L'iniziativa promossa dal Monastero di Santa Rita da Cascia: se una futura sposa non può acquistare il vestito nuziale, può rivolgersi alle monache di clausura che, da oltre settant'anni, riutilizzano gli abiti che spose novelle regalano loro per devozione a Santa Rita.
Molte donne sognano il giorno del proprio matrimonio sin da bambine. Immaginano chi le porterà all’altare, dove si terrà la cerimonia e, non da ultimo, come sarà l’abito da sposa. Sono questioni secondarie rispetto al significato religioso del Sacramento, eppure contribuiscono anch’esse a rendere indimenticabile il giorno delle nozze. Il vestito della sposa è da sempre fonte di curiosità e attenzione, sia che si tratti di un matrimonio reale, sia che a sposarsi sia la vicina di casa. Se il dilemma di cosa indossare interessa la quotidianità di una buona fetta della popolazione femminile, è facile dedurre che la scelta dell’abito nuziale sarà un banco di prova sul quale la futura sposa è chiamata a coniugare la fantasia con la realtà. Infatti, una volta trovato il vestito giusto, non è detto che ci sia la disponibilità economica per poterlo acquistare, così capita di dover preferire un articolo meno costoso.
Ciò è particolarmente vero in tempo di crisi, in cui impera il low cost e si cerca di risparmiare, tanto nelle piccole scelte di ogni giorno, quanto nelle grandi occasioni. Di positivo c’è che la ristrettezza spinge l’ingegno a cercare soluzioni alternative nella comunità, dove l’incontro tra un bisogno e la generosità di chi può soddisfarlo riesce a risolvere persino il problema apparentemente più complicato. È il caso dell’iniziativa promossa dal Monastero di Santa Rita da Cascia: se una futura sposa non può acquistare il vestito nuziale, può rivolgersi alle monache di clausura che, da oltre settant’anni, riutilizzano gli abiti che spose novelle regalano loro per devozione a Santa Rita o come gesto di solidarietà. Le monache agostiniane li mettono a disposizione gratuitamente per chi ne fa richiesta, anche per chi sceglie di sposarsi con rito civile. Volendo, si può lasciare un’offerta, il cui ricavato serve per le necessità del monastero e per le opere di beneficienza. La procedura è semplice: basta una telefonata o un’e-mail in cui specificare taglia e gusti. Fissato un appuntamento, una volta arrivata in monastero, la futura sposa si affida ai consigli di Suor Maria Laura, che fino a ventotto anni lavorava nella sartoria di famiglia come stilista, confezionando anche abiti da sposa. L’abbiamo intervistata per saperne di più.
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Chi sono le future spose che si rivolgono a voi e perché?
All’inizio, ne usufruivano principalmente le “Apette” che, diventate grandi, desideravano sposarsi. Le “Apette” sono le ragazze ospiti dell’Alveare di Santa Rita, una struttura che abbiamo costruito accanto al Monastero per sostenere bambine e ragazze provenienti da famiglie con serie difficoltà economiche e sociali. Da 75 anni, grazie alle offerte dei benefattori devoti, possiamo assicurare alle Apette cibo, istruzione, visite mediche e una casa dove crescere con serenità e amore. Mano a mano che la voce si è sparsa, le future spose si sono avvicinate a questo servizio di beneficenza non solo quando non potevano permettersi di comprare l’abito bianco dei loro sogni, ma anche quando volevano fare una scelta di sobrietà, di ritorno al vero significato del Sacramento del Matrimonio. Molte di loro hanno un legame con Santa Rita e desiderano ricevere il vestito da questa Santa per devozione tramandata dalla famiglia.
Prima di entrare in monastero, lavorava come stilista nella sartoria di famiglia ed era fidanzata. Quando ha capito che la Sua vocazione non era il matrimonio, ma la vita consacrata?
Con la nascita di mia nipote Chiara, la mia vita è stata stravolta. La gioia di questo evento mi ha aperto al mistero di Dio, che ho vissuto come Bellezza infinita e Amore ineffabile. Il corpo di questa neonata mi ha rivelato cose inesprimibili. È stato allora che mi sono incamminata verso la conoscenza della dottrina cattolica, di cui non sapevo molto. Ho quindi lasciato il mio ragazzo. Mi sono letteralmente innamorata di Gesù, quest’uomo-Dio folle d’amore, che ha voluto morire sulla croce anche per una come me. Di fronte a un amore così, non potevo più amare nessuno al di sopra di Lui.
Perché ha scelto proprio la clausura?
Desideravo dare una risposta radicale e la clausura, con il limite dello spazio, mi offriva questa opportunità. Ho scelto la clausura per avere più tempo per stare con Gesù, più tempo per la preghiera, per lo studio, per la meditazione. Mi sono avvicinata agli agostiniani perché conoscevo una suora. Il contatto con Sant'Agostino, in particolare con la sua esperienza d'amore con Dio, mi ha fatto comprendere che quella era davvero la mia strada. La bellissima preghiera che si trova nelle Confessioni diventò immediatamente la mia preghiera: “Tardi t’amai Bellezza infinita, tardi t’amai. Eri con me, invece io, Signore, non ero con te, le tue creature mi tenevano lontano, lontano da Te...”.
Come ha reagito la Sua famiglia a questa decisione?
Con grande rispetto. Per i miei genitori, in particolare, la mia scelta di diventare monaca è stata dolorosa, ma in ogni modo mi sono stati accanto e, nonostante il dispiacere del distacco, mi hanno sempre sostenuta. Anche per le mie sorelle e i miei fratelli non è stato facile, ma hanno cercato di accettare la mia scelta nel modo migliore possibile.
Cos'è, per Lei, l'amore e cosa prova, essendo sposa di Cristo, quando incontra la promessa sposa di un uomo?
L’amore, per me, è sempre stata la cosa più bella, l’unica che rende bella la vita, perché una vita senza amore non è vita. Per essere vero, autentico, l’amore ha bisogno di purificazione: il nostro egoismo e orgoglio sono i grandi impedimenti ad amare. Se non c’è il proposito di un serio cammino di ascesi, il rischio è che si entri in un fraintendimento, nel senso che si crede che l’amore sia un “sentimento spontaneo” e, quando questo sparisce, si arriva alla rottura del rapporto. Gli sposi, se si aprono all’amore di Dio, entrano in un orizzonte meraviglioso e non solo pregustano la bellezza del dono reciproco ma, senza rendersene conto, con la loro vita, evangelizzano, perché rendono concreto e visibile l’amore trinitario. L’amore verso Dio va sempre messo al primo posto affinché l’amore per il prossimo sia autentico.
La nostra Comunità prega sempre per gli sposi, è un’intenzione del rosario comunitario. Personalmente, porto tutte le spose nel cuore e nella preghiera: ogni incontro è sempre qualcosa di speciale. Ricordo una ragazza albanese molto bella e vivacissima, che esprimeva una gioia così grande, che non potevi non sorridere con lei. Oppure la tenerezza di una ragazza già incinta, con un bel pancione; per lei, ho trovato un abito che la copriva un po’ ed è andata via felice. Mi viene in mente un’altra ragazza, che si è sposata in Comune e, per questo, aveva paura che non le dessi il vestito. Ma noi non giudichiamo le scelte di nessuna, siamo strumenti nelle mani di Dio.
Quanto a me, Gesù è l’amore che cercavo, è la vita voglio vivere. L’amore mi fa provare un gusto diverso in tutte le cose. Gesù mi è entrato dentro e io voglio stare con Lui, ascoltarlo, amarlo anch’io alla follia.
Laura Guadalupi
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