Incontrare Dio è rischioso: possono saltare in aria i propri piani, le proprie sicurezze. Ma nello stesso tempo ci si arriva acomprendere così profondamente come non si era mai riusciti a fare. Mosè pensava di essere arrivato e di essere libero. Invece scopre la propria schiavitù, condivisa col popolo al quale appartiene, col quale deve cercare di liberarsi.
del 12 giugno 2005TERZO PASSO
“Qualcosa di nuovo.... ßà... la novità ti viene incontro”
 1 - Prendi e mangia  
È successo a MosèEsodo 3, 1-12
Ora Mosè stava pascolando il gregge di Ietro, suo suocero, sacerdote di Madian, e condusse il bestiame oltre il deserto e arrivò al monte di Dio, l'Oreb. L'angelo del Signore gli apparve in una fiamma di fuoco in mezzo a un roveto. Egli guardò ed ecco: il roveto ardeva nel fuoco, ma quel roveto non si consumava. Mosè pensò: «Voglio avvicinarmi a vedere questo grande spettacolo: perché il roveto non brucia?». Il Signore vide che si era avvicinato per vedere e Dio lo chiamò dal roveto e disse: «Mosè, Mosè!». Rispose: «Eccomi!». Riprese: «Non avvicinarti! Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale tu stai è una terra santa!». E disse: «Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe». Mosè allora si velò il viso, perché aveva paura di guardare verso Dio.
Il Signore disse: «Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi sorveglianti; conosco infatti le sue sofferenze. Sono sceso per liberarlo dalla mano dell'Egitto e per farlo uscire da questo paese verso un paese bello e spazioso, verso un paese dove scorre latte e miele, verso il luogo dove si trovano il Cananeo, l'Hittita, l'Amorreo, il Perizzita, l'Eveo, il Gebuseo. Ora dunque il grido degli Israeliti è arrivato fino a me e io stesso ho visto l'oppressione con cui gli Egiziani li tormentano. Ora va'! Io ti mando dal faraone. Fa' uscire dall'Egitto il mio popolo, gli Israeliti!». Mosè disse a Dio: «Chi sono io per andare dal faraone e per far uscire dall'Egitto gli Israeliti?». Rispose: «Io sarò con te. Eccoti il segno che io ti ho mandato: quando tu avrai fatto uscire il popolo dall'Egitto, servirete Dio su questo monte». Mosè disse a Dio: «Ecco io arrivo dagli Israeliti e dico loro: Il Dio dei vostri padri mi ha mandato a voi. Ma mi diranno: Come si chiama? E io che cosa risponderò loro?». Dio disse a Mosè: «Io sono colui che sono!».
 
 
Esodo, Bibbia. 1300 a.C. circa. Tra l’Egitto e la terra promessa, passando dal Sinai. Per 40 anni. Schiavi, guidati da Mosè, che diventano un popolo libero. Non era mai successo. Il fuoco brucia: lo sanno anche i bambini. Invece c’è un fuoco che non brucia, ma parla. Ti chiama per nome, il tuo nome di sempre, come non aveva mai fatto nessuno. E senti che ti puoi fidare. Allora puoi chiedergli non soltanto “come ti chiami”, ma anche una cosa che in certi giorni ti sembra senza risposta: “e io, chi sono?”
 
 
2 – Per riflettere 
Incontrare Dio è rischioso: possono saltare in aria i propri piani, le proprie sicurezze. Ma nello stesso tempo ci si arriva a comprendere così profondamente come non si era mai riusciti a fare. Mosè pensava di essere arrivato e di essere libero. Invece scopre la propria schiavitù, condivisa col popolo al quale appartiene, col quale deve cercare di liberarsi.
·         Quali “novità” mi potrebbe svelare un incontro con il Signore?
·         Da quali schiavitù potrei essere chiamato a liberarmi?
·         Insieme a chi?
·         Cosa può dare a Giulia una speranza che sia finalmente senza inganni, infinita?
 
3 - È successo anche a….
 
CarmineNon ci sono biografie su di lui, non è un personaggio famoso. L’ha incontrato Don Vittorio, quello che ha dato voce ai Magi in questo libro, e ne ha scritto in “Anche i figli di puttana sono figli di Dio”.
 
“Liberato e chiamato all’ospedale”“Avevo tentato tre volte di farmi fuori e mi è sempre andata male.
L’ultima volta, entrato in ospedale, il medico mi mise in una cameretta non da solo, ma con un ragazzo spastico di dieci anni.
Pensaci tu! Se ha bisogno di qualcosa durante la notte, dagli una mano! Il dottore si fidava di me, di un tossico pregiudicato… Mi sembrava una cosa davvero strana.
Ad un certo punto quel ragazzino mi ha chiesto da bere! Io gli ho dato dell’acqua fresca. Lui mi ha sorriso. Mai nessuno mi aveva sorriso in quel modo!
Sono stato in ospedale dieci giorni e in quei giorni l’ho sempre aiutato. Sentivo di essere utile a qualcuno.
Ho capito perché Dio non ha permesso che io morissi… La mia vita era importante per qualcuno! Padre, ho deciso: mi aiuti ad andare in qualche ospedale a dare un mano a chi è solo e abbandonato…”
 
Carmine, anni 27 
Servizio Nazionale Pastorale Giovanile
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