Il cieco guarito si inginocchia davanti a Gesù. Ne riconosce la potenza, ha veduto la verità di quanto egli dichiara, di essere il Messia. Ma può anche vedere la propria verità: Gesù non lo ha solo guarito, lo ha salvato dall'accusa di essere un peccatore che si meritava il suo handicap. Gli ha rivelato la sua grandezza di uomo in cui si doveva manifestare l'opera di Dio.
del 22 luglio 2005
DICIASETTESIMO PASSO
“Prostrarsi in adorazione…ßà ...non da sottomessi. Ma da liberati” 
1 - Prendi e mangia
 
È successo a un cieco nato 
Giovanni 9,1-9.13-14-16.26-34b-41
 Passando vide un uomo cieco dalla nascita e i suoi discepoli lo interrogarono: «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché egli nascesse cieco?». Rispose Gesù: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è così perché si manifestassero in lui le opere di Dio. Dobbiamo compiere le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può più operare. Finché sono nel mondo, sono la luce del mondo». Detto questo sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: «Va' a lavarti nella piscina di Sìloe (che significa Inviato)». Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva. Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, poiché era un mendicante, dicevano: «Non è egli quello che stava seduto a chiedere l'elemosina?». Alcuni dicevano: «È lui»; altri dicevano: «No, ma gli assomiglia». Ed egli diceva: «Sono io!». (…) Intanto condussero dai farisei quello che era stato cieco: era infatti sabato il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. Allora alcuni dei farisei dicevano: «Quest'uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato». Altri dicevano: «Come può un peccatore compiere tali prodigi?». E c'era dissenso tra di loro. (…) Allora gli dissero di nuovo: «Che cosa ti ha fatto? Come ti ha aperto gli occhi?». Rispose loro: «Ve l'ho già detto e non mi avete ascoltato; perché volete udirlo di nuovo? Volete forse diventare anche voi suoi discepoli?». Allora lo insultarono e gli dissero: «Tu sei suo discepolo, noi siamo discepoli di Mosè! Noi sappiamo infatti che a Mosè ha parlato Dio; ma costui non sappiamo di dove sia». (…) E lo cacciarono fuori.
Gesù seppe che l'avevano cacciato fuori, e incontratolo gli disse: «Tu credi nel Figlio dell'uomo?». Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?». Gli disse Gesù: «Tu l'hai visto: colui che parla con te è proprio lui». Ed egli disse: «Io credo, Signore!». E gli si prostrò innanzi. Gesù allora disse: «Io sono venuto in questo mondo per giudicare, perché coloro che non vedono vedano e quelli che vedono diventino ciechi». Alcuni dei farisei che erano con lui udirono queste parole e gli dissero: «Siamo forse ciechi anche noi?». Gesù rispose loro: «Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: Noi vediamo, il vostro peccato rimane»
 
 
Vangelo di Giovanni, Bibbia, Nuovo testamento.
Giovanni era forse il discepolo che conosceva più intimamente Gesù, “il discepolo che Lui amava”.
Un consiglio: gustatevi la lettura integrale dell’episodio.
Ci sono tenebre che offuscano gli occhi e altre che avvolgono la mente e il cuore. Anche per Gesù è più facile vincere le prime. Soprattutto se le altre sono tenebre di cui non si sospetta l’esistenza.
Perché ci si crede perfetti e “in garanzia”: garantisce il Dio che crediamo di possedere.
 
 
2 – Per riflettere
 
Il cieco guarito si inginocchia davanti a Gesù. Ne riconosce la potenza, ha veduto la verità di quanto egli dichiara, di essere il Messia.
Ma può anche vedere la propria verità: Gesù non lo ha solo guarito, lo ha salvato dall’accusa di essere un peccatore che si meritava il suo handicap. Gli ha rivelato la sua grandezza di uomo in cui si doveva manifestare l’opera di Dio.
·         Inginocchiarsi è umiliarsi?
In tutto l’episodio sono si scontrano due opposte immagini di Dio. Il cieco si è trovato in mezzo, costretto a scegliere. Pagando con l’espulsione dalla sua comunità. Ma guadagnando se stesso.
·         Come cambia la considerazione di me stesso e dei miei limiti passando
·        dall’immagine di Dio dei farisei a quella di Gesù?
 
3 - È successo anche a….
 
Jean Vanier
Avere un fisico da atleta, essere figlio del governatore generale del Canada, diventare ufficiale di marina a vent’anni, laurearsi in filosofia… e mollare tutto per stare con i matti e gli handicappati. Starci proprio materialmente, mettendo su casa con loro. Succede, se si scopre il mistero che si cela nelle ferite dei più deboli.
 
“Adorare lui… ma dove, come?”“Mi ricordo che un giorno a Parigi sono stato avvicinato da una donna che aveva l’aria fragile e ferita. Mi chiedeva dieci franchi. Ho voluto sapere il perché e mi rispose che era appena uscita dall’ospedale psichiatrico e che era malata. Abbiamo iniziato a parlare e a un certo punto mi sono reso conto che se continuavo sarebbe diventato troppo pericoloso perché di certo l’avrei invitata a pranzo e non avrei più potuto lasciarla per la strada. E ho sentito salire dentro di me ogni sorta di potenza che mi diceva di fermarmi. Le ho dato dieci franchi e sono andato all’appuntamento che avevo.”
 
'Quando sono venuto a Trosly-Breuil, questo piccolo villaggio a nord di Parigi, ho raccolto Raphael e Philippe. Li ho invitati a venire con me a causa di Gesù e del Vangelo. È così che l'Arca fu fondata. Tirandoli fuori da un asilo, sapevo che era per tutta la vita [...] Il mio scopo, creando l'Arca, era di fondare una famiglia, una comunità per e con quelli che sono deboli e poveri a causa di un handicap mentale e che si sentono soli e abbandonati.'
 
“Nel cuore del povero c' è un mistero. Gesù dice che tutto quello che si fa all'affamato, a chi ha sete, che è nudo, malato, in prigione, straniero, è a Lui che lo si fa: ‘Tutto quello che fai al più insignificante dei miei fratelli, è a me che lo fai’. Il povero nella sua insicurezza totale, nella sua angoscia e nel suo abbandono, si identifica a Gesù. Nella sua povertà radicale, nella sua ferita evidente, si trova celato il mistero della presenza di Dio.” 
 
'Accogliere non è per prima cosa aprire la porta della propria casa, ma aprire le porte del proprio cuore e perciò diventare vulnerabili. È uno spirito, un atteggiamento interiore. È prendere l’altro all’interno di sè, anche se è sempre un rischio che disturba e toglie sicurezza: è preoccuparsi di lui, essere attenti, aiutarlo a trovare il suo posto... DARE LA VITA significa essere colmi di sacro stupore e di profondo rispetto davanti al mistero della persona; significa vedere al di là di tutto quello che è spezzato.”
 
 
Breve biografia di Jean Vanier
Nato nel 1928, ha lasciato la marina canadese nel 1950 per studiare filosofia e vivere in una comunità cristiana vicino Parigi. Ottenuto il dottorato in filosofia ha insegnato all’università di Toronto. Nel 1964 ha avviato la Comunità dell’Arca (Arche) accogliendo due persone handicappate mentali adulte in un piccolo “focolare'. La Comunità si è sviluppata, altri “focolari” dell’Arca sono stati aperti in numerosi paesi: Canada, Stati Uniti, Belgio, Danimarca, Norvegia, Italia… Lo scopo dell’Arca è di creare “focolari” di vita, dove persone handicappate e “assistenti” condividono gioie e pene in una vita ispirata alle beatitudini.
Servizio Nazionale Pastorale Giovanile
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