Nel nostro immaginario abbiamo tutti un gregge di pecore, con qualche cane al seguito, un pastore piuttosto trascurato: vita dura la sua... Si vede subito se è il padrone o se è stato pagato. Ma abbiamo in mente anche un'altra immagine... Un pastore con una pecora sulle spalle... Raffigura un dramma d'amore...
del 06 dicembre 2005
 
 
Abbiamo tutti nell’immaginario un gruppo di pecore con qualche cane a seguito. un pastore piuttosto trascurato. Vita dura è la sua, si sposta con loro, le tiene assieme, le blocca, le aiuta ad attraversare la strada, le porta a pascolare ovunque. Si vede subito se è il padrone o se è stato solo pagato per contenere i danni. Ma forse abbiamo anche nella memoria una immagine un p0’ strana a dire il vero, ma dolcissima.
Un pastore robusto, vestito di pelli di pecora. con calzari alti, tunica stile romano, bisaccia a tracolla, con una pecora o un agnello mansueto sulle spalle a far da corona al collo. La pecora è tranquilla, il pastore è fiero. È una immagine antichissima che risale ai primi secoli del cristianesimo. Con questa immagine viene fissata nella vita, nell’ immaginario collettivo un dramma d’amore.
Una pecora smaliziata che si stanca di star sempre in coda, che perde il richiamo delle altre, che si avventura da sola negli anfratti del pascolo e si smarrisce.
Ha provato il gusto di una libertà ingannatrice? È stata sfortunata; le hanno fatto un tranello? Ci sono tanti modi di perdersi nella vita. Le cronache ti fanno vedere come accade l’impossibile. Era qui due secondi fa, mi sono girato, non c’è più. La vita umana è popolata di fughe, di smarrimenti. La nostra stessa vita si accorge troppo tardi di aver perso la saggezza, il senso, la strada giusta. E spesso non interessa a nessuno dove sei finito, anzi qualcuno te lo rinfaccia solo, con un gusto sadico. Hai visto? L’hai voluto, te l’ho detto, ora arrangiati e non farti più vedere. Lui invece, il nostro pastore (chi è se non Gesù?!) a sera fa la conta e gliene manca una. Si accorge dite, di me, di ogni sconosciuto e riparte a cercare.
È bello sentirsi cercati, è bello quando ti appare un sms che ti dice: dove sei? smettila di scappare! quando ti troverò, non avrò altro da fare che abbracciarti, coccolarti. ridarti casa. Le novantanove che stanno qui, stanno bene si sono dimenticati dite, ma non io. Ti vengo a prendere.
E dall’altra parte può esserci ancora una fuga. quasi il dispetto di essere stati trovati, la superbia di non ammettere solitudine e errore. E lui sempre a cercare fino a coinvolgerti nella festa; non è più un dramma, è una gioia. Questa è un’altra grande speranza che abita la nostra vita.
Ma dove la trovo?
mons. Domenico Sigalini
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