Tre giorni di silenzio e di rumore, a Caorle, Duna Verde. Settanta giovani, universitari e lavoratori, hanno cercato di ritrovare il centro del quotidiano. Cos’è che tiene unita la vita?
Il mare d’inverno molti dicono sia più bello di quello caldo d’estate. Il vento racconta altre storie, e i segreti che vi gettiamo nelle sere d’agosto riaffiorano in superficie. Richiamano paure e speranze. Sono le stesse di allora? La tua vita dov’è? Qui o altrove? I tuoi affetti, il tuo lavoro, lo studio e la preghiera stanno insieme? Si disperdono, invece, come le conchiglie seminate qua e là per la battigia? Cosa muove i tuoi passi, a cosa aderisci nelle tue scelte? Chi segui nei tuoi passi? Dov’è diviso il tuo cuore? Le onde fanno riaffiorare le domande che rischiano di perdersi nella frenesia del quotidiano. Nel silenzio rumoroso della spiaggia deserta, quel suono costante esaspera o attutisce i pensieri del cuore, ma non tace mai. Rasserena o turba, risponde o chiede, ti fa parlare o ti tace, così che tu possa ascoltare altro, o un Altro. Allora, quale posto migliore se non la riva del mare? In questi tre giorni di silenzio e di rumore, siamo stati a Caorle, Duna Verde. Settanta giovani, provenienti da case di tutto il nord-est, hanno cercato di ritrovare il centro del quotidiano. Cos’è che tiene unita la vita? E come tenere unita tutta la vita? Un passo dietro l’altro, orme sprofondano nella sabbia: passi e cuori che si muovono insieme.
«Il Signore che mi ha liberato dalle unghie del leone e dalle unghie dell'orso, mi libererà anche dalle mani di questo Filisteo». Davide affronta Goli con una fionda e un sasso, e con Dio. E noi, quali sono le nostre sfide, come le affrontiamo? Quali sono le nostre armi? Serve fare il punto di dove si è per capire come si sta vivendo la propria vita. E per provare a ricentrarla. Ci è venuta in aiuto la parola di Dio attraverso l’Arte. Grazie al professor Roberto Filippetti, abbiamo visto e ammirato la bellezza degli affreschi della Cappella degli Scrovegni, osservando con stupore che la bellezza si annida in ogni dettaglio, che il “Vangelo secondo Giotto” racconta con immagini vive la concretezza disarmante della Scrittura. E a ciascuno, stando davanti a quegli affreschi, un dettaglio ha provocato più di un altro, un’immagine ha parlato alla sua vita.
Come Davide, che sta davanti al Signore, e il Signore, che guarda il cuore e con il cuore, ha per lui un desiderio grande. Il desiderio: centro della giovinezza, motore di questo tempo in cui siamo immersi, universitari e lavoratori, spinti a scelte coraggiose. Ma il desiderio educa anche alla consapevolezza del mondo, del tempo e della fatica che serve per stare dentro alla realtà che ciascuno vive, a tratti così lontana dal desiderio che abita il nostro cuore. Bisogna affidarsi, ancora una volta, allo sguardo di Dio, che c’entra con i nostri desideri e che centra la nostra vita, anche quando ci sembra che tutto sia troppo più grande di noi. Abbiamo scoperto, allora, l’esistenza di una virtù, la stessa che ha avuto Davide: la fortezza, che, davanti alle difficoltà, permette di cercare il bene con fermezza e costanza. Tu sei forte? Come le donne ritratte da Shamsia Hassani, che stanno, piene di desiderio e generatrici di speranza, davanti agli ostacoli. Riconoscendo che i vizi della superbia, dell’ira e dell’accidia permeano le nostre vite, cerchiamo di fare nostra questa virtù. Un sasso per la nostra fionda. Un modo per stare, come Davide, nelle sfide della vita; un passo dopo l’altro, dal mare alle nostre città. Cosa ti ha parlato? Quali domande sono da seminare? Dove devi camminare?
Le onde continuano a scivolare sulla sabbia compatta mentre il tramonto accarezza la luna. Il cuore pieno e assetato si rivolge verso casa. Che tutto ciò che ci è stato donato non vada perduto ma porti frutto. Il cuore lo custodisca.
A cura di: Anita Marton
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