Chi sono le persone che io considero più diverse da me? Come le può vedere Dio?
del 27 giugno 2005OTTAVO PASSO
“Camminare insieme... ßà... a chi proprio non ti saresti aspettato” 
1 - Prendi e mangia
 
È successo a Cornelio e PietroAtti degli Apostoli 10, 1-28;11,18
C'era in Cesarèa un uomo di nome Cornelio, centurione della coorte Italica, uomo pio e timorato di Dio con tutta la sua famiglia; faceva molte elemosine al popolo e pregava sempre Dio. Un giorno verso le tre del pomeriggio vide chiaramente in visione un angelo di Dio venirgli incontro e chiamarlo: «Cornelio!». Egli lo guardò e preso da timore disse: «Che c'è, Signore?». Gli rispose: «Le tue preghiere e le tue elemosine sono salite, in tua memoria, innanzi a Dio. E ora manda degli uomini a Giaffa e fa' venire un certo Simone detto anche Pietro. Egli è ospite presso un tal Simone conciatore, la cui casa è sulla riva del mare». Quando l'angelo che gli parlava se ne fu andato, Cornelio chiamò due dei suoi servitori e un pio soldato fra i suoi attendenti e, spiegata loro ogni cosa, li mandò a Giaffa. Il giorno dopo, mentre essi erano per via e si avvicinavano alla città, Pietro salì verso mezzogiorno sulla terrazza a pregare. Gli venne fame e voleva prendere cibo. Ma mentre glielo preparavano, fu rapito in estasi. Vide il cielo aperto e un oggetto che discendeva come una tovaglia grande, calata a terra per i quattro capi. In essa c'era ogni sorta di quadrupedi e rettili della terra e uccelli del cielo. Allora risuonò una voce che gli diceva: «Alzati, Pietro, uccidi e mangia!». Ma Pietro rispose: «No davvero, Signore, poiché io non ho mai mangiato nulla di profano e di immondo». E la voce di nuovo a lui: «Ciò che Dio ha purificato, tu non chiamarlo più profano». Questo accadde per tre volte; poi d'un tratto quell'oggetto fu risollevato al cielo. Mentre Pietro si domandava perplesso tra sé e sé che cosa significasse ciò che aveva visto, gli uomini inviati da Cornelio, dopo aver domandato della casa di Simone, si fermarono all'ingresso. Chiamarono e chiesero se Simone, detto anche Pietro, alloggiava colà. Pietro stava ancora ripensando alla visione, quando lo Spirito gli disse: «Ecco, tre uomini ti cercano; alzati, scendi e va' con loro senza esitazione, perché io li ho mandati». Pietro scese incontro agli uomini e disse: «Eccomi, sono io quello che cercate. Qual è il motivo per cui siete venuti?». Risposero: «Il centurione Cornelio, uomo giusto e timorato di Dio, stimato da tutto il popolo dei Giudei, è stato avvertito da un angelo santo di invitarti nella sua casa, per ascoltare ciò che hai da dirgli». Pietro allora li fece entrare e li ospitò.
Il giorno seguente si mise in viaggio con loro e alcuni fratelli di Giaffa lo accompagnarono. Il giorno dopo arrivò a Cesarèa. Cornelio stava ad aspettarli ed aveva invitato i congiunti e gli amici intimi. Mentre Pietro stava per entrare, Cornelio andandogli incontro si gettò ai suoi piedi per adorarlo. Ma Pietro lo rialzò, dicendo: «Alzati: anch'io sono un uomo!». Poi, continuando a conversare con lui, entrò e trovate riunite molte persone disse loro: «Voi sapete che non è lecito per un Giudeo unirsi o incontrarsi con persone di altra razza; ma Dio mi ha mostrato che non si deve dire profano o immondo nessun uomo. «Dunque anche ai pagani Dio ha concesso che si convertano perché abbiano la vita!».
 
Atti degli Apostoli,Bibbia, Nuovo testamento. Di Luca, quello del Vangelo. Scritti nella seconda metà del I° secolo. Se vuoi leggerla, la storia di Cornelio è ancora molto lunga. Perché importantissima.
Mangeresti carne di cane con un cinese? O cavallette zuccherate con un tuareg? Mangiare cibi che la Bibbia dichiarava immondi, con un immondo pagano, per Pietro era ancora più difficile. Perché l’esclusione dell’altro sembrava il volere di Dio. Ci pensa Dio a fargli capire chi sono i “diversi”…   
 
 
2 – Per riflettere
 
·         Chi sono le persone che io considero più diverse da me? Come le può vedere Dio?
 
 
 
3 - È successo anche a….
 
Frate Christian de Chergè
priore del monastero trappista di Notre Dame de l'Atlas a Tibhirine, in Algeria, rapito con tutti i suoi monaci la notte tra il 26 e il 27 marzo 1996 da terroristi armati e sgozzato il 21maggio. In previsione di una simile morte aveva scritto un testamento.
 
Testimonianza di un perdono: testamento di un monaco 
Se mi capitasse un giorno (e potrebbe essere oggi) di essere vittima del terrorismo che sembra voler coinvolgere ora tutti gli stranieri che vivono in Algeria, vorrei che la mia comunità, la mia chiesa, la mia famiglia si ricordassero che la mia vita era donata a Dio e a questo paese.
(…) Venuto il momento, vorrei avere quell'attimo di lucidità che mi permettesse di sollecitare il perdono di Dio e quello dei miei fratelli in umanità, e nel tempo stesso di perdonare con tutto il cuore chi mi avesse colpito. Non potrei auspicare una tale morte. Mi sembra importante dichiararlo. Non vedo, infatti, come potrei rallegrarmi del fatto che questo popolo che amo sia indistintamente accusato del mio assassinio. Sarebbe un prezzo troppo caro, per quella che, forse, chiameranno la 'grazia del martirio', il doverla a un algerino, chiunque egli sia, soprattutto se dice di agire in fedeltà a ciò che crede essere l'Islam. So il disprezzo con il quale si è arrivati a circondare gli algerini globalmente presi. So anche le caricature dell'Islam che un certo islamismo incoraggia. È troppo facile mettersi a posto la coscienza identificando questa via religiosa con gli integralismi dei suoi estremisti. L'Algeria e l'Islam, per me, sono un'altra cosa: sono un corpo e un'anima (...) Evidentemente, la mia morte sembrerà dare ragione a quelli che mi hanno rapidamente trattato da ingenuo o da idealista: 'Dica adesso quel che ne pensa!'. Ma costoro devono sapere che sarà finalmente liberata la mia più lancinante curiosità. Ecco che potrò, se piace a Dio, immergere il mio sguardo in quello del Padre, per contemplare con lui i suoi figli dell'Islam come lui li vede, totalmente illuminati dalla gloria di Cristo, frutti della sua passione, investiti del dono dello Spirito, la cui gioia segreta sarà sempre lo stabilire la comunione e il ristabilire la somiglianza, giocando con le differenze. Di questa vita perduta, totalmente mia, e totalmente loro, io rendo grazie a Dio che sembra averla voluta tutta intera per quella gioia, attraverso e nonostante tutto. In questo grazie in cui tutto è detto, ormai, della mia vita, includo certamente voi, amici di ieri e di oggi, e voi, amici di qui, accanto a mia madre e a mio padre, alle mie sorelle e ai miei fratelli (…) E anche te, amico dell'ultimo minuto, che non avrai saputo quel che facevi. Sì, anche per te voglio questo grazie e questo ad-Dio profilatosi con te. E che ci sia dato di ritrovarci, ladroni beati, in paradiso, se piace a Dio Padre nostro, di tutti e due. Amen!
Servizio Nazionale Pastorale Giovanile
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