Ci definiscono 'persone per bene', normali... Quando però ci capita qualche disgrazia, la normalità di sgretola. Gli devono aver parlato di un certo Gesù di Nazareth... C'è qualcuno che può mettere fine a questa condanna che ho addosso...
del 21 novembre 2005
Di amore si muore, di speranza si vive
 
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 Se passa di qua Cristo non mi ferma più nessuno
(Luca 18, 35-43)
 
Di solito siamo gente molto seria, compassata; ciascuno ha una sua vita, suoi pensieri. Quando giriamo per strada o salutiamo o siamo assorti. Se ci capita di discutere con qualcuno facciamo valere il nostro punto di vista senza polemica. Ci definiscono persone perbene, razionali, con qualche difetto e qualche sbandata, ma tutto sommato normali.
Quando però ci capita qualche disgrazia, la normalità si sgretola, se abbiamo qualche malattia poco chiara, stiamo in ansia fino al risultato delle analisi. Che se puoi il risultato è positivo (una parola che sembra bella, ma che si porta dentro una condanna) allora andiamo in crisi nera. Se c'è di mezzo la vita a che cosa ci aggrappiamo? La nostra razionalità, il disprezzo per gente che vive di rimedi, perde i colpi. Pur di recuperare una speranza siamo disposti a fare di tutto. Ci vanno bene anche i maghi o i fattucchieri, gli esorcismi e le benedizioni più strane.
A questo mi fa pensare quel cieco che stava seduto a mendicare lungo la strada, come racconta il Vangelo di Luca. Che cosa poteva fare un povero cieco se non vivere della carità di tutti? lì seduto conosceva tutti i passi della gente: il bambino che andava a scuola, la signora che si affrettava per la spesa, il vecchio che trascinava i piedi, qualche giovane sempre di corsa. Qualcuno gli faceva una battuta, qualcuno lasciava cadere una moneta nel cappello. Sicuramente però molti gli devono avere parlato di un certo Gesù di Nazareth, che stava spopolando nei paesi vicini. Quello si che è bravo! Vedessi come sa far stare zitti tutti quelli che con noi si danno arie. Ma non solo: fa miracoli, guarisce gli ammalati, raddrizza le gambe agli storpi. L’altro giorno ha fatto saltare in piedi un uomo paralizzato. Immaginate che cosa stava nascendo nel cuore di questo cieco. C'è qualcuno che può mettere fine a questa condanna che ho addosso. Continua la sua vita da cieco, ma ha dentro una attesa. E un giorno finalmente sente un tramestio, un vociare che non è il solito della gente che torna dal lavoro o che va in sinagoga; è un correre, un chiamare e sente che c’è Gesù. Allora si mette a gridare, non sembra più il cieco tranquillo di tutti i giorni. Non lo ferma più nessuno, getta il mantello, rischia di sbattere contro il muro, ma vuole incontrare Gesù. E Gesù gli dà la vista. Ha sperato e ha osato. Le aveva tentate tutte, ma questa volta ha trovato Gesù; non è un mago o un fattucchiere, ma la felicità piena della vita. Ha sperato, ha atteso ed è stato salvato.
Ho bisogno anch'io di questa speranza.
Dove la trovo?
Mons. Domenico Sigalini
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