Lo spreco di giovani vite senza prospettive, poco più che bambini divenuti aggressivi per necessità e vulnerabili per il vuoto d'amore nel quale sono cresciuti. Loach coglie con un'attenzione inedita la vitalità di questi adolescenti e la determinazione con cui cercano disperatamente un contatto con la figura materna...
del 28 novembre 2005
Regia: Kenneth Loach
Interpreti: Martin Compston, Annamarie Fulton, Gary McCormarck
Origine: Gran Bretagna/Germania/Spagna/Francia/Italia 2002
Durata: 106’
 
Liam sta per compiere sedici anni e abita in una cittadina della Scozia. Sua madre Jean è in prigione e il patrigno è uno spacciatore di droga. Il nonno materno di Liam collabora “volentieri” con i traffici del genero. Il ragazzo è a suo modo un puro, anche se si arrangia sbrigando lavoretti più o meno leciti. Ma il suo sogno è di assicurare alla madre un futuro dignitoso: vorrebbe comprarle una casa con vista sul lago che ha individuato da tempo. Solo che non sa come fare.. se non trafficando la droga anche lui: comincia infatti a spacciare per un boss locale che gli regala quella casa nella quale Liam sistema la mamma non appena esce di prigione. Si organizza una festa: il figlio crede di aver finalmente raggiunto il suo sogno. Ma Jean è completamente è completamente succube del suo uomo, tanto che un mattino esce di casa e torna fra le braccia di chi l’ha sempre sfruttata. Folle di rabbia Liam li raggiunge, accoltella il patrigno e fugge.
 
Hanno detto del filmLo spreco di giovani vite senza prospettive, poco più che bambini divenuti aggressivi per necessità e vulnerabili per il vuoto d’amore nel quale sono cresciuti. Loach coglie con un’attenzione inedita la vitalità di questi adolescenti e la determinazione con cui cercano disperatamente un contatto con la figura materna, a prescindere da quanto essa lo meriti oggettivamente. E infatti, più che nella descrizione del contesto sociale, già ampiamente frequentata dal regista, “Sweet sixteen” lascia il segno scavando impietosamente nelle ferite lasciate aperte da quelle dinamiche familiari e d’amicizia (…), dove le richieste d’amore rimangono sempre inascoltate.
(Barbara Corsi, Vivilcinema n°1, genn./febb. 2003)
 
Sweet 16 vola altissimo, perché la sceneggiatura pregna di senso etico del solito Paul Laverty va a braccetto con facce che parlano da sole, con situazioni di degrado sociale che, in quanto autentiche e misconosciute, hanno bisogno di trovare una voce attraverso il cinema. Non è facile avere sedici anni, una madre in carcere, amici balordi e come unico modello comportamentale quello violento degli adulti. Accade in Scozia, accade ovunque. Loach non è così ingenuo da credere che l’arte cambi il mondo. Ma in fondo ancora ci spera. E noi con lui.
(Mauro Gervasini, FilmTV, 25/02/2003)
CGS
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