“To the wonder” racconta la lenta risacca e la debolezza dell'essere umano di fronte all'inarrestabile energia dell'amore. Un uomo e una donna si incontrano, si amano, si lasciano, si rimpiangono. Su di loro vigila la figura di un prete come se non vedevano da tempo al cinema.
“Questo amore che ci ama”, dice lei, fa una pausa e poi sospira “Grazie”. Si chiude così “To the wonder”, “Aprirsi alla meraviglia”, il nuovo film di Terrence Malick, il regista texano che ha girato capolavori come “La sottile linea rossa”, “The New World - Il nuovo mondo” e, più recentemente, il fantastico “The Tree of Life”, trionfatore a Cannes.
“To the wonder” uscirà nelle sale il prossimo 4 luglio e racconta la lenta risacca e la debolezza dell’essere umano di fronte all’inarrestabile energia dell’amore. Un uomo (Ben Affleck) e una donna (Olga Kurylenko) si incontrano, si amano, si lasciano, si rimpiangono. Su di loro vigila la figura di un prete (uno straordinario Xavier Bardem) come se non vedevano da tempo al cinema. Poco prima della fine, dopo aver raccontato con un sussurro i suoi dubbi di uomo di fronte alla grandezza di Dio, il prete intona una sorta di litania liturgica: “Cristo davanti a me”, “Cristo sopra di me”, “Cristo dentro al mio cuore”. Sono rarissimi i film in cui il tema dell’Amore fra l’uomo e la donna venga analizzato in chiave religiosa.
Un giovane sacerdote romano, Padre Maurizio Botta, dell’Oratorio di San Filippo, si diverte a provocare i ragazzi durante i suoi incontri catechistici. “L’ammmmore”, dice gonfiando a dismisura il numero delle “emme”. “Cos’è di fronte al vero Amore di Dio”, si domanda poi, tornando subito serio. “Non importa se la nostra vocazione sia per il sacerdozio o per il matrimonio. La cosa importante è capire quale sia e seguirla con convinzione e fino in fondo”, non si stanca di ripetere. Dovrebbe andare anche lui a vedere questo nuovo film di Malick. Il pubblico dei cinefili che lo ha già applaudito a Venezia, lo scorso anno, ne è entusiasta. “Storia d'amore e di fede che rinuncia ai tradizionali dialoghi e alla solita rappresentazione drammatica per privilegiare una prosa lirica, fatta di monologhi, di pensieri, di uno stream of consciousness plurilingue, di immagini in perenne movimento (come in perenne movimento sono le acque che circondano Mont Saint-Michel, le cui immagini aprono e chiudono il film), onde di immagini avvolgenti lo spettatore in un ampio flusso visivo e sonoro, ritmate dalla stessa vicenda narrata che si avvolge su se stessa per quasi due ore, in un continuum stilistico che ammalia.
Sullo schermo si svolgono le vicende, quanto mai universali, dell'uomo che ama e dell'uomo che crede: tensione all'assoluto e continua ricaduta nell'infima dimensione umana”, ha scritto il blogger Peer Gynt con una sintesi che non potrebbe essere più efficace. “To The Wonder regala momenti di dolcezza strepitosi, ed altre piccole parentesi che ti fanno pensare. Il cinema del maestro americano non lascia mai indifferenti. La verità è che con Malick bisogna staccare sempre il cervello, e lasciarsi cullare dai propri sentimenti”, si è entusiasmato un altro blogger, Tigrovskij. “Stavate chiedendo un capolavoro? Ecco qua. To the Wonder, scritto e diretto da Terrence Malick è finora il miglior film. All'inizio, ho pensato che sembrava troppo come il film precedente di Malick, The Tree of Life, poi ho capito che è molto diverso nel significato, ed è meno pretenzioso”, ha scritto un altro. Secondo la brava Marzia Gandolfi, giornalista del sito MyMovies, “Il cinema di Terrence Malick fa da sempre quel che fa la natura: colmarci di meraviglia. To the Wonder, come The Tree of Life prima di lui, parla alla nostra facoltà di gioia e di stupefazione, al senso del mistero che circonda il nostro essere e la nostra vita, al senso della bellezza e a quello del dolore. Appartato e radicale, Malick filma l'amore dell'uomo e lo fa risuonare sulla limpida voce della natura, senza valutazioni etiche dei comportamenti, delle situazioni, dei personaggi. To the Wonder rappresenta un conflitto, lo scontro-incontro fra uomo e donna, madre e figlia, uomo e Dio, con immagini attraversate incessantemente dalle voci fuori campo dei protagonisti, veri e propri flussi di coscienza. To the Wonder è una rappresentazione organica della realtà del sentimento, colta nella sua esaltazione e nella sua degenerazione, nella magnificazione e nell'avvelenamento da concentrazioni di cadmio e 'ruggine'. Terra e cuore usciti all'amore e poi morti in esperimenti sbagliati. Muovendosi tra mistero esterno e indagine interiore, To the Wonder ha una bellezza indecifrabile e spietata che invita lo spettatore ad abitare i luoghi del creato, a infilare un'altra percezione, superare le coordinate narrative e riconoscere ‘cos'è quest'amore che ci ama’”.
E’ proprio così, un film da guardare in silenzio con uno stupore dell’anima e del cuore che i fracassi di molti Blockbuster provenienti da Hollywood non riescono più a suscitare. Si esce dalla proiezione convinti una volta di più che l’Amore, quello vero, è l’unica salvezza possibile. E non è poco. Soprattutto se si confronta la profondità della poesia religiosa di Malick con i millantati riferimenti “cristologici” del nuovo Superman dello schermo, “L’uomo di acciaio”, con i quali il marketing di Hollywood ha costruito una parte della comunicazione, arrivando ad invitare preti e catechisti a vederlo. Ma non scherziamo! L’amore non spacca e non distrugge come succede nel film su Superman. L’Amore sussurra, va e viene come una marea dolce ma inarrestabile. L’Amore stupisce. Sempre. Come ha raccontato Malick in “To The Wonder”.
Andrea Piersanti
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