Rubrica di educazione a cura di Richard Kermode. Una riflessione sui fatti di Caivano.
Caivano. Per chi non ricorda questo nome, rinfresco la memoria. È un comune in Campania, al centro dell’informazione mediatica di quest’estate, purtroppo per una storia di violenza su due ragazzine. Non mi fermo sul fatto, quanto sulla modalità dell’informazione: un bombardamento emotivo durato un paio di settimane. Certo, ha mosso gli animi. Meloni, presidente del consiglio, vi ha fatto visita su invito del parroco, dove ha detto: “lo stato ha fallito”, ma “in tempi brevi ci sarà una bonifica radicale”.
Questa informazione ripetuta, forte, sentita, gridata, sembra però non lasciare traccia nella memoria… nel frattempo altre notizie hanno conquistato l’attenzione e l’emotività.
Il problema è: come si trasforma una comunità umana, come si realizza una bonifica radicale, addirittura in tempi brevi?
Certo l’emozione fa emergere il valore, coinvolge immediatamente, fa sognare, illude che le cose siano a portata di mano; ciò che si sente (il bisogno di giustizia, il desiderio di felicità per gli altri, ecc.) sembra non solo capace di smuovere le montagne, ma che possa durare per sempre.
Credo che anche molte delle nostre iniziative salesiane viaggino su questo binario: dei momenti molto carichi emotivamente, per i quali abbiamo esaurito anche i superlativi assoluti… ormai si viaggia sullo “stra”… è stato strabello, strafigo, ecc.
Resta il problema, tutto educativo, di trasformare, far fare una metamorfosi a quell’emozione, perché diventi una decisione, un’azione di una persona che “ci sta” ogni giorno. Decidere di “starci dentro”, ecco il problema: capire che ciò che si sente è giusto e quindi va coltivato, fatto crescere, ogni giorno.
La prof. Eugenia Carfora, preside a Caivano, è considerata una figura mitica, per un semplice motivo: il coraggio di andare casa per casa a riprendersi i ragazzi. Sentire un desiderio di giustizia e trasformarlo in una decisione e azione quotidiana. Sentire e basta… non basta.
So long!
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