Jean-Louis Vincent, ex presidente della Società belga di terapia intensiva, invoca di «andare oltre» e permettere la dolce morte «senza che il paziente debba firmare documenti».
In Belgio l’eutanasia per i bambini è stata approvata da pochissimo ma c’è già chi vuole «andare oltre» e legalizzare la cosiddetta «eutanasia non richiesta». In un articolo pubblicato sul belga Le Soir, Jean-Louis Vincent, capo del reparto di terapia intensiva all’ospedale Erasme ed ex presidente della Società belga di terapia intensiva, chiede una legge che «condanni l’accanimento terapeutico» e che quindi «autorizzi la pratica dell’eutanasia “non richiesta”».
EUTANASIA NON RICHIESTA. Si parla di accanimento terapeutico quando un medico si ostina a praticare sul paziente trattamenti sanitari sproporzionati rispetto all’obiettivo terapeutico, cioè il miglioramento della salute o la guarigione. Tutte le legislazioni nel mondo occidentale proibiscono esplicitamente l’accanimento terapeutico nel rispetto del benessere del paziente ma da qui a chiedere l’autorizzazione «dell’eutanasia non richiesta» il salto è enorme.
Proponendo di legalizzare l’uccisione di una persona senza che questa lo richieda, il professor Vincent avanza lo stesso argomento già usato agli albori della discussione sull’eutanasia ai minori: «L’eutanasia non richiesta», per quanto illegale, «è praticata più che regolarmente in Belgio» e quindi andrebbe adottata.
«ACCELERARE LA MORTE». Per essere chiari, non si tratta di cessare cure vitali a un paziente ma di «somministrare dosi importanti di calmanti per affrettare la morte di quelle persone la cui qualità della vita è diventata insufficiente. Questi malati non sono abbastanza coscienti per fare una richiesta esplicita [ma] sono in uno stato di sofferenza incontrollabile». Poiché quindi nel «contesto della terapia intensiva» un paziente non è in grado di chiedere l’eutanasia, dando per scontato che è proprio quello che desidera ci penserà il medico ad «accelerare la sua morte» .
«ACCORCIARE LE CURE PALLIATIVE». Secondo il dottore «dobbiamo spingerci più in là» e sottoscrive un documento redatto di recente dalla Società belga di terapia intensiva: «Bisogna discutere della somministrazione di agenti sedativi con l’intenzione diretta di accorciare il processo di cure palliative terminali a casa dei malati senza prospettive di miglioramento significative».
Ma c’è di più, perché «accorciare il processo di fine vita (…) può a volte essere appropriato anche se il paziente non è in una situazione di disagio, per migliorare la qualità del suo fine vita». Eutanasia non richiesta, quindi, potrebbe anche essere imposta a chi non soffre e soprattutto andrebbe a sostituire le cure palliative, vera alternativa all’eutanasia ma costosissima per la casse dello Stato.
ADDIO AUTODETERMINAZIONE. Quindi, conclude il professore, poiché «il primo obiettivo della medicina è restaurare o mantenere la salute, cioè il benessere dell’individuo, e non mantenerlo in vita a tutti i costi», bisogna organizzare «una discussione aperta e collegiale» per approvare l’eutanasia «in accordo con la famiglia, quando la qualità della vita del paziente è troppo mediocre e senza che il paziente in questione debba firmare alcun documento».
L’articolo di Vincent smonta definitivamente il mito dell’autodeterminazione come primo motivo per approvare l’eutanasia. Se questa proposta verrà approvata, infatti, nessuno potrà decidere di morire quando vuole ma la morte verrà imposta dal medico «in accordo con la famiglia». E se un paziente volesse vivere anche se la sua «qualità della vita è mediocre»? Non si saprà mai, perché nessuno l’avrà interpellato.
Leone Grotti
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