Salvata in mare due anni fa, Zeanab ha partorito la sua bambina e oggi aiuta altri minori in una comunità che si ispira a don Bosco
del 30 dicembre 2016
Salvata in mare due anni fa, Zeanab ha partorito la sua bambina e oggi aiuta altri minori in una comunità che si ispira a don Bosco
C’è una dimensione della vita e dell’esperienza dei migranti, che affrontano i “viaggi della speranza”, che raramente viene raccontata pubblicamente, ma che spesso è condivisa nei colloqui personali con chi li accoglie in prima linea e successivamente in quelle strutture d’accoglienza – non molte per la verità – che mettono al centro la totalità della persona affidata: è quella spirituale! «Quando mi si chiede se la fede mi ha aiutata nella vita, io rispondo sempre che Dio mi ha sostenuta moltissimo, nel lasciare la mia terra, nel durissimo viaggio lungo il deserto, nel portare avanti la mia gravidanza, sul barcone instabile; mi sono fidata di Dio perché so che mi vuole bene».
Sono le parole di Zeanab Elmi Ali Hassan, ventunenne originaria della Somalia, che oggi vive in Italia, accompagnata dalla onlus Metacometa di Giarre in Sicilia, un’associazione di ispirazione salesiana nata nel dicembre del 1998, che ha dato vita a delle Comunità familiari di accoglienza, cioè a delle piccole strutture residenziali in seno a un nucleo familiare per l’accoglienza di minori, in cui gli operatori assumono funzioni genitoriali e convivono a tempo pieno, in spirito di famiglia, nello stile di don Bosco, con i ragazzi accolti.
CRISTIANI E MUSULMANI
«Io sono musulmana», continua Zeanab, «ma l’accoglienza in una realtà cristiana non mi ha turbata, anzi mi ha arricchita e mi arricchisce ogni giorno. Lo stare insieme e condividere la vita ci rende sorelle e fratelli anche se non abbiamo la stessa religione». Una vita, seppur giovane, molto travagliata quella di Zeanab: cresciuta in un campo profughi in Kenia, poi in Sudan a lavorare per sostenere una famiglia con ben 12 fratelli, infine – rimasta incinta di una bambina – la decisione di partire per raggiungere l’Europa e dare un futuro migliore a chi portava in grembo. Con una fede incrollabile che la riempie di speranza, intraprende un lungo viaggio attraverso il deserto e fino alla Libia, un percorso pagato ai mercanti di persone, i quali si lasciano alle spalle morti su morti senza alcuna pietà.
Salvata in mare dalla Marina Militare nel 2014, Zeanab – giunta a Catania – rischia di cadere nella rete schiavista messa su anche da propri connazionali; finisce, però, in ospedale per seri problemi di salute che non le impediranno di partorire una bimba sana che viene affidata a una famiglia italiana, poiché le sue condizioni erano incerte. La giovane mamma, una volta ristabilitasi, non smette di pregare per poter riabbracciare sua figlia e pian piano, anche andando a scuola e imparando l’italiano, ha la possibilità di ricongiungersi alla piccola grazie al sostegno di Metacometa, «una onlus», afferma il responsabile Salvo Adamo, «che trova ispirazione costante nella parola di Dio, nel magistero del Papa, nella Dottrina sociale della Chiesa, nella fede rafforzata dalla preghiera, nell’abbandono alla Provvidenza, nello spirito di famiglia». Con gli operatori e i volontari dell’associazione oggi vivono entrambe serenamente in una casa che accoglie altri migranti, per i quali Zeanab si spende con tanta energia ricordando le parole della madre che non vede più da diversi anni: «Il Corano dice: “Se aiuti qualcuno, Dio ti aiuterà”. Io sono stata salvata e sento a mia volta il dovere di impegnarmi per chi è nel bisogno e grida aiuto». E lei conosce bene i bisogni di questi fratelli più piccoli, avendoli vissuti. Nonostante l’età, ha già fatto esperienza di mediatrice culturale per l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, grazie soprattutto al fatto che parla diverse lingue, ed è divenuta da alcuni mesi lei stessa madre affidataria di minori soli.
OLTRE GLI STECCATI
C’è una lingua comune che Zeanab ha trovato in Italia: quella di un’amicizia speciale con Manuela, Linda, Maria Grazia e Salvo di Metacometa, che fonda le radici sull’amore di un Dio che abbraccia tutti senza distinzioni e rende un’unica famiglia che si allarga sempre di più e condivide la quotidianità: «In casa viviamo tempi comuni di preghiera», aggiunge Zeanab, «per esempio preghiamo insieme prima di mangiare e in altre occasioni. Ci sono stati momenti forti in cui abbiamo pregato tutti comunitariamente, come durante la Settimana santa, partecipando in chiesa pure alla celebrazione penitenziale. La bilancia, comunque, non pende tutta da una parte, poiché le sorelle e i fratelli cristiani sono venuti con noi in moschea. E poi preghiamo insieme sempre, perché io chiedo a loro di pregare per me e loro chiedono a me altrettanto».
La sua storia ha raggiunto il cuore di tanti giovani che l’hanno ascoltata in diverse testimonianze e a loro, alla domanda su cosa si fondi il dialogo interreligioso che vivono, risponde semplicemente: «Il nostro dialogo si fonda sulla quotidianità, nulla di particolare. A casa nostra c’è il crocifisso e ci sono le immagini dei santi, ma anche il Corano e i tappeti per le nostre preghiere giornaliere. Non è raro che ci confrontiamo sulla rispettiva cultura spiegando le motivazioni dell’una o dell’altra, oppure cerchiamo nei due testi sacri le ragioni profonde del nostro stare insieme»
Marco Pappalardo
http://www.famigliacristiana.it
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