Il referendum si svolgerà il 7 febbraio e gli slovacchi dovranno rispondere a tre quesiti...
Il referendum sulla tutela della famiglia, fortemente voluto dall’Alleanza per la famiglia (AZR), si svolgerà in Slovacchia il 7 febbraio prossimo. L’estate scorsa l’AZR ha presentato al presidente della repubblica Kiska le 408.322 firme raccolte (su una popolazione di 5,5 milioni di abitanti), assieme ai quesiti referendari. Le domande su cui gli slovacchi saranno chiamati ad esprimersi sono molto chiare: siete d’accordo nel definire matrimonio unicamente la convivenza basata sull’unione di un uomo e di una donna? Siete d’accordo che a coppie o gruppi omosessuali sia impedita l’adozione e la conseguente educazione di bambini? L’ultimo quesito riguarda la possibilità per i genitori di dispensare i figli da lezioni sull’educazione sessuale o sull’eutanasia.
Avvicinandosi la data della consultazione, il dibattito entra nel vivo e fa emergere inaspettatamente alcuni nodi al pettine. Così i principali canali tv si sono rifiutati di mandare in onda un mini-spot dell’AZR a favore del referendum: «Adam, sono arrivati i tuoi nuovi genitori» – dice la signora al bimbo, mentre vengono inquadrati due uomini. «E dov’è la mamma?», chiede lui sconsolato. «I bambini han le idee chiare», conclude lo spot, invitando a votare «tre volte sì».
Il 18 gennaio Radio-Tv Slovacchia ha proposto a un parroco greco-cattolico di tagliare dall’omelia domenicale il momento in cui ha difeso la famiglia e ha invitato i fedeli a partecipare al referendum. Don Rastislav ha rifiutato, e la liturgia non è andata in onda, suscitando la protesta dell’arcivescovo Ján Babjak di Prešov che ha parlato di censura, di violazione della libertà di confessione religiosa e dei diritti delle minoranze (in questo caso rutena): «Dopo 25 anni dalla caduta del Muro, dobbiamo tornare in piazza a manifestare?». Se Babjak ha ricevuto il sostegno della vicepresidente del parlamento Erika Jurínová, tra i partiti di ispirazione cristiana solo i democristiani si sono espressi chiaramente a favore dei tre sì. Per gli altri varrà la regola del liberi tutti secondo coscienza. Smer, il partito al governo, non ha ancora esplicitato la propria linea; il premier Fico e il presidente del parlamento Pellegrini hanno solo invitato i cittadini ad esprimersi.
L’incomunicabilità è totale tra chi è a favore e chi è contro – nota la professoressa Ronƒçáková della Cattolica di Ru≈æomberok. I primi sottolineano il ruolo della famiglia, l’importanza della fedeltà e del sacrificio per la felicità propria e dell’intera società, e temono che questi valori siano minacciati. Sull’altro fronte vi sono gli oppositori duri e puri che temono invece l’«ingerenza della Chiesa», ma anche gli spauriti con i loro dubbi sul metodo referendario che potrebbe portare alla disfatta.
Anche oltre il Danubio, insomma, tira una brutta aria per la famiglia «tradizionale», e non solo guardando le statistiche, secondo le quali le famiglie con molti figli sono destinate a scomparire entro il 2030. Nel giugno scorso, su pressione dell’opinione pubblica, il parlamento ha emendato la Costituzione e introdotto l’esplicita difesa del matrimonio, ma ora il problema rientra dalla finestra: la «colonizzazione ideologica» made in Europe, infatti, ha spinto il Ministero del lavoro e delle politiche sociali alla stesura di una contestata «Strategia» quinquennale sull’uguaglianza di genere. Critiche sono piovute dalle organizzazioni pro-life secondo le quali il testo ha un «tono ideologico» e trascura la famiglia naturale per dedicare più attenzione ai diritti della comunità LGBT, del tutto minoritaria. Anche i vescovi si dicono delusi ma allo stesso tempo ancor più decisi «a testimoniare la vera dignità di ogni persona e la reale uguaglianza fra uomo e donna»; l’arcivescovo Zvolenský di Bratislava ha bollato la «Strategia» come discriminatoria nei confronti di gruppi sociali realmente svantaggiati, e uno sperpero di soldi pubblici sottratti alle madri in difficoltà. Anche alcuni rappresentanti dell’intelligencija si sono rivolti al premier con una lettera aperta in cui vedono nel progetto «un’ideologia contro la famiglia» e lo considerano «antinazionale». Oltre a negare le differenze naturali di genere e a introdurre «il concetto eccessivo e aggressivo di tutela dei diritti della comunità LGBT», agli studiosi non è andata giù la «deformazione ideologica» proposta a livello linguistico: non più «cittadini» ma «cittadine e cittadini», per non parlare della bizzarra ipotesi di modificare l’inno nazionale.
Ancora a dicembre, a Bratislava sono apparsi dei manifesti di 5 metri x 2 vicino alla scuola cattolica «S. Francesco d’Assisi» e ad uno studentato: tra le nubi spuntano due occhi, e sul cielo coronato dall’arcobaleno campeggia la scritta «Dio ama gli omosessuali». Il pannello è firmato con il link www.bohjelaska.sk, ossia «Dio è amore», ma in realtà porta a un video dei Queen. Qualcuno poi ha aggiunto con lo spray: «E a noialtri ha dato le donne»… È sorprendente – osserva il pubblicista Pavol Martinický – che usino il nome di Dio per i loro scopi coloro che rinnegano la fede e la Chiesa; paradossalmente è solo partendo da un punto di vista cristiano che si può affermare che Dio ama ogni persona, compresi gli omosessuali anche se non ne approva la condotta.
Tra posizioni inconciliabili, pavidità culturali e giustificazioni legalistiche, suonano confortanti le parole rivolte da papa Francesco a un gruppetto di giovani slovacchi presenti alla messa in Santa Marta il 22 gennaio: «Saluto la coraggiosa Chiesa slovacca che sta lottando per la difesa della famiglia» – ha detto ai pellegrini, – esortandoli ad «andare avanti con coraggio».
Angelo Bonaguro
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