La visita al vescovo di Roma è stata fortemente voluta dal Presidente russo. I diplomatici del Cremlino sono stati attivati alcune settimane fa con la mission di premettere una tappa romana alla trasferta che Putin compirà a Trieste in occasione del vertice inter-governativo tra Italia e Russia.
L'appuntamento è per lunedì 25 novembre, nel pomeriggio: il Presidente russo Vladimir Putin scenderà a Roma per visitare Papa Francesco. In Vaticano sarà presente anche il nuovo Segretario di Stato Pietro Parolin, finalmente ristabilito e entrato nel pieno esercizio delle sue funzioni.
La visita al vescovo di Roma è stata fortemente voluta dal Presidente russo. I diplomatici del Cremlino sono stati attivati alcune settimane fa con la mission di premettere una tappa romana alla trasferta che Putin compirà a Trieste in occasione del vertice inter-governativo tra Italia e Russia, in programma il prossimo 26 novembre. La Santa Sede ha accolto la richiesta con prontezza. Lo stesso giorno, Putin approfitterà della sua puntata romana per incontrare anche il presidente Giorgio Napolitano.
La determinazione con cui Putin ha cercato l’incontro con Papa Francesco è un sintomo eloquente. A muovere il Presidente russo non è solo la prospettiva di una preziosa photo opportunity. Nei piani alti del potere russo, nelle ultime settimane ha preso forza l'impressione che con Papa Francesco anche il rapporto tra la Russia e la Chiesa cattolica potrà imboccare sentieri non battuti.
Con la lettera aperta inviata a Putin a inizio settembre, in vista del G20 di San Pietroburgo, il vescovo di Roma ha di fatto riconosciuto che la Russia è un attore globale non emarginabile nella ricerca di soluzioni per sanare i conflitti e risolvere le crisi regionali. In quei giorni, gli interventi di Papa Francesco e della diplomazia vaticana sul conflitto siriano – a partire dalla giornata di digiuno e preghiera del 7 settembre – hanno trovato una saldatura non programmata quanto oggettiva con la strategia diplomatica russa che di lì a poco avrebbe disinnescato la minaccia di un intervento militare esterno in Siria e avviato il processo di distruzione delle armi chimiche di Assad.
Negli ambienti governativi e diplomatici russi la lucidità risoluta degli interventi papali sulla Siria hanno suscitato ammirazione. Di lì a poco, alla vigilia dell'anniversario dell'11 settembre, anche il Patriarca russo Kirill ha sentito l'impulso di scrivere una lettera – questa volta al Presidente Usa Obama – per scongiurare l'intervento militare occidentale contro Assad dato per imminente.
Al centro del colloquio tra Putin e Papa Francesco ci saranno sicuramente le vicissitudini correnti delle antiche comunità cristiane del Medio Oriente. Negli ultimi mesi – con la visita a Mosca del Patriarca maronita Bèchara Boutros al-Rai e con la partecipazione di molti vescovi e Patriarchi mediorientali alle celebrazioni per il 1025° anniversario del Battesimo della Rus' – la sollecitudine per le Chiese di quella regione rappresenta un altro oggettivo punto di saldatura tra la Santa Sede e il Cremlino.
Su questo terreno, l'amministrazione russa cerca da tempo di intitolarsi un nuovo “protettorato” sui cristiani d'Oriente. Dal canto suo, nei suoi interventi Papa Francesco non ha offerto appigli ai circoli che in Occidente – ma anche in Russia - strumentalizzano le disgrazie e le persecuzioni dei cristiani d'Oriente per fomentare indistinti sentimenti islamofobici. Le sue espressioni hanno evitato sia la propaganda celebrativa delle enigmatiche “primavere arabe” che le nostalgie per i vecchi regimi autoritari “protettori” talvolta espresse da qualche alto rappresentante delle Chiese d'Oriente.
Tra Russia e Sede Apostolica non c’è all’orizzonte nessuna inedita “Santa Alleanza”. Ma nei leader russi, il desiderio di conoscere meglio il Papa argentino è animato da presagi suggestivi. Da gesuita, Papa Bergoglio sa bene che la Russia – come la Cina – sono attori primari della vicenda storica che non possono essere tagliati fuori da nessun tentativo sincero di governance condivisa della globalizzazione. In più, con il vescovo di Roma “preso” «quasi alla fine del mondo», appare archiviato l’equivoco occidentalista di chi nei decenni passati riduceva il cattolicesimo a corollario religioso dell’Alleanza nord-atlantica. Nel suo cammino nel mondo, la Chiesa con Papa Francesco sembra emanciparsi da ogni pretesa di guidare i processi storici, e proprio per questo acquisisce libertà nel guardare alle dinamiche geopolitiche, dribblando le logiche di schieramento e le trappole degli scontri di civiltà.
L’incontro tra Putin e Papa Francesco, in tempi lunghi e in termini non prevedibili, potrebbe avere anche risvolti notevoli di carattere ecclesiale. Nell’intervista concessa a padre Antonio Spadaro, Papa Francesco ha ribadito l’urgenza di riprendere la strada del dialogo teologico con gli ortodossi riguardo all’esercizio del primato «che ha portato alla firma del documento di Ravenna».
Il Patriarcato di Mosca si è finora mostrato restio a procedere con celerità sul cammino del confronto teologico – dove un ruolo preminente è giocato dai teologi del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli – privilegiando la linea della “alleanza” tra le Chiese nella difesa dei valori morali. Ma con Papa Francesco, ataviche diffidenze antipapiste coltivate in ambienti dell’Ortodossia russa potrebbero disarmarsi. L’attuale Successore di Pietro ha manifestato concretamente la disponibilità a «imparare» dall’ecclesiologia dei fratelli ortodossi. «Da loro» aveva detto sempre al direttore di Civiltà Cattolica «si può imparare di più sul senso della collegialità episcopale e della sinodalità».
Un proposito subito messo in pratica con la riforma profonda ormai avviata nella metodologia del Sinodo dei vescovi. Anche sul versante dei divorziati risposati, il Papa ha fatto più volte riferimento alla disciplina in vigore nelle Chiese ortodosse, che a certe condizioni prevede la possibilità di benedire seconde nozze. Tale disciplina continua a rappresentare un punto di riferimento nella ricerca di soluzioni cattoliche a tale emergenza pastorale, che verranno vagliate in occasione dei prossimi due Sinodi dedicati alla famiglia.
Per un caso fortuito, la visita di Putin in Vaticano verrà anticipata dall’incontro programmato da tempo tra Papa Francesco e il Metropolita russo Hilarion Alfeyev. L’attuale “ministro degli esteri” del Patriarcato di Mosca sarà a Roma il 12 novembre anche per presentare il volume “Verbo di Dio e parola dell’uomo”, con interventi del grande filologo russo Sergej Averintsev (1937-2004). Intanto, in Russia, tutti gli indicatori segnalano che il Papa riscuote diffuse simpatie popolari anche tra i credenti ortodossi.
Nel novembre 2003, davanti a chi gli chiedeva quando la Russia avrebbe aperto le porte a Giovanni Paolo II, Putin liquidò con parole mirate le ansie mediatizzate sulle mète precluse al Papa globetrotter: «L’obiettivo» disse il Presidente russo «non è tanto assicurare una visita del Papa, quanto favorire l’unità dei cristiani». Quasi due anni prima, l’istituzione di quattro diocesi cattoliche nel territorio della Federazione aveva riattizzato tutte le allergie russe verso il Papato polacco, accusato di voler piantare bandierine nei territori canonici dell’Ortodossia.
Adesso, lo scenario è cambiato. Un’eventuale visita di Papa Bergoglio in Russia potrebbe avere anche l’effetto collaterale di spegnere per sempre gli allarmi indotti su presunti disegni egemonici della Chiesa di Roma a est del Dniepr. Putin finora non ha mai rinnovato nei suoi incontri coi papi l’invito a Mosca che Gorbaciov aveva rivolto nel 1989 a Karol Wojtyla. Ma adesso proprio lui si trova nella condizione di poter esercitare una moral suasion morbida sul Patriarcato di Mosca e così favorire a suo modo il cammino verso l’unità sacramentale tra cristiani cattolici e ortodossi. Rimane da verificare se ai vertici della Chiesa russa prevarrà l’opzione di accontentarsi delle cortesie ecumeniche da buon vicinato, o la scommessa di cogliere il momento propizio, lasciandosi alle spalle come fantasmi del passato i calcoli contabili da funzionari del sacro.
Gianni Valente
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