Il vero credente è quello che tiene in una mano la Bibbia e nell'altra il giornale. Crede in nel Dio di Gesù, in un Dio che è “disceso” e si è sporcato coi fatti della storia.
del 09 agosto 2005
VENTISEIESIMO PASSO
“Non passare da Erode... ßà... passa dal cielo, su ali d’Aquila” 
1 - Prendi e mangia
 
Succede a quelli che sono di Cristo
Apocalisse 12,13-18;13,1-4.11.13.15-18;14,1a
 Or quando il drago si vide precipitato sulla terra, si avventò contro la donna che aveva partorito il figlio maschio. Ma furono date alla donna le due ali della grande aquila, per volare nel deserto verso il rifugio preparato per lei per esservi nutrita per un tempo, due tempi e la metà di un tempo lontano dal serpente. Allora il serpente vomitò dalla sua bocca come un fiume d'acqua dietro alla donna, per farla travolgere dalle sue acque. Ma la terra venne in soccorso alla donna, aprendo una voragine e inghiottendo il fiume che il drago aveva vomitato dalla propria bocca.
Allora il drago si infuriò contro la donna e se ne andò a far guerra contro il resto della sua discendenza, contro quelli che osservano i comandamenti di Dio e sono in possesso della testimonianza di Gesù. E si fermò sulla spiaggia del mare. (…)
Vidi salire dal mare una bestia che aveva dieci corna e sette teste, sulle corna dieci diademi e su ciascuna testa un titolo blasfemo. La bestia che io vidi era simile a una pantera, con le zampe come quelle di un orso e la bocca come quella di un leone. Il drago le diede la sua forza, il suo trono e la sua potestà grande. Una delle sue teste sembrò colpita a morte, ma la sua piaga mortale fu guarita. Allora la terra intera presa d'ammirazione, andò dietro alla bestia e gli uomini adorarono il drago perché aveva dato il potere alla bestia e adorarono la bestia dicendo: «Chi è simile alla bestia e chi può combattere con essa?». (…)
Vidi poi salire dalla terra un'altra bestia, che aveva due corna, simili a quelle di un agnello, che però parlava come un drago. (…)
Operava grandi prodigi, fino a fare scendere fuoco dal cielo sulla terra davanti agli uomini. (…) Le fu anche concesso di animare la statua della bestia sicché quella statua perfino parlasse e potesse far mettere a morte tutti coloro che non adorassero la statua della bestia. Faceva sì che tutti, piccoli e grandi, ricchi e poveri, liberi e schiavi ricevessero un marchio sulla mano destra e sulla fronte; e che nessuno potesse comprare o vendere senza avere tale marchio, cioè il nome della bestia o il numero del suo nome. Qui sta la sapienza. Chi ha intelligenza calcoli il numero della bestia: essa rappresenta un nome d'uomo. E tal cifra è seicentosessantasei. Poi guardai: ed ecco l'Agnello ritto sul monte Sion …
 
Apocalisse, ultimo libro della Bibbia.
Apocalisse significa svelamento, rivelazione, non “rivelazioni”.
Il potere ha l’aspetto di un drago trionfante.
Persino la sua statua parlante può intossicarci mortalmente. Per questo nella storia ci sono stragi, sconfitte,ingiustizie. La donna, che è insieme comunità cristiana e umanità, è debole. Ma Dio è entrato nella storia. Ed allora l’ultima parola è la sua.
E noi possiamo resistere.
 
 
2 – Per riflettere
 
Il vero credente è quello che tiene in una mano la Bibbia e nell’altra il giornale. Crede in nel Dio di Gesù, in un Dio che è “disceso” e si è sporcato coi fatti della storia.
·         La fede in Dio mi aiuta ad essere protagonista lucido e fiducioso nella storia del mio tempo, o mi serve per evadere in mondi paralleli?
 
 
3 - È successo anche a….
 
Carlo Urbani (1956-2003)
Ha pagato con la vita la sua voglia infinita di aiutare gli altri dopo aver isolato, in Vietnam, il virus della SARS. Il dottor Urbani non era soltanto un medico ma un uomo che “agiva per cambiare le regole del mondo, per sollevare quei Paesi in cui miseria e malattia annientano l’umanità” – racconta la moglie, Giuliana Chiorrini. “Ma, per favore, non dite che era un eroe. Solo un uomo: con tanti ideali e la caparbietà di portarli avanti fino in fondo”.
 
Un medico eccezionaleSulla rivista torinese “Missioni Consolata”, nel febbraio 2000, raccontava così la Cambogia: «Qui nei villaggi si muore anche di diarrea. Si muore di Aids, che trova nella capillare rete di prostituzione e bordelli l'ideale terreno di coltura per una crescita esponenziale. E proprio qui i farmaci per curare l'infezione e le complicanze sono introvabili. Questo paese, con le guerre e i massacri sembra un immenso sacrario. Per fortuna, questo pesantissimo ricordo è vissuto dai Khmer con discrezione, quasi come una vergogna da coprire. Per me e la mia famiglia è stato come conoscere i sopravvissuti di Auschwitz, vittime dell'ennesimo olocausto».
La moglie, dopo la sua morte, ha reso noto il testo di una lettera che le aveva scritto il 23 giugno del 2000: «Sono cresciuto inseguendo il miraggio di incarnare i sogni. Ed ora credo di esserci riuscito. Ho fatto dei miei sogni la mia vita e il mio lavoro. Anni di sacrifici mi permettono oggi di vivere vicino ai problemi, a quei problemi che mi hanno sempre interessato e turbato. Quei problemi oggi sono anche i miei, in quanto la loro soluzione costituisce la sfida quotidiana che devo accettare. Ma il sogno di distribuire accesso alla salute ai segmenti più sfavoriti delle popolazioni è diventato oggi il mio lavoro. E in quei problemi crescerò i miei figli, sperando di vederli consapevoli dei grandi orizzonti che li circondano, e magari vederli crescere inseguendo sogni apparentemente irraggiungibili, come ho fatto io».
 
 
Breve biografia di Carlo Urbani
Classe 1956, è nato a Castelplanio in provincia di Ancona. Fin da giovane si dedica ad attività di aiuto dei più deboli e bisognosi; studia Medicina e si specializza in malattie infettive; sposato e padre di tre figli, oltre al lavoro in Italia all’ospedale si dedica ai malati dei continenti più poveri, e si accorge che la malattia più grossa è proprio la povertà che impedisce l’accesso alle medicine. Parassitologo dell’OMS e specialista in malattie infettive e tropicali, era riuscito a trasformare in lavoro il suo sogno, che era quello di distribuire accesso alla salute ai segmenti più sfavoriti delle popolazioni. L’aveva dichiarato anche quando, nel 1999, in qualità di presidente di Medici Senza Frontiere Italia aveva ritirato il Premio Nobel per la Pace. Va in Asia, Cambogia, Laos, Vietnam, sempre a contatto di coloro che più hanno bisogno, anche dei malati di SARS, malattia pericolosamente infettiva. Infatti si accorge di aver contratto la malattia, rinuncia a rivedere i figli facendoli ripartire per l’Italia, resta solo la moglie che non può più incontrare; muore il 29 marzo 2003 dopo aver ricevuto i sacramenti. È morto all’ospedale di Bangkok, dove era andato per partecipare a un convegno. A febbraio aveva isolato per primo quel virus, a diretto contatto con un paziente gravemente ammalato, un uomo d’affari americano ricoverato nell’ospedale di Hanoi. Conosceva i rischi. Ma l’importante era raggiungere il risultato, sapere che cosa stava minacciando la vita dei pazienti. «Non era un tipo da scrivania» ha detto la moglie Giuliana. «Era sempre sul campo, tra i malati».Quando in Thailandia la febbre ha cominciato a salire, Carlo Urbani ha capito subito tutto. Ha telefonato alla moglie: «Prendi i ragazzi e torna in Italia». Non ha voluto nemmeno rivederli. Il contatto avrebbe potuto contagiarli. La donna ha obbedito: ha caricato i figli, di 17, 10 e 5 anni, su un aereo e li ha rimandati a casa. Poi è andata a Bangkok. Per poter salutare per l’ultima volta il marito, chiuso nel reparto d’isolamento, ha dovuto accettare un compromesso: lo ha visto dietro un vetro. Lui soffriva, sotto sedativi per sopportare il dolore, senza mai perdere conoscenza e, soprattutto, ben conscio, da medico, del destino che lo attendeva. «Abbiamo parlato per telefono» racconta la moglie. «Mi ha detto che era molto grave e di non farmi illusioni. Ho capito tutto, che era il suo ultimo saluto».
Servizio Nazionale Pastorale Giovanile
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