“Santi non si nasce, si diventa, e si diventa con qualcosa di tanto meraviglioso come l'incrocio tra la grazia di Dio e la libertà umana”. Lo afferma lo storico José Carlos Mart√≠n de la Hoz...
“Santi non si nasce, si diventa, e si diventa con qualcosa di tanto meraviglioso come l'incrocio tra la grazia di Dio e la libertà umana”. Lo afferma lo storico José Carlos Martín de la Hoz, che da undici anni lavora all'ufficio per le Cause dei Santi dell'Opus Dei. A contatto con la vita di persone che vanno verso l'onore degli altari, Martín de la Hoz ha scoperto che nella santità spiccano due tratti essenziali: la carità e l'umiltà.
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La Chiesa non esce molto bene dai libri di storia... Ci sono più leggende che storia vera?
La parola “leggenda” viene dal termine latino legendus, legenda, legendum, che significa “le cose che devono essere lette”. È a tal punto così che le leggende, nei secoli XV, XVI e XVII, erano soprattutto le vite dei santi.
Attualmente “leggenda” fa riferimento a un fatto storico deformato che viene utilizzato per “fustigarne” un altro. Ad esempio la leggenda nera dell'evangelizzazione dell'America, che prende i fatti erronei di quell'epoca per castigare la Chiesa. Il cambiamento che ha subito il termine è assai significativo. È un passaggio dalla fiducia alla sfiducia.
In questo senso, è importante una data-chiave: il 12 marzo 2000. Quel giorno, davanti a un impressionante crocifisso del XII secolo, Giovanni Paolo II ha chiesto solennemente perdono per tutti i peccati di tutti i cristiani di tutti i tempi.
Noi cristiani dobbiamo chiedere perdono ogni giorno per le incoerenze della nostra vita riguardo al Vangelo. Chiedendo perdono siamo in condizione di perdonare gli altri. Se ci perdoniamo a vicenda e impariamo a dimenticare gli errori, potremo generare fiducia e costruire insieme una società più giusta.
A cosa è dovuto questo suo interesse per le leggende nere della Chiesa?
L'obiettivo è quello di eliminare gli anacronismi. Bisogna cercare di entrare nella mentalità dell'epoca per segnalare gli errori, ma anche comprendere il contesto.
Giudicare i fatti del passato con la mentalità attuale è un errore e non serve a niente. Oggettivare il problema ci aiuta a chiedere perdono per le cose che lo meritano davvero. Non abbiamo motivo di chiedere perdono perché Galileo è morto sul rogo. Perché non è morto sul rogo, ma a casa sua, circondato dalla sua famiglia.
Però ci sono stati altri roghi...
Sì, certo, ma non poi tanti come si dice. Per questo è importante oggettivare le leggende nere e vedere cosa è avvenuto realmente. È innegabile che si deve chiedere perdono per le cose che sono state fatte male, ma è anche vero che la Chiesa ha fatto e continua a fare cose meravigliose, spesso in silenzio. Si tratta di presentare la verità completa.
Lei lavora da anni sulle leggende “bianche”, ovvero le vite dei santi. Cosa ha scoperto?
Studiando queste vite si scopre che santi non si nasce, si diventa. E lo si diventa con qualcosa di tanto meraviglioso come l'incrocio tra la grazia di Dio e la libertà umana.
Quando inizio un processo di canonizzazione, scrivo un libro di 40 pagine in cui riassumo a grandi linee i tratti della persona. Cerco sempre di scoprire i punti che doveva migliorare, i suoi punti deboli. Ne abbiamo tutti. Nella vita spirituale si procede molto più nei momenti di burrasca e debolezza che in quelli di bonaccia.
È bello vedere come una persona con molto carattere lotti per addolcire i propri modi senza perdere la forza che la caratterizza. È bello anche vedere come vince la vergogna e la timidezza a favore della predicazione. I santi diventano santi con la grazia di Dio, e anche con i propri sforzi. La lotta è l'espressione dell'amore.
La storia della Chiesa la scrivono i santi?
Sì, i santi, ma anche i peccatori. È bello vedere anche come l'azione dello Spirito Santo si manifesti in quell'atto di libertà che è peccare e in quell'atto di libertà che è pentirsi.
Il mondo delle canonizzazioni, che lei conosce bene, ha generato anche un buon numero di leggende nere...
È importante non dimenticare un dato: l'istruzione Sanctorum Mater, del 17 maggio 2007. Nel preambolo, Benedetto XVI segnala che tra i milioni di santi che ci sono in cielo, alcuni sono stati scelti dallo Spirito Santo per essere posti come modelli e intercessori di tutto il popolo di Dio.
In questo senso, la fama di santità e di favori è l'autentico motore di un processo di canonizzazione.
Se cinque anni dopo la morte di una persona continuano ad arrivare per iscritto testimonianze di grazie ottenute da Dio attraverso l'intercessione di quella persona e testimonianze di fama di santità di quella persona, il postulatore chiede al vescovo della diocesi in cui la persona è morta di nominarla servo di Dio e di aprire un processo, di nominare un tribunale, di far raccogliere le prove... Questo processo verrà inviato alla Congregazione delle Cause dei Santi, che determinerà se è corretto o meno.
E se è corretto?
Il processo si può concludere con il decreto di venerabile, ovvero il riconoscimento del fatto che quella persona ha vissuto le virtù cristiane e può essere presentata come modello per tutto il popolo di Dio.
Manca ancora una voce, però: la voce di Dio. Da ciò deriva la necessità del miracolo. Quando si dimostra che in un miracolo c'è un intervento divino, e c'è un'invocazione a quel servo di Dio, quella persona potrà essere beatificata. E se si verifica un nuovo miracolo verrà canonizzata.
Ci sono stati molti beati e santi i cui processi sono stati assai rapidi. Un esempio è quello di Giovanni Paolo II.
Crede che in questo caso ci sia stata una rapidità eccessiva?
Assolutamente no. È lo Spirito Santo a dettare i ritmi. In un certo senso, è lo Spirito Santo che mette fretta quando suscita il santo subito o si iniziano a verificare miracoli. È ciò che è accaduto con Giovanni Paolo II.
Le cause possono procedere più rapidamente se ci sono altri miracoli. Il miracolo segnala l'urgenza. E ci sono molti santi che continuano a fare favori dopo la canonizzazione, come padre Pio, che è un campione di miracoli. E spettacolari.
Samuel Gutiérrez
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