Quanti luoghi comuni sulla scuola non statale: i 'secondo me' rischiano di mistificare la realtà! Proviamo a fare un po'di chiarezza sullo sconosciuto mondo della scuola paritaria. Intervista a don Sergio Castellini preside della Scuola Media e direttore della Scuola Elementare presso l'Istituto Salesiano Bearzi di Udine.
del 01 gennaio 2002
UN PO’ DI LESSICO
PARITARIA: scuole pubbliche non statali si chiamano paritarie in quanto in forza degli impegni assunti in osservanza alla legge 62 del 2000 hanno ottenuto il riconoscimento di scuola paritaria dal ministero dell'istruzione
PARIFICATA: è la situazione di alcune scuole elementari non statali le quali in virtù di una serie di impegni presi stipulano con il ministero una convenzione: lo Stato riconosce alla scuola un contributo per ogni classe di 1.940 euro all'anno. Nell'intenzione la convenzione dovrebbe coprire tutti i costi, ma in realtà non ne copre nemmeno la metà.
COSA PUOI DIRCI SULLA SCUOLA PRIVATA?
Scuola privata?! Innanzitutto che bisogna aggiornare i termini …ed anche le idee!
IN CHE SENSO?
Nel senso che la disinformazione su questo argomento è grande! Pochi sanno che nel marzo del 2000, con la legge 62 è stato introdotto un cambiamento epocale in quello che storicamente era l'ordinamento scolastico italiano. Avvicinandoci al contesto europeo la 62/2000 ha rivoluzionato il modo di concepire la scuola: non più scuola pubblica/statale e privata/non statale, ma un sistema nazionale d'istruzione formato a pari titolo da istituzioni scolastiche a gestione statale e non statale ugualmente pubbliche. Pertanto quando si sente te parlare di scuola pubblica e privata in realtà si è di fronte ad un utilizzo di termini superati e di conseguenza sbagliati. Si può e si deve parlare di scuola statale e non statale (o paritaria) ricordandosi che entrambe per la legge sono pubbliche.
MA SE LA SCUOLA PARITARIA È PUBBLICA, ALLORA E' VERO CHE RICEVE SOLDI DALLO STATO?
Assolutamente no! A fronte del riconoscimento giuridico avvenuto con la legge già citata non c'è stato un parallelo riconoscimento per quanto riguarda la parità di trattamento economico. La creazione di un sistema nazionale di istruzione composto a pari titolo da scuole statali e paritarie porterebbe alla logica conclusione che per garantire una reale libertà di scelta alle famiglie venisse rimosso l'ostacolo economico; mi spiego: se lo Stato , come garante, riconosce una medesima funzione alla scuola statale e a quella paritaria parrebbe logico che tale uguaglianza venga garantita anche togliendo ogni discriminazione di tipo economico. Ma così non è: la scuola statale è finanziata attraverso il prelievo fiscale, cioè dalle tasse che tutti i cittadini (ance quelli che desiderano mandare i figli in scuole paritarie) pagano, mentre la scuola paritaria è finanziata unicamente dalle rette che i genitori debbono 'accollarsi' in aggiunta alle tasse pagate per un servizio di cui non usufruiscono.
SI STA CERCANDO DI CERCARE UNA SOLUZIONE A QUESTO PROBLEMA?
Senz'altro. Il problema è più sentito di quanto si possa immaginare, anche perché la situazione italiana è fortemente in contrasto con quelli che sono gli standard europei. Tra tutti i paesi dell'unione europea solo l'Italia e la Grecia non prevedono alcun tipo di trattamento economico equipollente tra scuola pubblica statale e scuola pubblica paritaria. Negli ultimi anni per cercare di dare una risposta almeno parziale a questa discriminazione che crea cittadini di serie A e cittadini di serie B, sono stati posti in essere almeno due tipi di intervento: i 'buono scuola' attivati da alcune Regioni e di recente il 'bonus' riconosciuto dal ministero.
DI COSA SI TRATTA?
Per quanto riguarda i 'buono scuola' regionali si tratta del tentativo, operato da diverse Regioni, di garantire il diritto costituzionale (art. 34) all'istruzione gratuita e quello, sempre proclamato dalla costituzione (art. 33) di assicurare agli alunni che frequentano scuole non statali paritarie un 'trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali': concretamente, in base a fasce di reddito familiare, la Regione eroga un contributo alle famiglie (alle famiglie, non alle scuole!) per coprire almeno parzialmente i costi della retta scolastica. Resta vero che questi contributi rappresentano dal punto di vista economico un supporto minimo se confrontate con la reale spesa sostenuta dalla famiglia. Il 'bonus' ministeriale, di recentissima introduzione, ha una funzione simile: nella logica di una reale parità, la famiglia, che (come afferma la Costituzione all'articolo 30) è depositaria del diritto-dovere di istruire ed educare i figli, deve poter scegliere senza guardare quanti soldi ha in portafoglio. Pertanto il ministero provvederà, a partire da quest'anno, a sostenere una parte minima delle spese scolastiche di coloro che scelgono una scuola paritaria. Sia chiara una cosa: il contributo previsto per quest'anno è puramente simbolico, visto l'ammontare assai esiguo se raffrontato ai costi sostenuti dalla famiglia.
MA LE SCUOLE PRIVATE NON SONO SCUOLE PER RICCHI?
Errore! Le scuole paritarie (occhio a non sbagliare di nuovo i termini!) accolgono chiunque lo desideri all'unica condizione che sia condiviso il progetto educativo. Le scuole salesiane, specificamente, in fedeltà al testamento spirituale di don Bosco, desiderano rivolgersi ai ceti popolari e alle classi sociali medio basse. Proprio per questo risulta particolarmente indigesto l'ostacolo gravoso posto dalla sperequazione economica tuttora esistente che, ribadisco, va contro ciò che è stabilito dalla Costituzione. In queste condizioni una famiglia di ceto medio basso si trova costretta o a fare i salti mortali per mandare il figlio ad una scuola paritaria o a rassegnarsi, magari controvoglia, a mandarlo in una scuola statale. Noi come salesiani non vogliamo rassegnarci a dover gestire scuole per ricchi: sarebbe la negazione del carisma di don Bosco. Per questo è indispensabile che si raggiunga una reale parità scolastica anche dal punto di vista economico, rafforzando, secondo quanto indicato dalle norme dello Stato, i sostegni economici alle famiglie che ora, come detto, sono veramente esigui.
COME CIFRA ESIGUA? IN TELEVISIONE HANNO PARLATO DI 1000 EURO A FAMIGLIA!
Uno splendido esempio di DISINFORMAZIONE, a monte del quale si osa sperare ci sia la buona fede (che salva tante cose)! I cronisti delle varie televisioni quando il 12 settembre è stato siglato l'accordo tra ministero delle finanze e ministero dell'istruzione, anziché premurarsi di accertare a quanto questo contributo avrebbe potuto ammontare si sono limitati a dare come dato ufficiale la cifra che era stata presa come esempio: 1000 euro! In realtà la cifra non è quantificabile con certezza perché si tratta di dividere lo stanziamento complessivo di 30 milioni di euro per i circa 200 mila alunni che frequentano scuole paritarie nella fascia dell'obbligo. Pertanto approssimativamente il contributo si aggirerà attorno ai 150 euro, cioè a una cifra realmente simbolica!
DEI 200 MILA STUDENTI, COME AL SOLITO, NON TUTTI AVRANNO DIRITTO AL BONUS MINISTERIALE!
E' necessario operare dei 'distinguo': innanzitutto sono esclusi gli alunni delle scuole elementari parificate che già godono di una convenzione. Sono inoltre esclusi dal bonus tutti gli alunni che non rientrano nella fascia d'obbligo scolastico, a partire cioè dalla seconda superiore, per tutti gli altri è garantita la possibilità di accedere alla contribuzione.
SENZA TETTO DI REDDITO?
Certo, perché come ho già detto, la logica della legge è quella di garantire alle famiglie l'opportunità di accedere a scuole ritenute di pari dignità, cioè pubbliche, statali e paritarie, senza discriminazioni dal punto di vista economico.
MA SE ESISTE UN SERVIZIO PUBBLICO GESTITO DALLO STATO NON E' GIUSTO CHE CHI VUOLE UN ALTRO SERVIZIO SE LO PAGHI?
La nostra Costituzione riconosce alla famiglia (art. 30) la competenza sull'educazione dei figli. E' la famiglia l'unica detentrice della potestà di determinare le linee orientative per quanto riguarda la crescita dei figli, ovviamente nel rispetto delle norme dello Stato. Negare questa potestà significa introdurre la premessa per la creazione di uno Stato totalitario in cui sono gli organismi dello Stato ad orientare l'educazione ed il modo di pensare. Fatta questa premessa e ribadito pertanto che la famiglia deve poter scegliere liberamente il tipo di istruzione che ritiene più confacente alle proprie convinzioni etiche, morali e anche religiose è opportuno richiamare il fatto che è compito dello Stato, in base all'articolo 34 della Costituzione garantire che l'istruzione sia gratuita fino all'assolvimento dell'obbligo scolastico. La risultante di questi due principi, libertà della famiglia nella scelta della scuola e gratuità dell'istruzione garantita dallo Stato, è uno dei capisaldi che ha portato alla stesura della legge 62 del 2000… del 2000 ribadisco, nel caso fosse poco chiaro chi c'era al governo nel 2000.
MA PERCHÉ LA SCUOLA STATALE VIVE CON POCHI SOLDI E LA PRIVATA…SCUSA…'PARITARIA' HA BISOGNO DI TANTI SOLDI?
Domanda azzeccatissima che permette di sgombrare il campo da un altro luogo comune. Spesso si sente dire che la scuola statale deve tirare la cinghia e quella non statale (che si spera nessuno continui a chiamare privata) può permettersi di scialare. E' esattamente il contrario! La scuola statale, come vari altri ambiti della pubblica amministrazione, ha sempre viaggiato su parametri di spesa elevati, tant'è che un alunno di scuola statale viene a costare mediamente allo Stato fra i 6000 e i 7000 euro all'anno (fra i 12 e i 14 milioni di vecchie lire). Il costo per alunno di scuola paritaria ,viceversa, può andare dai 3000 ai 4000 euro annui, cioè circa la metà. Ovviamente, visto che la scuola statale trae finanziamento dalle tasse dei cittadini (anche di quelli che poi non scelgono la scuola statale) l'impressione è che non ci siano costi. Se a questo si aggiunge che le cose 'pubbliche' cioè di tutti spesso vengono trattate come se fossero di 'nessuno' diventa anche facile capire lo stato di degrado in cui si trovano molti edifici scolastici statali nonostante il rapporto alunni/dipendenti sia piuttosto basso (cioè molti dipendenti per pochi alunni). E'sufficiente entrare in una scuola non statale per accorgersi di come, pur con una forte limitazione del personale finalizzata a contenere i costi, gli ambienti sono normalmente più puliti e ordinati. Insomma per concludere le scuole non statali spendono meno e lavorano meglio e questo, cifre alla mano, è un dato inoppugnabile! Se paradossalmente domani mattina un decreto dichiarasse l'immediata chiusura di tutte le scuole non statali la spesa pubblica per l'istruzione andrebbe alle stelle ed il ministero dell'istruzione andrebbe in crisi.
COSA RISPONDI AD UN RAGAZZO DI 16 ANNI CHE SCIOPERA CONTRO LA SCUOLA NON STATALE?
Innanzitutto che non bisogna lasciarsi abbindolare da una lettura demagogica ed ideologica del mondo scolastico: in occasione delle rituali occupazioni del dicembre scorso ho avuto modo di ascoltare e confutare corbellerie incredibili che solamente una disinformazione faziosa poteva aver elargito a piene mani. In secondo luogo, per coloro che appartengono ad ambienti cattolici e salesiani (come i destinatari di queste righe), ricordo che norma fondamentale dell'agire del cristiano è il 'vieni e vedi' che Gesù ha rivolto agli apostoli. Invito pertanto a conoscere bene la realtà della scuola non statale. Coloro che la conoscono cominciano a capire che lungi dal rappresentare un pericolo essa è piuttosto un arricchimento rispetto all'intero sistema d'istruzione italiano. Invito inoltre a prendere fra mano i pronunciamenti del Papa e di Vescovi italiani sulla realtà della scuola cattolica: pare piuttosto incoerente essere d'accordo con il Papa quando parla di alcuni argomenti (pace, giustizia, solidarietà,….) e poi mettere nello scantinato i suoi pronunciamenti quando parla di libertà di educazione.
MA PERCHÈ SERVE UNA SCUOLA CATTOLICA?
Una risposta sintetica rischia senz'altro di non essere esauriente. Sinteticamente provo ad evidenziare alcuni elementi qualificanti della realtà della scuola cattolica. Un primo elemento che va evidenziato è che il mondo cattolico e la realtà ecclesiale soprattutto a partire dalla metà del 1800 hanno puntato ad esprimere gli elementi irrinunciabili di una concezione culturale cristiana espressa sia dai grandi valori sociali sia da un orizzonte concettuale capace di non appiattirsi su altre visioni del mondo. E'sufficiente conoscere un po' in dettaglio la storia del movimento cattolico dal 1870 alla prima guerra mondiale per rendersi conto di come attualmente la realtà ecclesiale rischi di perdere un patrimonio enorme. In secondo luogo va considerato il servizio ecclesiale che viene reso alle famiglie. In terzo luogo va fatta chiarezza su un altro luogo comune: la presunta asetticità dell'istruzione assicurata dalla scuola statale. A sentire alcuni pareri sembrerebbe che l'istruzione statale debba essere preferita in virtù di una neutralità relativa agli insegnamenti che vengono impartiti. In realtà ad un'analisi che voglia avere un minimo di profondità risulta evidente che ciò non è vero: linguaggio e metalinguaggio non possono non trasmettere una concezione del mondo e dell'uomo. La sostanziale differenza è che la scuola cattolica ha un indirizzo di riferimento e lo dice chiaramente nei documenti che come tutte le scuole è tenuta ad avere (progetto educativo, piano dell'offerta formativa, carta dei servizi),. Nella scuola statale questo non po’ avvenire : manca l'idealità e di conseguenza si verifica costantemente che in virtù della libertà di insegnamento si possa giocare al 'liberi tutti'. Forse non sarebbe male che da parte dei genitori ci fosse un'attenzione più marcata ai contenuti che vengono trasmessi ai loro figli e da parte dei ragazzi uno maggiore spirito critico.
Lucia Radicchi
Versione app: 3.25.0 (f932362)