrard Cornu: 'Trattamento differenziale che consiste nel rifiutare a individui, gruppi o Stati alcuni diritti o vantaggi che vengono peraltro riconosciuti ad altri'. O, in modo più preciso: 'Differenziazione contraria ai principi dell'uguaglianza civile, che consiste nell'infrangere quest'ultima a detrimento di alcune persone, per via della loro appartenenza razziale o confessionale, perlopiù mediante l'applicazione di criteri secondo i quali la legge vieta di fondare delle distinzioni giuridiche (sesso, opinioni politiche, attività sindacali)'.
Per dimostrare che vi è contraddizione con i principi dell'uguaglianza civile, occorrerebbe dimostrare che le situazioni sono similari, in altre parole che tutti i dati sono equivalenti.
Una coppia omosessauta che si rapporta alla parentela non si trova invece nella stessa posizione di una coppia eterosessuata. Non è l'omosessualità a venir messa in discussione, ma l'omosessuazione. La legge non ha mai vietato ad una persona omosessuale di sposarsi, di essere padre o madre, nè tanto meno di adottare. Definendo un quadro oggettivo, non è tenuta ad entrare nel merito della psicologia (orientamento sessuale) degli individui. Trattandosi di un quadro stabilito, l'individuo ha la scelta o la facoltà di entrare a farvi parte oppure no, come avviene per qualunque altro quadro istituzionale (religione, esercito, università...).
D'altronde, i 'diritti' connessi alla parentela non si limitano ad essere dei diritti soggettivi, nella misura in cui rappresentano una presa in considerazione, da parte della legge, di un legame di filiazione. Paternità e maternità non sono dei diritti, nè tanto meno sono  dei diritti 'elementari', se si vuol riprendere la sorprendente espressione di Elisabeth Roudinesco. Paternità e maternità non sono 'elementari' nella misura in cui implicano la presenza di un terzo, di un legame istituito, di una responsabilità. L'articolo 7 della Convenzione internazionale sui diritti del bambino del 1989 riconosce a quest'ultimo 'nei limiti del possibile, il diritto di conoscere i suoi genitori e di essere allevato dagli stessi'. Occorre dunque misurare l'entità dei doveri (per gli adulti) che corrispondono a questi diritti.
Alcuni utilizzi del termine 'discriminazione' rimandano ad una concezione puramente astratta della persona, indipendentemente dal significato concreto delle sue funzioni e dei suoi spazi. Ciò corrisponde ad una concezione puramente individualistica del diritto. La giustizia non si limita a riconoscere l'uguaglianza nei contratti stipulati nell'ambito di controparti private, ma deve anche considerare e organizzare, per il bene delle persone, degli statuti diversi.
Il 26 febbraio 2002, la Corte europea per i diritti dell'uomo ha ritenuto che la decisione dei tribunali francesi, che avevano rifiutato l'adozione a un soggetto impegnato in una convivenza omosessuale, non fosse discriminatoria, dando ragione al Consiglio di Stato che, con un'ordinanza del 27 ottobre 1995, aveva posto fine alla questione negli stessi termini. L'argomentazione del commissario di governo era stata dunque la seguente: 'Essendo stato privato della sua famiglia di origine, il bambino adottato ha maggiormente bisogno di essere circondato da un ambiente familiare stabile e gratificante. Ciò che soprattutto conta, quindi, è che egli non incontri una difficoltà supplementare nel suo ambiente di adozione'.
Secondo la Corte, l'elemento determinante ai fini della sentenza francese non era ravvisabile nell'orientamento sessuale del richiedente, bensì nella considerazione dell'interesse superiore del bambino, ritenendo che il Consiglio di Stato abbia esaminato legittimamente la situazione offerta al bambino 'privato del duplice riferimento paterno e materno'.
Ecco come prosegue il testo dell'ordinanza: 'Lo Stato deve preoccuparsi del fatto che le persone scelte come adottanti siano quelle che gli possono offrire, sotto ogni profilo, le condizioni di accoglienza pi√π favorevoli'.
L'obiettivo primario nonchè il più moralmente legittimo dell'adozione non consiste tanto nel dare un bambino a dei 'genitor' quanto nel dare dei genitori a un bambino. Se ci si pone risolutamente in questa angolazione, occorre partire dai bisogni e dagli interessi del bambino e non dai bisogni e dagli interessi degli adulti. Se così non fosse, ci troveremmo dinanzi a un vero e proprio stravolgimento del significato dell'istituzione. Dall'adozione-rimedio per i bambini si passerebbe all'adozione-rimedio per gli adulti, per ovviare al vuoto, al desiderio se non addirittura al bisogno di questi ultimi. Avremmo a che fare con una strumentalizzazione del bambino.
Infine, con il pretesto di aggirare una presunta 'discriminazione' fra adulti, se ne verrebbe a creare un'altra, ben più certa e ben più grave, fra i bambini. Verrebbe infatti codificato dal diritto che alcuni bambini possono beneficiare aprioristicamente di quel bene umano elementare che è la differenza sessuata fra i oro genitori, mentre ad altri bambini ciò è precluso.
 
Conclusione: dal particolare all'istituzionale
 
Leggendo quanto sopra, si dovrebbe avere ben compreso che, se si trattasse solo di gestire alcune istituzioni particolari, le sottolineature potrebbero essere diverse. Esiste un'enorme varietà di situazioni, così come esistono diverse forme di omosessualità o della sua messa in atto. La questione sollevata non contempla tuttavia l'aspetto particolare, non dipende dalla psicologia o dall'etica personale. Essa è istituzionale.
Quando si riconosce l'importanza del carattere istituito della filiazione, simili sfide non si possono prendere alla leggera. Piegare l'istituzione alla fantasia dei desideri e delle opzioni particolari equivarrebbe a toccare ciò che costituisce lo zoccolo duro della costituzione del soggetto. Infatti, come ha ben evidenziato Pierre Legendre, 'esiste solo il soggetto umano istituito'. La filiazione, sottolinea l'autore, possiede invece una dimensione intrinsecamente genealogica. Ne consegue che le nostre società debbono 'rimanere assoggettate alla necessità di produrre quel minimo di regole genealogiche destinato a tradurre l'imperativo della differenziazione soggettiva che tuttora detta legge nella specie parlante'. Il fatto che queste regole siano chiare e leggibili risulta essenziale ai fini della differenziazione soggettiva. Nominare la filiazione non significa solo indicare da chi sarà allevato il bambino, con chi avrà delle relazioni affettive, chi sarà il suo 'adulto referente', ma anche permettergli di collocarsi nella catena delle generazioni. L'alterazione di quest'ultima, che oggi si può spingere molto lontano, presenta invece una carattere irreversibile.
Non si tratta solo di gestire degli affetti o dei bisogni, bensì di riconoscere e istituire le strutture fondanti dell'essere umano. Quando si dice 'uomo' o 'vita umana', non si parla di un'idea malleabile a piacere. Teniamo a mente l'affermazione di Denis Vasse che potrebbe riassumere il substrato fondamentale di una qualunque antropologia: 'Ciò che fa l'uomo da sempre e per sempre è una parola in un corpo sessuato e in una genealogia'. L'opzione centrale delle argomentazioni evocate coinvolge l'articolazione fra questi tre termini. Il loro comune intento è che la parola e la genealogia vengano dissociate da ciò che definiscono in modo sprezzante la 'riproduzione biologica' e della simbologia ad essa correlata.
E' lì che si colloca la sfida ultima: si rimanderà alle prospettive dell''organicismo' un eventuale peroramento dell'ancoraggio della filiazione nel corpo sessuato, o si oserà continuare a sostenere l'istituzionalizzazione dell'articolazione fra carne e parola? La differenza sessuale non è solo organica. Essa è carnale e, in quanto tale, struttura l'ordine simbolico, così come è strutturata da quest'ultimo. Se ne smarrisce il significato quando si smarrisce il significato dell'incarnazione o il significato della simbolizzazione. Al contrario, lo si trova in tutta la sua ricchezza, quando avviene l'incontro fra questi due movimenti.
 
da Rivista del Clero Italiano n.9/2005
Xavier Lacroix
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